Warlord tribute
(Various artists) Sons of a dream
Sorprende questa iniziativa che fa il tributo ai Warlord. Sorprende perché i Warlord, pur storici, non hanno poi questo grande appeal, a prima vista la loro diffusione tra i metallari apparirebbe limitata.
Però devo ricredermi, qualcuno ha pensato che un tributo fosse dovuto, quindi la loro presenza è meno nascosta di quel che sembra. In effetti io credo, e altri con me, che essi siano una delle migliori presenze di quella N.W.O.B.H.M. che ha rinvigorito un rock duro che si stava per far soppiantare (ma non era proprio così, la visione di un fine decennio settanta in crisi per l’hard, è esagerata; ma questa è un’altra storia).
Veniamo ai contenuti. Sono molto interessanti perché, pur rispettando la pienezza e lo spirito della band che si vuole omaggiare, le versioni appaiono personalizzate in modo diverso dalle diverse band. Non per forza migliori o più piacevoli, ma in alcuni casi a testimonianza della valenza che i brani possono avere con altre sfumature o caratteristiche d’arrangiamento.
Io, come vecchio metallaro, ho amato i Warlord sin da quando son nati, e ricordo ancora l’atmosfera magica che permeava l’aria, ad una festa in cui fu messo su il vinile ep del gruppo (“Deliver us from evil” del 1983). Quel giorno fui affascinanto da “Winter tears”, e coincidenza vuole che questa track-list veda proprio tale song quale prima traccia. Quindi sono subito stato preso dall’ascolto, ma chiariamo subito che, al di là delle mie nostalgie, è uno dei pezzi meno riarrangiati, e quindi molto simile all’originale. E’ così anche per la seconda traccia, quella ficcante power-song di “Child of the damned”, anche se il timbro vocale è molto diverso; ma come si faceva a cambiare un brano così stupendo?
Le cose si fanno più interessanti col proseguo dell’ascolto. In certi casi i pezzi acquistano corposità anche se perdono parte del fascino atmosferico e in tal senso “Mrs. Victoria” prende in cattiveria ciò che lascia in seduzione e “Black Mass” aumenta l’aggressività per un brano che enfatizzava solo parzialmente l’oscurità; i risultati oltre che interessanti sono ben realizzati. In “Penny for a poor man” permane invece intatto il carisma anche pur con il differente sound; in particolare il ritornello (cioè il titolo) ritorna alla mente con incisività grazie anche alla voce femminile della band greca che porta un’ottima interpretazione (per il giro di chitarra bisogna ricordarsi che qui il riff iniziale era già un riff rubato e l’arrangiamento lo sottolinea meglio che il brano originale dei Warlord).
Brani come “Lost and lonely days”, completamente Rainbowiana per vocalizzazione e sound, “Sons of a dream” e “Winds of Thor” fanno capire come, dal punto di vista della struttura, vi siano vicinanze concettuali con realtà classiche tipo Ronnie James Dio, anche se poi la forma assolo o della concatenazione dei riff è molto personale e meno sovrapponibile (“Winds of Thor” infatti mette in campo una sequenza molto caratteristica nei Warlord anche se la pastosa voce di Mark Dexter è tutt’altro). La voce di Jack Rucker (Damien King I), era di una epicità meno virile e più atmosferica, e solo in alcuni casi questo lavoro vuole avvicinarcisi; per esempio atmosfera piena per una bellissima voce femminile in “My name is man” cantata da una ammaliante Moja Nardelli della band tedesca, che avvolge tutto con l’aria medievaleggiante e che ha migliorato di molto l’originale (che non era cantata da Rucker).
La registrazione consta di una produzione tecnica non sempre di livello, ma riesce a fornire una adeguata sonorità alla ricercatezza compositiva che i Warlord mettevano nelle loro realizzazioni (e mettono, che sono sempre attivi: ultimo album dello scorso anno è “The Holy Empire”). La struttura degli assoli e dei passaggi strumentali sono conservati e per quanto possibile, potenziati, ed era importante poiché i Warlord curavano molto tutte le linee melodiche, non solo quelle cantate. Un brano che non dà una performance all’altezza delle altre è “Lucifer’s Hammer” con una produzione un po’ troppo confusa, ma il risultato è comunque sufficiente a godersi l’ascolto. Le voci più dure in generale mutano la genetica in quanto la voce dei Warlord offriva parecchio in triste malinconia, e da ciò scaturiva la malìa; avere virato in energia ha reso chiaro che i pezzi avevano anche quel potenziale. I cambiamenti non li snaturano ma li completano, svelandoci quali ancora fossero i germi della band. I Warlord erano una band epica, anche se l’epicità di altre band si spingeva ben oltre (vedi i Manowar), e queste rivisitazioni hanno preso in considerazione proprio il loro lato epico, espandendolo, e meno quello della suggestione, ma è proprio ciò che ha reso interessante questa iniziativa.
Anche se alcuni pezzi sono nati dal gruppo dei Lordian Guard in cui ha militato il chitarrista Tsamis (detto “Destroyer”), possiamo comunque soprassedere e pensare i pezzi come Warlord poiché lo stile è quello. Nessun brano dall’ultimo lavoro del 2013, anche se è bellissimo, ma il valore della leggenda è rispettato.
Roberto Sky Latini
Winters Tears Bob Katsionis 1983
Child of the Damned Angelo Perlepes’ Mistery 1983
Mrs Victoria Arrayan Path 1981
Penny for a Pour Man 4Bitten 1983
Black Mass Innerwish 1983
Lucifer’s Hammer Dragonsclaw 1982
Lost and Lonely Day Delivers 1984
Winds of Thor Dexter Ward 1995 (L.Guard)-2002(W.)
My Name is Man Blacklands 1995 (L.Guard)-2002(W.)
Sons of a Dream Dark Nova 2002