B.O.C.

Blue Oyster Cult

Nel Gennaio del 1972 esordisce una band che sarà l’evoluzione dell’Hard Rock dall’altra parte dell’Oceano rispetto alla Gran Bretagna che aveva creato già creato il genere con i tre mostri sacri di Led, Black e Deep (e che in questo stesso anno si erano evoluti ed avevano già dato tantissimo).

Si tratta del “Culto dell’Ostrica Blu”, questa la traduzione del moniker, nome che fu pensato da una citazione di uno scritto del poeta Sandy Pearlman (anche produttore del lavoro) che voleva significare un popolo di extraterrestri.

Un disco molto dignitoso con alcune ottime cose, ma che verrà battuto l’anno dopo da un disco possente e più elaborato che è ‘Tyranny and Mutation’, esso sì, vero capolavoro. Ma qui, nel 1972, abbiamo già tutte le carte in tavola, molto a stato embrionale, alcune già sviluppate, comunque piene di cose interessanti.

Partendo dal primo lato del vinile, troviamo la splendida ‘TRASMANIACON MC’ che usa la distorsione, ma la cui fluidità e scorrevolezza ne fanno un hard rock elegante, molto facile all’ascolto, lontano dalle increspature di ‘In Rock’ dei Deep Purple, o dalla pesantezza dei Black Sabbath. Si sente un suono Prog, ma diverso da quello dei Led, è proprio una sonorità fortemente americana, quella che esce da questa canzone. La chitarra solista è molto presente durante tutto lo scorrere della song, segno distintivo della band, essa non fa presenza solo con l’assolo. ‘I’m on the lamb but I ain’t no Sheep’ ha vari addentellati con gli anni sessanta per il cantato ma soprattutto coi cori, anche la chitarra ha quella natura ma cesella un finissimo gioco di note; è un brano che anticipa in embrione la stupenda song ‘The Red and the Black’ del 1973, che sarà la trasformazione e il perfezionamento di questo pezzo un po’ debole, in quello più tonico e sicuro di sé (i compositori sono gli stessi: Buchman; Bloom; Pearlman), insomma una versione più veloce e dura. Un blues dolce anch’esso legato al decennio precedente è la song ‘THEN CAME THE LAST DAYS OF MAY’ dove è l’assolo a dare la connotazione più tonica. Il riff rockeggiante piuttosto scontato, anche per l’epoca, non indebolisce una canzone bella come ‘STAIRWAY TO THE STARS’ che sembra perfetta per i concerti, anche grazie ad un ponte ritmico centrale al cui interno è imbastito l’assolo. ‘Before the Kiss, a Redcap’ col suo incedere ossessivo, appare all’inizio come brano minore però le chitarre come al solito padroneggiano il feeling, esso poi vira verso uno swing con un basso in primo piano per un cantato divertente e sbarazzino, e il tutto diviene più interessante, così come il finale.

Il secondo lato inizia lascivo e parzialmente psych in senso beatlesiano con ‘Screams’ armeggiando anche con tastiere e cori, ritornando ad una espressività sessantiana; l’essenza tende a scurirsi anche se non si può parlare di vera e propria oscurità. Più introspettiva e misteriosa ‘She’s as Beautiful as a Foot’ con una sonorità fluidamente sinuosa e riverberi algidi che toccano un senso progressive esplicito. Famoso è diventato il ladrocinio del riff di ‘The Wizard’ dei Black Sabbath (1970) usato nella canzone ‘CITIES on FLAMES, come ammesso dagli stessi B.O.C., anche se alla fine la cupezza di tale distorsione viene stemperata dal ritornello rock’n’roll allegro. Anche nella leggerezza della chitarra di ‘Whorkshop of Telescopes’ si percepisce un afflato psichedelico, per quanto limitato. Il finale dell’album è affidato a ‘Redeemed’ che di tutte le song è quella davvero poco significativa, un po’ alla Who del periodo ‘Tommy’ o alla Rolling Stones dei primi settanta, senza avere la loro stessa pregnanza.

I testi dei Blue Oyster Cult sono intrisi di simbolismo occulto, approcci metafisici e temi fantascientifici, non sempre in una visione chiara né forse perfettamente centrata, però diverranno temi di culto all’interno del panorama del rock duro, e li contraddistinguerà negli anni settanta e non solo. La cosa strana è che alcune ambientazioni sonore piuttosto commerciali poco si sposavano con le tematiche trattate decisamente misteriose e arcane, eppure forse proprio questa contrapposizione contraddittoria è ciò che ha fatto funzionare la cosa. Oggi possiamo dire che molti gruppi si ispirano alla loro modalità di scrittura delle liriche. Ad essa in futuro, dal secondo album, contribuirà anche Patti Smith legata a quel tempo sentimentalmente con il tastierista Allen Lanier.

Il gruppo usa più di un cantante dando così anche variabilità agli stili canori e perciò arricchendo il carattere globale dell’opera. Il chitarrismo solista proviene dalla tradizione delle lunghe jam ma ha un senso moderno molto meno improvvisato. Si tratta di un disco con già ottime idee, anche se si percepiscono alcune ingenuità, ma anche una certa dose di eclettismo e variabilità delle ispirazioni che li rende pluralistici nelle forme espressive. Non un disco maturo quindi eppure già pienamente nuovo come stile e personalità, con tante squisite architetture artisticamente ispirate. I Blue Oyster Cult hanno tracciato un sentiero molto a sé stante, e in questo sono stati poco seguiti, anche forse perché alcuni album suonano poco incisivi, troppo annacquati, ma la loro impronta è stato un risvolto interessante, chiaramente ponendoli tra i gruppi innovatori. La carriera del combo è ammantata di spinta eleganza facendolo percepire quasi un gruppo di aristocratici, però la vena rock è sempre stata presente e nettamente visibile, mai dimenticata. Oggi festeggiamo il cinquantennale di una band che solo due anni fa ha sfornato un nuovo esaltante disco.

Roberto Sky Latini

Columbia Records
www.blueoystercult.com

Lato A
Transmaniacon MC
I’m on the lamb but I ain’t no Sheep
Then Came the Last Days of May
Stairway to the Stars
Before the Kiss, a Redcap

Lato B
Screams
She’s a beautiful as a Foot
Cities on Flame with Rock’n’Roll
Workshop of the Telescopes
Redeemed

Eric Bloom – vocals / guitar / keyboards
Donald “Buck Dharma” Roeser – vocals /guitar
Allen Lanier – vocals / keyboards
Joe Bouchard – vocals / bass
Albert Bouchard – vocals / drums
Gawlik – grafica della copertina