Arctic Plateau
Song of Shame
“Non si può discendere due volte nel medesimo fiume e non si può toccare due volte una sostanza mortale nel medesimo stato, ma a causa dell’impetuosità e della velocità del mutamento essa si disperde e si raccoglie, viene e va”.
Eraclito (Tutto scorre).
Come citava il filosofo Eraclito che si pongono dei cambiamenti in noi anche nell’album della one man Band Arctic Plateau, questa perla di emozioni soffuse porta ad un cambiamento che parte con la title Song of Shame Brano apripista dell’album, le sue atmosfere ricordano i The Church di Star Fish ma con un’interpretazione vocale da parte del mastermind Gianluca Di Virgilio Molto calda ed evocativa quella voce che si può accostare all’ugola di Chris Rea sembra quasi un adattamento a queste sonorità più moderne. Tutto ci trasporta con i suoi accordi come in un viaggio emozionale come l’intero lavoro che ci porta in luoghi alberati come una camminata al fianco di un ruscello dove si posano farfalle. Ed è proprio questi cambi di tempo con sonorità agganciate allo shoegaze che tengono l’ascoltatore con le cuffie incollate oppure in auto viene d’istinto mentre ascolti questo brano guardare il cielo che sia trasparente oppure più cupo all’imbrunire della sera.
La seconda Saturn Girl fa trapelare fra le parole della profondità dei sentimenti in questo rapporto in cui bisogna cogliere i frutti sia buoni e cattivi e non perdere tempo come ad una dichiarazione ad una sua musa, cambi di stile nel brano dall’acustico ad un andante con una batteria suonata in maniera doverosa anch’essa decisa come il resto dei session man ma non invadente come una persona che si vuole accompagnare per mano camminando e non strattonandoci per la fretta ma bensì passeggiando come a contemplare la bellezza del creato e infatti il brano finisce sfumando come la fine di un viaggio. Ben diversa è il terzo brano No Need to understand you che parte in maniera ritmata con un uso atipico della batteria per il genere che prosegue con questi accordi Wave/Dark più gotici simili agli Entwine di Gone con la chitarra che arpeggia come le atmosfere di Disintegration dei Cure ma in maniera sempre odierna ed anch’essa finisce come d’improvviso per poi lasciare dei suoni che accompagnano l’ascoltatore senza mai abbandonarlo come un viaggiatore che ti accompagna ma non vuole mai lasciarti la mano per abbandonarti.
La quarta Dark rising sun che inizia con questo basso che fa da padrone dell’intro ma mai invadente anch’esso sembra che ciò debba incupirsi invece il brano di colpo dall’intro assume tratti solari come noi che guardiamo l’accecante e possente sole che ci riscalda con il suo tiepido tepore come in una mattina di primavera il testo parla di una persona che è meglio che non apra bocca un certo mr x al quale si fa cenno di tacere e di non rubare i sogni altrui e che prima o poi cadrà da solo per la serie “chi è causa del suo male pianga se stesso”. La quinta we’re never falling down sempre darkeggiante con quell’incedere il recitare nel suo modo di cantare che c’invita a rialzarci anche se feriti e colpiti dalle avversità non dobbiamo arrenderci come la scossa che ci invita a reagire nell’attacco con la chitarra ad un 1:43 minuti che procede accompagnata da un bending. La sesta The Bat Cavalca il pipistrello e fatti accompagnare nelle antiche rovine uno dei migliori brani dell’album con quella sua cupezza accompagnata sempre da questa voce che si fa più grintosa veramente la classe non manca ascoltate i suoni dei strumenti ma in particolar modo della chitarra da 2:17 minuti in su il metal è anche arte…..a settima.
L’arsenale una strumentale con armonica di 1:11 un piacevole interludio atipico per il genere che fa da apripista all’ottava traccia Venezia Un tributo alla bellezza di questa città la sua storia ed alle sue maschere nel carnevale rimembrando quello di metà secolo le somiglianze con Alceste la band di Neige Si fanno maggiori qui trasale un sentimento ed emozioni maggiori in questo brano ciò che faccio maggiori complimenti e proprio la pulizia del suono e la dovizia a non essere esagerato ma accattivante.La nona One way streetanch’essa per me una delle migliori credo la più completa del lotto dove ci sono le combinazioni maggiori di suoni e cambi da 2.50 decisamente grintosa, ma soprattutto un’interpretazione sentita che lascia nell’ascoltatore un interesse sempre vivo. La decima red flower come un dialogo con il padre eterno dove sembra che davanti a certe cose abbia voltato lo sguardo come il padre e padrone che dice cavatela da solo io non posso fare niente, ma lui ha reagito anche senza di lui. Il brano che chiude l’album apparentemente prima della bonus track ma che è quello dove scaturiscono più emozioni da plauso la chiusura con la chitarra. L’undicesima la strumentale Chlorine c’è ancora tempo di emozionarci, sono sincero qualche lacrima è scesa è un disco che fa viaggiare di pensieri immedesima l’ascoltatore ma è adatto soprattutto a chi ha una spiccata sensibilità non c’è voce in questo brano ma parla la musica e le sue atmosfere. Un viaggio che si è concluso nel migliore dei modi un altro tassello dopo i precedenti album che va a confermare gli Arctic Plateau come una realtà affermata che non può che renderci orgogliosi di avere anche in italia musicisti di questo calibro.
Fabio Berserk
Shunu Records.com
www.facebook.com/arcticplateau
Song of shame
Saturn Girl
No Need to understand you
Dark Rising Sun
We’re never falling down
The Bat
L’arsenale
Venezia
One Way Street
Red Flower
Chlorine (Bonus Track)
Gianluca Di Virgilio – vocal, guitars, synth, backing vocals
Fabio Fraschini – electric bass, backing vocals on “we’re never falling down”
Dario Vero – guitars
Massimiliano Chiapperi – drums
Guest Stars:
Desiree Infascelli – accordion on Venezia intro mezzaluna
Simona Ferrucci:
(Winter Severity Index)
vocal on no need to understand you