Aerosmith

Aerosmith

Ad inizio 1973 esce il primo album degli americani Aerosmith, la band più iconica dell’Hard Rock a stelle e strisce.  Le celebrazioni vedono l’iniziativa dei “50 Years Live! From the Aerosmith Vaults” mandando in streaming vari concerti per ogni decennio di vita del gruppo, iniziando da un evento del 1977.

Quell’esordio conteneva già alcune chicche preziose della loro discografia come la sentita ‘Dream on’ e la garage-rock ‘Mama Kin’, entrambe storiche in quanto facenti parte del live ‘Bootleg’ del 1978, oltre ad essere al tempo uscite come 45 giri. Curiosità: delle sette degli Aerosmith, il singer compone quasi tutto da solo, testi e musica, eccetto due canzoni in cui una vede aggiunta la partecipazione del chitarrista Perry (‘Movin’Out’) ed una con associato compositore esterno (Steven Emspack per ‘Somebody’), segno che Tyler (vero cognome: l’italico Tallarico) è il leader al momento indiscusso.SIDE A. Il disco dà il via con l’ottima ‘MAKE IT’, che mette in chiaro subito come non si tratti di un giovane gruppo rozzo o immaturo, in effetti c’è una certa liquida scorrevolezza nel pezzo che pur rolleggiante possiede un’anima raffinata, giocando sia con la sezione ritmica, sia con le chitarre  in modo effervescente niente affatto basico, cercando un virtuosismo che pur con qualche indecisione si sviluppa bene. La minore ma non certo filler, ‘Somebody’, anticipa parzialmente il cantato della successiva ‘Mama Kin’, assomigliandogli un poco; la verve è molto rock’n’roll con i tipici riff del genere, ma è la voce a rendere sinuosa e particolare la traccia, con quella ruvidezza comunque elegante del singer, oltre al fatto che ugola e guitar fanno un accattivante duetto con versi divertenti e giocosi.

Poi c’è appunto la stupenda ‘DREAM ON’ che è diventata una delle migliori ballate dell’intero genere Hard Rock; atmosfera suadente, magicamente ficcante, dall’essenza straziante mista a grande pathos emotivo, soprattutto per la voce intensa la cui linea melodica viene impreziosita da una tonalità roca e tirata; naturalmente in tutto ciò partecipa attivamente il crescendo strumentale che segue l’enfasi compositiva in maniera esuberante, fino al lacerante apice finale. La bluesata e lunga ‘One Way Street’ utilizza ritmo boogie già classicamente usato nell’hard rock, ma gli Aerosmith sanno gestirlo con personalità, il suo scorrere fluido e frizzante ha un arrangiamento morbido con chitarra liquida, per inserti sonori ed assolo, che ben supporta una bella voce espressiva.

SIDE B. La seconda facciata parte in quarta con la dinamitarda proto-punk ‘MAMA KIN’, scheggia arrembante in cui il rifframa tipico del rock’n’roll viene inasprito e indurito per una sporcizia di base che associata alla vocalità rude rende ficcante in senso  ribelle una traccia per niente accomodante. ‘Write Me a Letter’ appare come la traccia meno interessante per quanto gustosa nella sua verve rock, in qualche modo seguendo lo stile dei Rolling, senza diventare mai particolarmente personale seppur gestendo bene la materia. Invece davvero intrigante lo sleaze a forti tinte Blues di ‘MOVIN’ OUT’ che diventa una ricca rielaborazione ricca di una musica antica e che affonda le radici nella tradizione americana. A concludere la cover del 1963 di Rufus Thomas Walkin’ the Dog’ resa con tonica portanza, tipologia di canzoni che gli Aerosmith dimostreranno di amare anche successivamente (pubblicheranno altre cover classiche come ‘Train kept a rollin’ e ‘I ain’t got You’) quale parte della loro formazione culturale.Chitarra dal riff stradaiolo e drumming dinamico. Voce genuinamente graffiante, con abilità tecniche notevoli, e in questo disco si sentono le sue modulazioni irresistibili, le sue caratteristiche pungenti anche in acuto sebbene talvolta meno graffiante rispetto a ciò che diverrà, e chiaramente Tyler va considerato uno dei migliori cantanti della storia.

E’ un insieme peculiare anche se suona in embricazione con la sorgente più tradizionale del blues rock statunitense fondendovisi saldamente. Questo primo lavoro della band suona veracemente rockin’ and rollin’, come ad essere la prosecuzione evolutiva dei Rolling Stones in versione più dura, traghettando quel sound nell’hard rock, e così iniziando una linea di genere che porterà allo Street Metal e anche ai Guns and Roses. Dentro vi si sentono comunque anche  molte altre inflessioni provenienti da realtà come Yarbirds e altri gruppi ancora molto legati a situazioni non prettamente e puramente hard; poco più avanti nella carriera entreranno afflati alla Led Zeppelin per il momento assenti, la parentela al debutto si limita ad avere in comune segni blues e rock’n’roll.

Il risultato di questo primo vagito è un buonissimo disco che non è sicuramente fra i migliori del combo, ma comunque un inizio impostato già con intelligenza ed ispirazione. L’ugola non spinge ancora al massimo e talvolta appaiono nelle forme espresse, passaggi non perfetti, permettendo in ogni caso di far venire fuori un tasso di irriverenza, misto a d eleganza, che racconta ciò che sarà. Essi s’infilano nel panorama di allora quale nuovo gruppo saldamente ancorato all’Hard Rock.Per quanto il disco non abbia avuto successo, in seguito gli Aerosmith diverranno alfieri insieme ad altri del mondo hard rock nato appena quattro anni prima.

La loro versione di hard ha mantenuto nel tempo forti agganci con il blues rock, ed in effetti tra i gruppi hard vanno considerati i migliori a rappresentare quel tipo di approccio. Possiamo vedere per esempio Motley Crue; Cinderella; Wasp; Ratt e Guns dei parenti stretti ai quali gli Aerosmith hanno insegnato una attitudine. Celebriamo quindi il cinquantenario di una band che poi divenne re del proprio genere musicale, e che ha prodotto qualità per tutto l’arco della sua vita artistica, con alti e bassi, ma mai troppo bassi.

Roberto Sky Latini

www.aerosmith.com
Parlophone / Columbia Records

Side A
Make It
Somebody
Dream On
One Way Street

 Lato B
Mama Kin
Write Me A Letter
Movin’ Out
Walkin’ the Dog (cover Rufus Thomas)

Steven Tyler – vocals / harmonica / wood flute
Joe Perry – guitar
Brad Whitford – guitar
Tom Hamilton – bass
Joey Kramer – drums

Guest: David Woodford – sax