Babymetal
The Other One
Quarto album per la band giapponese che ora fa parte del patrimonio culturale internazionale, e non più limitato localisticamente. Iconica la musica ed iconiche la perfomance dal vivo, e si naviga ormai con l’accettazione di un folto pubblico che li apprezza. Questo nuovo lavoro non stravolge un sound che aveva già a suo tempo rielaborato i connotati metal riscrivendone i lineamenti.
Ma in tale evoluzione personale il gruppo pare essersi normalizzato, non possiede più esternazioni curiose, né cerca di ampliare la propria espressività; insomma, in qualche modo ha perso ogni traccia di sperimentazione. Un male? No, perchè il disco c’è e funziona. Anzi, esso è migliore del precedente ‘Metal Galaxy’ del 2019, il quale era onestamente davvero banale, da considerare un incrocio poco soddisfacente di troppo pop melenso e poco rock dove il metallo che era rimasto si trovava ridotto ad una caricatura poco seria. Dieci tracce su sedici non avevano niente della cultura metallica, e di quelle sei, solo due avevano una dignità compositiva reale.‘METAL KINGDOM’ è una elegante song metal di stampo sinfonico-gotico tradizionale, un po’ cinematica, e creata in maniera suadente, con una certa ricercatezza melodica. Anche ‘DIVINE ATTACK’ si propone intelligentemente all’ascolto con una bella verve melodica, sostenuta da un ritmo lineare tonico. Spingere sul pedale catchy non sempre fa male e in questo album i pezzi di facile fruizione sono migliori che in ‘Metal Galaxy’. L’unico pezzo che conserva un po’ dell’imprevedibilità per cui erano diventati famosi è ‘METALIZM’, che con la sua aria orientale immette atmosfere cupe con suoni elettronici, intercalandovi un cantato molto straniante e un assolo davvero interessante.
Con ‘Time Wave’ si è sfornato un brano orecchiabile di un certo pregio, di facile fruizione ma senza caduta di stile e la stessa cosa può dirsi con la leggiadra ‘Believing’ che ricorda a tratti le T.A.T.U. russe. La ricerca del commerciale a tutti i costi però non è assente e si presenta sul finale. Quella da disapprovare del tutto è la poco memorabile Monochrome per la sua canonicità scontata. Invece ‘Light and Darkness’ è realizzata meglio, soprattutto per una certa ricercatezza strutturale, riuscendo a tirarsi fuori dalla pura mediocrità. Di poco spessore il filler ‘The Legend’ che cerca una atmosfera più evanescente ed evocativa senza riuscirci, pur possedendo un piacevole inserto solista del sax, che però non viene sfruttato adeguatamente.Il tasso eccessivo di banale commercializzazione qui non è presente, riducendosi anche le infantilità del Pop all’orientale, anzi possiamo sottolineare che questo album è meno commerciale di quello di quattro anni fa. Il combo però si è accontentato di scrivere belle canzoni senza puntare all’innovazione. Attualmente la spinta avanguardista quindi è cessata, ma non è detto che non si riaprirà in futuro. Ad ogni modo è mescolata in modo maturo tutta una serie di ispirazioni che rendono il tessuto compositivo ricco e sfaccettato, ma dentro un alveo che non stupisce; è più che altro una conferma dell’abilità a vivere all’interno dei suoni sin qui esperienzati, sebbene semplificando rispetto al passato.
Rimangono forti i muri sonori con chitarre ribassate, sezioni violente, input Industrial, ed inserti prog ipertecnici, che dinamizzano ogni traccia. Ma ricordiamo che si tratta di trovate inventate da altri musicisti mondiali nel Djent, nel Death, nel Black, e in tanto Alternative-Metal, con ben altro spessore. Come già detto in altre recensioni, l’anima rock in questa realtà nipponica si è persa; ciò che è stato assorbito sono schizzi estetici che il gruppo è abile a plasmare per i propri scopi, ma del vecchio metal, anche estremo, non è conservato il significato culturale. Se nei primi due lavori si trovava uno spirito comunque estremo, nel terzo si è ceduto a provare quanto un accento di senso commerciale meno estremo potesse premiare. Con questo nuovo album invece si è ritornati sui propri passi verso una forma che suonasse meno falsa, ma il lato estremo di prima non è stato ripristinato. Poco coraggio? Nella musica è necessario per forza inventare sempre nuove strade, spesso è sufficiente, per essere di qualità, percorrere bene la stessa strada. Il risultato non è di altissimo livello, ma si è riusciti comunque a costruire un buon prodotto, con piccole punte di imprevedibilità ridotte all’osso che non fanno il mood generale dell’opera. Insomma, le vecchie schegge stravaganti non esistono più.
Roberto Sky Latini
Cooking Vinyl
www.babymetal.com
Metal Kingdom
Divine Attack – Shingeki
Mirro Mirror
Maya
Time Wave
Believing
Metalizm
Monochrome
Light and Darkness
The Legend
Su-Metal (Suzuka Nakamoto) – vocals
Moametal (Moa Kikuchi) – chorus