Anthea

Tales untold

L’esordio fu più progressive, questo secondo capitolo degli statunitensi lo è di meno, ma il tasso prog rimane, almeno nella maggior parte dei brani. Un album ricco di elementi e suggestioni, anche se non tutto il pacchetto risulta essere allo stesso livello. Siamo però di fronte ad un lavoro globalmente di una certo spessore che è in grado di soddisfare le aspettative.Le prime quattro tracce utilizzano soluzioni abusate e per questo appaiono deboli, seppur piacevoli. Di esse la migliore è l’apripista ‘Tales untold’ grazie alla linea cantata che non appare del tutto scontata. Si tratta dei pezzi più gotico-sinfonici del lotto e con poca verve prog-metal. Insomma, il full-lenght non è che parta male, ma comincia con ciò che sembra volere essere più commerciale come se si avesse paura di allontanare gli ascoltatori meno seri. La faccenda si fa viceversa interessante dalla quinta traccia ‘SAPIENS’, proprio dove il gruppo inizia a riaffondarsi nelle evoluzioni di tipo progressivo; e questa canzone diventa una delle miglior cose dell’album con la sua enfasi orientaleggiante, mezza epica, mezza power.

La cavalcata ‘LOOKING GLASS’ s’innalza su ariosi paesaggi mantenendo tonico il senso ritmico, e diventa parzialmente una specie di Death melodico quando appare il growl; non un pezzo durissimo ma comunque bello compatto che sa irretire.  Un riff cattivo e  scuro introduce ‘EMPYREAN’, una stilettata power riuscitissima, che cambiando ritmi e colori, diventa una avvolgente avventura che sembra durare più dei suoi quattro minuti proprio a causa dell’articolata variabilità. La bellezza della Power-Prog-Symphonic ‘SUNDEN HEART’ sta nella azzeccata contrapposizione vocale pulito-growling e poi in una melodia diversa da quelle che si sentono di solito, rendendo ben luminoso un momento comunque tirato. Anche la ballata ‘Memorian’ riesce a farsi attraente nella sua soavità emozionale e si sa che non è facile con le soft-song. Poi arriva nel finale la cover ‘In Time’, la quale funziona egregiamente, migliorata tantissimo rispetto all’originale, pur avendone rispettato perfettamente il mood; per trovare un equilibrio di questo tipo bisogna saperci fare.

La voce, a volte usata in maniera vicina alla New Wave anni ottanta ma in misura non preponderante, si associa al growling che viene inserito quando serve senza diventare centrale. L’ugola gutturale in effetti serve solo ad increspare alcuni passaggi, ma la sua presenza è piuttosto tradizionale senza cercare una qualche particolare espressività. E’ invece la vocalità pulita quella che rende al meglio le melodie presenti, e lo fa con forte personalità e un senso lirico risonante. La sezione ritmica sostiene senza flessioni tutta la struttura; le tastiere sanno inspessire l’atmosfera, e le chitarre sono quelle che aumentano la dimensione metallica, dirette al punto e senza remore. Non si tratta di un lavoro che elabora innovazioni stilistiche, ma emerge una densa ispirazione, almeno nelle canzoni migliori. Infatti la band è migliorata rispetto al passato, e dove abbandona gli schemi più semplici dà dimostrazione di saper gestire la complessità. Non è solo questione di virtuosismo, presente ma non ipertrofico, bensì proprio di abilità nel costruire ed assemblare le parti.

Roberto Sky Latini

Tales Untold
Ascendence
Song for Winter
The Deceiver
Sapiens
Memorian
Looking Glass
Empyrean
Sunden Heart
In Time (cover Robbi Rob)

Diego Valandez – vocals (clean) / keyboards
Juan Pina – vocals (Growling) / guitar
Marcos Mejia – guitar
Eric Guerrero – bass
Peter Vasquez – drums