Ahab

The Coral Tombs

L’arte non è mai fine a se stessa ed è capace, quando si tratta di arte vera, di istillare in chi ne viene a contatto e ne sa cogliere il senso pieno della sua essenza, la capacità di creare altra arte ma non mera imitazione o semplici epigoni, è in grado di plasmare le sensazioni e i sentimenti di chi ne ghermisce il senso profondo, dando vita ad una nuova creazione, ad un ulteriore mezzo creativo.

La più vasta fonte di ispirazione è senz’altro la letteratura, sia essa classica, sia essa moderna o contemporanea e, nel mondo della musica, non sono poche le band o i singoli artisti che prendono spunto da opere letterarie per trasformarle in opere musicali: un esempio su tutti potrebbe essere The Rime Of The Ancient Mariner, riproposta in musica dagli Iron Maiden e traente ispirazione dalla narrazione di Coleridge.L’arte letteraria è sempre stata fonte di materiale infinito sotto diversi punti di vista, dato che il potere della parola riesce ad attivare altri sensi e l’immaginazione, al punto tale da indurre band a tracciare il proprio percorso musicale seguendo le orme di un filone letterario, di un singolo autore o anche di un fil rouge che riesce a travalicare i generi e ad accomunare autori anche molto distanti tra loro: è il caso degli Ahab, che hanno basato la loro intera discografia sulla letteratura, prendendo spunto principalmente da opere che hanno come argomento principe il mare e i suoi abitanti o le intrusioni dell’uomo nella scoperta degli abissi, il tutto sempre filtrato attraverso la particolare lente di ingrandimento del grottesco, macabro e decadenza.

Gli Ahab vengono inseriti nel panorama funeral doom e se per certi versi questo incasellamento è piuttosto azzeccato, per molti altri, è una veste che calza abbastanza stretta alla produzione dei Tedeschi dato che c’è molto di più sotto la coltre di chitarre iperdistorte e ribassate e, se questo è poco evidente, se non si ha un orecchio ben allenato, nelle produzioni passate, con il nuovo The Coral Tombs, la band tira fuori un lavoro stratosferico sia per fruibilità, sia per la capacità di riuscire ad inglobare e farli emergere prepotentemente, elementi che vanno dalla psichedelia dei primi Pink Floyd, passando per certo space rock, per finire al mondo cinematografico e ad alcune colonne sonore, siano esse riferibili ad alcune animazioni della Disney o DreamWorks, siano esse riferibili al mondo dello spazio di film come Interstellar.

Andando oltre il pesante drappo distorsivo e il riffing di chiara matrice gothic/Doom, si potranno notare questi chiari riferimenti che esulano dal mondo del metal estremo e una prima nota può essere data dagli ampi spazi riservati alla voce pulita, che fa da contraltare ad un growling profondo e lacerante, così come ampio è lo spazio riservato ai momenti più ambient capaci di regalare atmosfere sognanti ed emozionali, con synth ed effettistica capace di replicare l’atmosfera che si potrebbe respirare esplorando gli abissi, con quella sorta di tensione e senso di oppressione sempre palpabile.Gli Ahab questa volta prendono a riferimento le avventure del Capitano Nemo e del suo Nautilus, le avventure ben descritte da Jules Verne nel suo romanzo più celebre: 20.000 Leghe Sotto i Mari; opera letteraria capace di offrire immensi spunti e svariate atmosfere, dalle quali i Tedeschi hanno preso spunto per trasformare il viaggio nell’ignoto rendendo evidente la pressione e l’oppressione che l’immensa colonna d’acqua presente sulle teste degli abitanti del Nautilus esercita su di loro.

The Coral Tombs si compone di sette lunghi brani capaci di raccontare l’animo degli Ahab nel reinterpretare il senso del romanzo di Verne, una rilettura carica di atmosfera crepuscolare, dove a farla da padrone è l’angoscia e l’ansia, scandita perfettamente dal riffing potente ed ossessivo, carico di evocazione oscura e in cui nessuna nota o melodia decadente è lasciata al caso dato che anche le atmosfere più sognanti hanno un non so che di lugubre, capaci di lasciare l’ascoltatore in questa dicotomia sensoriale in cui da una parte c’è la voglia di seguire quella linea sognante disegnata dalle armonie compositive, dall’altra queste stesse armonie e melodie lasciano una sorta di destabilizzante senso di paura.

La base di partenza è quella di sempre e chi conosce gli Ahab sa di cosa parlo: un funeral doom decisamente etereo, ma questa volta l’impegno è volto a rendere il riffing meno spigoloso, così come le parti vocali vengono maggiormente integrate nel rifferama, quasi a voler simboleggiare la compattezza e fluidità delle acque che avvolgono il sommergibile e tutto l’ambiente marino, con le porzioni in cui è la voce pulita a farla da padrone, insieme ad una strumentalità sognante e non necessariamente iper strutturata, evocano la bellezza e le meraviglie dei fondali e dei viaggi che l’equipaggio di Nemo compiono; questo non ci deve però far dimenticare che l’oceano è un posto ricco di sorprese e che tutto può cambiare da un momento all’altro e così come la voce sognante ma armonizzata al tutto in tono volutamente calante e in alcuni tratti cantilenoso gioca il suo ruolo destabilizzante, anche le melodie sognanti sono interrotte qui e lì da dissonanze e inserti distorti elaborati per tenere sempre alta la tensione.

Il funeral doom si fonde con l’epicità di alcuni rimandi al metal classico così come il tutto è capace di fluire in una spirale vorticante, al cui centro la calma si fonde con il mare in tempesta, quando il riffing si fa più oscuro, pesante e più distorto, elaborando melodie più complesse e dettagliate, in apparente contrasto con quanto avvenuto, all’interno dello stesso brano, pochi secondi prima, attraverso la calma infusa dalla destrutturazione offerta da momenti ambient e onirici; il tutto si fonde perfettamente e la magia del crepuscolo riesce ancora a rendere omaggio alla perfezione dell’opera di Verne.

La bellezza di questo The Coral Tombs sta proprio nella sua capacità di essere sempre sul filo del rasoio, sempre dicotomico ma capace di portare avanti il tutto con una fluidità e una scorrevolezza inimmaginabile: adoro ogni cosa partorita dagli Ahab, ma questo platter è molto probabilmente il loro disco più completo e maturo, nonostante non raggiunga il livello compositivo di The Giant e del successivo The Boats Of The Glen Carrig, questo The Coral Tombs li surclassa per capacità di essere perfettamente miscelato e centrato dal punto di vista delle atmosfere.

Daniele “Darklordfilthy” Valeri

Napalm Records
www.ahab-doom.de

 Prof. Arronax’ descent into the vast oceans
Colossus of the liquid graves
Mobilis in mobili
The sea as a desert
A coral tomb
Ægri somnia
The mælstrom

Chris Hector – guitars
Daniel Droste – vocals, guitars, keyboards
Cornelius Althammer – drums
Stephan Wandernoth . bass