Bergfried
Romantik I
Un ep che supera di poco il quarto d’ora ma che in quattro pezzi è esaustivo, facendo comprendere quattro facce diverse della loro espressività. Infatti esse sottolineano ognuna una differente anima, senza uscire dal seminato, ma affermando una variegata impostazione.
E’ suggestione folk, è epicità, è metal, ma è anche un qualche cosa di più, perché tutto viene assemblato con eclettica ispirazione creando alcuni passaggi che vanno oltre il senso medievale che vogliono ricostruire (dicono di suonare “Romantic medieval Metal”). In effetti questi spagnoli non propongono un suono medievale, ma lo reinterpretano modificandone fortemente l’essenza. E’ un debutto che già brilla abbastanza, con una forte personalità sebbene non tutto sia originale.
La prima traccia ‘HUNGRY HEARTS’ presenta un senso rockeggiante che ha poco del folkloristico cercando più una forma New Wave anni ottanta che ci porta verso lidi lontani dal metal epico, anche se accostamenti folk ci sono nella parte strumentale del tutto diversa da quella cantata, senza contare il blasting che si scatena sotto suoni allegri; è un mescolamento di carte che funziona con grande appeal. Il Folk-metal è del tutto chiaro ed intellegibile in ‘THE BATTLE’, anche se in parte il cantato femminile ricorda gli italiani Mastercastle di Pier Gonella e Giorgia Gueglio, per una canzone funzionale che il ritmo sostiene tonicamente . Le ultime due song hanno un buon feeling ma presentano anche criticità che riguardano un ché di già sentito che emerge a volte in sordina, a volte più nettamente. ‘WAR-TORN LOVERS’ è il lato più stintamente epico, dove insieme alla dinamicità ariosa si lega una introspezione atmosferica, che il cantato nella parte centrale enfatizza. Per cambiare acusticamente incontriamo con ‘Oh Lord’ una chitarra che invece di essere folk medievale ci porta verso un accentato country di tipo americano, con una sensazione che ricorda Simon and Garfunkel e qualcos’altro difficile da individuare.
Erech Leleth ha eliminato il suo cognome per usare un titolo nobiliare, ma bando all’umiltà, in effetti ci sa fare con le idee. Senza strafare col suo polistrumentismo, realizza in modo intelligente tutte la parti che assembla. Nelle parti più epiche possiamo intravedere i Manowar, anche se riletti in chiave meno spinta. La formazione a due non sembra essere un difetto. Non c’è cattiveria o violenza in questa musica piuttosto giocosa. Se il romanticismo cavalleresco anima tale progetto, dal lato compositivo il genere è potenzialmente aperto a tutto ciò che possa venire in mente non essendo monolitico. Solo bisogna che si faccia più attenzione a non usare troppo soluzioni già edite e provenienti dal passato. Lo hanno fatto, ma in contrapposizione hanno utilizzato anche stratagemmi sonori molto particolari e inusuali che bilanciano a favore del gruppo il risultato. Sia le chitarre che le tastiere vengono inserite in punti strategici che vitalizzano la struttura, e ne esce una globale frizzantezza che sa di buono; è una impostazione allegra. La cantante è in grado di attraversare le varie canzoni caratterizzandole, voce bella e intrigante, ha però alcune indecisioni che non sono così innocue. La coppia imprime tono e sostanza, che consegna al panorama metal-rock nuova buona musica. Se il titolo ha il numero latino “I”, significa che uscirà il “II”, e se sarà un altro ep, mettendoli insieme potremmo già avere un giudizio completo, come se avessimo ascoltato un full-lenght.
Roberto Sky Latini