Wildhearts

Satanic Rites OF Wildhearts

Questa band inglese suona inglese al 100% e ha dalla sua la capacità di farlo senza nessuna caduta stantìa nel passato sebbene al passato si rifaccia totalmente. E’ un gruppo che ha esordito nel 1993 e si percepisce in effetti un legame con quel tempo, vengono addirittura estratti elementi dagli anni ottanta. Eppure si suona il tutto con grande freschezza perché gli alvei sono riconoscibili ma la personalità emerge debordante. Una musica eclettica che si riallaccia al proprio stesso passato e che non si esprime in modalità univoca sebbene l’album appaia coerentissimo. Troviamo tanta carne al fuoco, e se lo spirito è principalmente punk, con Clash e Stiff Little Fingers come punti di riferimento, le escrescenze inserite provengono da tante ispirazioni diverse.Già la prima traccia ‘EVENTUALLY’ si fa dinamicamente efficace, alternando sporcizia-pulizia e mischiando con luminosità riff hard-rock con voci punk e cadenze pop‘n’roll, aggiungendo anche accentazioni di suono rock alla Who, in una atmosfera che arriva diretta all’ascoltatore senza alcuna contraddizione formale. Quando sembra che una song voglia essere tutta punkeggiante alla Clash, poi essa invece evolve verso altri lidi più morbidi: è quello che succede con la tonica ‘SCARED OF GLASS’ dove la morbidezza tende a farsi per un momento quasi gospel.

L’ammorbidimento si trova anche nella più classica ‘Kunce’, che è comunque un bel modo di scatenare la propria vena rock. La modernità viene scaricata nella semi-ruvida ‘FIRE IN THE CHEAP SEATS’ che vomita durezza nelle strofe per farsi punk adolescenziale nel ritornello ancora una volta facendo emergere gli Who; un pezzo schizzato e costruito su schegge riffiche ma anche arrotondamenti melodici, in un unicum di accentazioni ficcanti. Divertente ed elettrica, ‘I’LL BE YOUR MONSTER’ funziona teatralmente come un brano di Alice Cooper, tra chitarre elettriche e assolo di sassofono a rendere più acido l’ascolto. Arriva il metal più corposo con la falsa mini-suite finale  ‘FAILURE IS THE MOTHER OF SUCCESS’ (7’39”) che impone alcuni inserti thrash, come ad abbandonare la strada sin qua seguita, per poi riprenderla con la parte centrale molto lunga, che inizia strumentalmente algica, il tutto con un ampio senso della melodia, molto piacevole e dal feeling emozionale, anche se la ripetizione del finale diluito per oltre due minuti non è proprio la scelta migliore per concludere la traccia; per questo, come detto, da considerare falsa mini-suite visto che i due minuti potevano essere tagliati.

Undicesimo full-lenght pieno di feeling che non si accontenta di un livello basso, e nella sua dimensione apparentemente spontanea è allo stesso tempo perfettamente studiata. Infatti c’è un equilibrio compositivo che sa dosare forza e raffinatezza con abile intelligenza esecutiva e concettuale. Ginger, che ricordiamo fu chitarrista dei Quireboys prima che fossero pubblicati i loro album, ha scritto un disco molto intenso, pregnante, ma anche bello, inteso proprio anche in senso estetico. Uscito da una situazione psicologica e mentale negativa che lo ha portato ad una depressione per la quale era stato ricoverato, egli ha investito con rinata bravura la sua nuova creatività in questo lavoro dal risultato eccellente. E se anche tutti gli altri membri sono cambiati, il carattere del nostro emerge esplicito, non si trovano difetti da criticare avendo dato prova di riuscire a tirare fuori il meglio. Il genere suonato avrebbe limiti netti difficili da gestire, ma Ginger ha spesso puntato a non rimanere relegato in confini angusti, riuscendo a spingere il proprio songwriting verso soluzioni che toccassero altri generi senza stravolgere la base stilistica di ciò che compone. In questo caso riuscendoci con un livello di ispirazione all’altezza dei suoi migliori passati, quindi questo album è da considerarsi uno dei suoi picchi.

Roberto Sky Latini

Ginger Wildheart – vocals / guitar
Ben Marsden – guitar
Jon Poole – bass
Kavus Torabi / Dudge – drums

Eventually
Scared of Glass
Troubadour Moon
Fire in the cheap Seats
Kunce
Maintain Radio Silence
Blue Moon over Brinkburn
Hurt People Hurt People
I’ll be your Monster
Failure is the Mother of Success