INTYERVISTA
ORACLE SUN
Alla fine dell’anno 2020, in dicembre, ci sorprende l’uscita della Power-Metal band italiana degli Oracle Sun con ‘Machine Man’, il secondo album da studio, ben quindici anni dopo il primo.
Ne parliamo on-line con l’uomo che ne è il componente fondatore (co-fondatore insieme al bassista Alessandro Cola), i due unici membri rimasti. Frank, di Lucca, gioviale e allegro, coi suoi cinquant’anni, si presenta con umiltà ma anche con tante cose da dire, pieno di energia, estroverso anche nel gesticolare. Dietro di lui un gatto si sposta sornione sul letto, ma il batterista è molto più vivace. Trenta anni fa, aperto lo studio “Zenith”, ha prodotto molte band. Fu nella line-up dei primi due album dei Labyrinth. Uscitone, iniziò un’avventura coi Wonder Land insieme ad Andrea “Tower” Torricini e Vic Mazzoni. Adesso tocca di nuovo agli Oracle Man, e meno male perché il disco risulta vincente. Per chi non lo sapesse Andiver ha suonato nel mitico lavoro “Return to Heaven denied’ dei Labyrinth che uscì nel 1998. Seguiamolo in questa frizzante intervista.
1)La vostra nascita discografica è del 2005 con l’album ‘Deep Inside’. Ma l’album successivo esisteva già da tempo. Sappiamo che probabilmente la cosa è legata alla dipartita del vostro compagno di viaggio.
Nel 2016, quando eravamo pronti e l’album era quasi finito, è venuto a mancare il chitarrista Vic Mazzoni. Allora abbiamo fermato tutto, poi io onestamente non ce l’ho fatta a continuare, a chiudere il lavoro, perché era troppo ancora calda la situazione. Non riuscivo proprio a sentire le sue parti pensando che non c’era più. Sono passati degli anni, e dopo aver fatto un concerto tributo proprio per Vic, ho visto che c’erano tante persone che aspettavano che la memoria di Vic rimanesse viva. E le ultime registrazioni che Vic aveva fatto erano in questo disco che non era mai uscito. E allora l’idea di concluderlo; lasciare tutti gli assoli che aveva registrato lui e fare un disco rimodernato con nuovi arrangiamenti, ma con gli assoli vecchi
2)Quindi tutti i pezzi di questo album erano già nati.
Tutti pezzi sono di dieci anni fa. Da un paio di anni a questa parte ho deciso di rimetterci le mani sopra, con un nuovo chitarrista ed un nuovo tastierista, e abbiamo concluso l’album che sentite.
3)Arrangiamento e dinamica completamente diversi dal primo disco. Suona più moderno. Anche il modo di inserire le parti tra un passaggio ed un altro. Suona molto più ricco del precedente.
Il primo disco non aveva due chitarre. Era pensato più alla Stratovarius. mentre questo è un disco Heavy Metal con due chitarre, con tante influenze dentro, progressive, elettroniche, in alcuni punti un po’ più gotiche, e un pochino thrash in altre parti. Il primo era un disco stile Power Metal italiano anni novanta, mentre questo ha le influenze che sono entrate nella band in dieci anni.
Band: ORACLE SUN (Volcano Records)
Wild Steel – vocals
Tommaso Pellegrini – guitars
Giacomo Paradiso – guitars
Alessio Pascucci – keyboards
Alessandro Cola – bass
Frank Andiver – drums
Discografia:
Deep Inside (2005)
Machine Man (2020)
4)La scelta comunque resta vicino al Power Metal melodico. Anche se la band si è evoluta, essa resta appunto melodica.
Non sono solo un batterista ma scrivo anche, e nel mio ideale c’è una batteria potente e una voce melodica. E delle chitarre importanti con delle tastiere molto “trance”. Questa è sempre stata la mia visione. La mia firma è questa, anche se forse si sentiva più nei Wander Land che negli Oracle Sun o nei Labyrinth. I Labyrinth sono stati seminali, queste cose quasi trent’anni fa erano nuove. Tantissime band hanno unito tastiere di musica elettronica con voci pop, e tempi stile thrash con chitarre Power Metal. E’ stato il marchio di fabbrica dei Labyrinth.
Ho cominciato a suonare, a produrre dischi, quando è nato il power metal dei Blind Guardian, degli Hammerfall, degli Stratovarius, e in quel momento noi eravamo pronti con ‘No Limits’ (NdR. Album d’esordio dei Labyrinth). Io prima, da ragazzino, ascoltavo Hard Rock; Metallica; Megadeth; Iron Maiden, come tutti. Un po’ più che ragazzino ho aperto lo studio con l’idea di farlo diventare un lavoro, poi il mio lavoro è stato fare il produttore invece di fare il musicista
5)Ti ritrovi nel concetto di via italiana al Power Metal, nel senso che è diversa da quella inglese, tedesca e scandinava?
Con Molte di quelle band italiane lì ci ho lavorato nella produzione. Siamo cresciuti insieme. parallelamente uscivano nuovi studi, dove le band che erano partite, Labyrith, Rhapsody, hanno generato quel movimento che ha creato gli Arthemis, i Secret Sphere e le band successive che sono diventate forti, fortissime, anche più brave di quelle di partenza. Esse hanno portato avanti questo sound che io mi ricordo, all’estero, lo chiamavano proprio il “Power Metal italiano”.
In Italia per fortuna ci stanno tanti generi; tanto bel Death metal; bell’Hard Rock’n’Roll. Il fatto stesso che la Frontiers sia in Italia ti fa capire che comunque il movimento italiano metal c’è. Il problema è che in italia c’è la mentalità da mondo del lavoro, all’estero col metal ci puoi vivere, anche se suoni Black in Norvegia; qui da noi se suoni metal ti guardano e poi dicono “Si, ma di lavoro cosa fai?”.
6)Dei membri originali è rimasta solo la sezione ritmica. Infatti il disco è molto dinamico. Quindi siete voi due che guidate il sound della band?
Il bassista è particolarmente bravo. Il batterista, poverino, fa il suo, lo fa d’esperienza (NdR. ride).
/)Ma tu sei anche il produttore. Quanto incidete sulla band voi due?
Una band dovrebbe essere tutta alla pari. Nel prossimo album saremo molto più alla pari. Però va detto che questo album è stato fatto tanti anni fa, dove i brani erano stati scritti da me, il bassista e il chitarrista degli Shining Fury. Quella era la formazione base, gli altri musicisti sono entrati dopo. Adesso ci siamo affiatati, fatto pezzi nuovi; perciò la band di adesso si sentirà sul nuovo disco.
8)Canzoni ferme da tanto tempo. Come hanno fermentato in voi due?
I pezzi come erano dieci anni fa erano più scarni di tastiere, di arrangiamenti vocali, di parti di chitarre. Il disco praticamente era pronto prima che ci lasciasse Vic. Quando l’abbiamo ripreso ci sembrava vecchio. L’idea è stata di rimetterci le mani sopra per farlo suonare più fresco. Mi dava la sensazione che fosse ormai datato. I pezzi sono realmente datati, ma l’idea era di non dimenticarli, perché dentro c’è Vic e perché dentro c’è la nostra storia. Si voleva renderli più attuali per come li avremmo ragionati oggi. Abbiamo cambiato dei riff di chitarra a corda unica con dei movimenti diversi, con parti sincopate, messo tastiere nuove, cambiato parti vocali; cambiato melodie ed anche alcune strutture con cose più complesse. Prima era un disco un po’ minimale, ora è più arrangiato.
9)In effetti non suona per niente datato. Anzi, secondo me c’è qualcosa in più rispetto ai gruppi che in questo momento stanno facendo la stessa musica. Più moderno. Sembra inoltre che ci abbiate messo una attenzione piuttosto emotiva.
Mi fa piacere che noti questa cosa. Mi piace vedere un pochino avanti.
10)Dentro c’è come ospite uno dei migliori cantanti italiani, Roberto Tiranti. Che rapporto vi lega a lui? Come è entrato dentro il lavoro?
Roberto è stata la persona che io ho voluto nei Labyrinth, post-Lione. Ho sempre amato Tiranti sopra qualsiasi altro cantante in Italia e penso che rimarrà sempre questo amore. Roberto sa che io lo adoro. Ma è anche molto amico di Wild Steel che sta a Savona, e siccome Tiranti sta a Genova, hanno sempre lavorato insieme. Ed è stato Wild Steel a presentare ai Labyrinth Roberto Tiranti. Perciò c’è questo grosso legame di amicizia da circa 25 anni. Quando Wild ha cantato le parti di questo album, tante parti di cantato le è andate a registrare nello studio personale di Tiranti, chiedendogli di poter fare cori su molte di esse, e perciò questa collaborazione nasce dal lavorare in sette, in otto, perché Roberto ci ha messo del suo, anche in momenti solisti. E’ stata per me una cosa bellissima perché c’erano dentro il mio cantante preferito, il cantante con cui ho lavorato per 25 anni con i Shadow Of Steel, il chitarrista con cui ho suonato nei Wonderland, il bassista di Lucca e il chitarrista di Lucca che ci andiamo a vedere i concerti insieme. Questo disco era tutti i miei amici più cari. Non guardo soltanto le cose tecniche o dal punto di vista commerciale, se faccio una cosa con le persone con cui sto bene già quello è una cosa importante, se poi riesco a farle bene, meglio. Io intanto le faccio con chi mi trovo bene.
11)Sei appassionato anche di altro, come fotografia e treni.
Dagli anni novanta ad oggi ho lavorato circa con cento band. Ho aperto una etichetta nel momento dei cd scaricabili su internet, quindi l’etichetta non ha avuto un seguito perché non si sono più venduti i cd da quel momento. Poi ho cominciato piano piano a dirmi che non potevo solo fare produzione e passare tutta la mia vita nello studio di registrazione, quindi ho iniziato a guardarmi in giro e a fare fotografia e il video maker.
12)Quanto passa di te come uomo nelle attività che fai?
Che io faccia musica, che io produca un album, che io giri un video, che io faccia uno spot o musica per un videogioco, che faccia foto ai treni perché lavoro per delle riviste ferroviarie, per la Federazione Italiana dei Trasporti, è sempre un gioco. Però cerco di farlo seriamente, come fossi un professionista. Certo non lo sarò mai, perchè facendo tante cose, non sarò mai ad un alto livello. Mai un grande batterista, mai un grande fotografo, mai un grande fonico. Però quello che faccio cerco di farlo con passione ad un buon livello.
13)Quindi sei ancora un pò bambino?
Esattamente. E’ ciò che mi spinge a fare cento cose diverse e poi collegarle tutte fra loro. Faccio quello che mi piace.
14)Con chi ti sei sentito più te stesso fra i gruppi di cui hai fatto parte, considerando anche gli Oracle Sun?
Coi Labyrinth avevo vent’anni, perciò c’era l’inizio, era tutto nuovo. Oggi quel periodo lo guardo come se fosse mio figlio, perciò me a vent’anni e quello di adesso sono come due persone diverse. A vent’anni ho fatto tante cazzate, ora per quanto continui a farne, se ne fanno meno. A quei tempi non se ne poteva più di cazzate che si dicevano o si facevano.
15)Ho letto che ti piace Battiato e la musica New Age.
Esatto. Collegare ciò al metal sembra impossibile. Io ho amato moltissimo il mondo della “trance” e della “dance”, ma non quello commerciale, quello underground, e ho prodotto anche tanti singoli di dream music, di musica elettronica, proprio intesa come progressive e trance. E siccome l’ho prodotta quando ero molto giovane, quindici/diciassette anni, quando ho iniziato a suonare la batteria con le band metal, perché comunque l’amore per gli Iron Maiden e gli Helloween, per i Metallica, per i Fates warning e Dream Theater era infinito, rientrava sempre da una finestra la musica elettronica come influenza. E infatti sul primo disco dei Labyrinth io insistetti tanto, e sul secondo disco c’è un remix di un pezzo trance che noi abbiamo rifatto metal. Le mie influenze da giovane, anche se era un po’ un tabù, ho cercato di metterle dentro al metal perché faceva parte della mia anima. Io non ho mai fatto musica per vendere. Mi piacciono Iron Maiden e Fates Warning come Jean Michel Jarre; Robert Miles; David Lanz e tutto il mondo che è della New Age e anche Cacciapaglia ed Enaudi, e la musica minimale. Tutti nomi lontani dal metal, mi piace il metal come piace agli altri, però mi piace anche altra roba. A me piacciono due tipi di mu
16)Ma allora il termine metallaro ti tocca? E quanto?
Mi tocca, ma non mi sono mai posto il problema. Tante persone si pongono il problema di essere qualcosa. Un bluesman o ai nostri tempi un paninaro, oppure un metallaro. Non ho mai fatto parte di nulla. Quando ascoltavo Battiato gli altri ascoltavano ‘Flashdance’. Quando a dieci anni ascoltavo Jean Michel Jarre gli altri andavano al concerto della Pausini. A 18 anni i miei amici i Pink Floyd, io andavo a vedere i Napalm Death. Chi se ne frega. Alcune musiche mi piacciono, alcune musiche non mi piacciono. Il termine metallaro è per chi porta il chiodo, crede nella fede e così. Io penso di amare la musica metal. Non posso essere chiamato metallaro perché non ho quell’attitudine. Negli anni ho avuto delle critiche, “gente come te che mette la dance dentro l’Heavy metal, …eh la fede…..” Io faccio quello che mi sento, e se trovo, come è successo, qualcuno a cui piace, ho condiviso qualcosa con loro. Chi critica, fa bene a criticarmi, ma ho fatto sempre musica underground. Ho venduto sempre poche copie se non coi Labyrinth che è stato comunque un caso molto particolare. Uscito dalla band ho continuato a far musica di nicchia. Ho fatto sempre quello che mi piace senza render conto a nessuno. Io ho rispetto per i metallari; ho invidia per i metallari, a volte m’è mancato avere qualcosa che unisse. Anch’io metto la magliettina metal ma come fede assoluta ho la musica, e la musica è quella a 360°.
17)Il vostro “Machine Man” è per un Power Prog Metal dove però il lato Prog è molto più limitato che in altre band. Si sente l’afflato prog ma non diventa il mood principale dentro la composizione.
Secondo me questo disco degli Oracle Sun è un disco heavy metal, proprio Heavy Metal! Con delle piccole influenze di elettronica, di progressive, di gothic ed altre influenze che vengono richiamate ogni tanto.
17)Ho letto da poco che i Labyrinth non si riconoscono oggi del tutto nel Power inteso melodicamente. Mi pare che lo stesso sia per te.
Penso che il percorso dei Labyrinth sia stato attitudinalmente lo stesso mio, nonostante le diversità. Io, Cantarelli e Thorsen ascoltavamo i Forbidden, i Mordred, i Metallica, i Watchtower, i Fates Warning; cioè, siamo nati entrambi lì. E fare due dischi con quell’idea è diventato un imprinting per tutti. Ci siamo anche autoinfluenzati a vicenda, nel senso che loro mi hanno fatto conoscere delle band, io ne ho fatte conoscere a loro. Abbiamo suonato insieme delle cover: “Senti ganzo, portiamo questo riff nei nostri pezzi”. Abbiamo visto concerti insieme, vissuti in un camper insieme, girando e suonando per localini con dieci persone. Le cassette nello stereo eran quelle.
18)La parte istintiva è pari a quella pensata?
Ho molta stima di quello che hanno fatto i Labyrinth in questi anni. Con percorsi diversi entrambi abbiamo fatto le cose in maniera emozionale, ma anche pulita e tecnica. Dopo tanti anni quelle cose sono le stesse: emozione ma potenza. E potenza controllata con melodie.
19)Però nel vostro disco il virtuosismo alla Dream Theater non c’è. C’è n’è di più in Labyrinth e Vision Divine.
Posso dirlo: loro sono anche ad un livello tecnico superiore. Ho sempre cercato di fare cose non esageratamente tecniche. Mentre i loro batteristi hanno sezioni ritmiche molto tecniche e tastieristi molto veloci, molto neoclassici. Io suono le tastiere come le suona un dj; le penso come un produttore di musica elettronica. Non mi puoi paragonare a Terrana o ad Oleg Smirnoff (ndr Labyrinth; Eldritch); per me la batteria è uno strumento d’accompagnamento.
20)Nonostante questo tuo approccio, le tastiere non snaturano nulla dentro l’album. Permane la natura metal di ogni pezzo. E l’avete fatto con una intelligenza tale che la mancanza di virtuosismo non diventa un difetto. Anzi la canzone acquista valore proprio di per se stessa.
Grazie, perché è importante ‘sta cosa. Sei l’unico che ha capito questo disco. Stai dicendo le cose per come le abbiamo pensate noi musicisti. Sgarbi anni fa fece la critica ad un quadro, e c’era il pittore che diceva che Sgarbi era bravo perché guardava l’opera come la guardava l’autore. Te hai visto l’album dalla parte del musicista. E a me basta esser capito.