Tower
Let there be Dark
Terzo album per questi lucidi ed ispirati metallari statunitensi. Viene sparato un Heavy Metal apparentemente datato, tra NWOBHM e americanità esplicite, ma in realtà c’è un alto tasso di freschezza e dinamismo, oltre al fatto che un tale modo di suonare non sarebbe stato possibile se non si fosse assimilata tutta la storia metal dagli anni ottanta ad oggi. Per concepire un tale approccio bisogna per forza aver studiato in modo profondo il rock duro prodotto globalmente dal panorama mondiale in toto. Alcune sensazioni di acerbità sono più il frutto di una scelta che non di vuoto culturale, non viene affossano nulla di ciò che si propone, e si nota quanto siano molto bravi a suonare e a pensare gli arrangiamenti. Canzoni ricche, passaggi assolutamente azzeccati che ci mostrano musicisti esperti, in grado di avere una visione ben chiara degli interventi da realizzare, e attenti ad evitare eccessivi deja-vù, per un sound che, si sa, mette a rischio in tal senso chi ci si cimenta.
L’accesa ‘UNDER THE CHAPEL’ ricorda i Mercyful Fate ma senza avere quella voce eclettica, puntando su un timbro ben diverso ma comunque incisivo; inizia con bel drumming per poi velocizzarsi e colpire duro. La rutilante title-track ‘LET THERE BE DARK’ si poggia tutto sul rifframa e sui convulsi giri di chitarra , non permettendo momenti di sosta e procedendo come una urgenza espressiva non domabile. Si sente fortemente l’essenza dei Loudness giapponesi in ‘BOOK OF THE HIDEN’ per feeling ma anche per strutturazione compositiva, con una batteria che preme incombente, con una melodia ampia e con una certa introspezione avvolgente. ‘IRON CLAD’ sferza l’aria con groove impetuoso, ma le chitarre intessono una trama raffinata nella parte solista, tra le migliori del disco, a testimonianza di una maturità indiscutibile. La semi-ballata ‘Don’t You say’, di stampo Judas, è l’unico episodio non del tutto soddisfacente, forse qui nella prima parte, quella soft, davvero c’è troppa canonicità anche se sforna una piacevole atmosfera, e poi prosegue alzando la propria tonicità finendo con un assolo di classe, e allora si salva.
E’ presente parecchia foga ideativa nella musica di questo gruppo. La velocità è spesso propulsiva, ma superba vitalità si trova anche in song meno insistenti, in effetti essa è insita nelle song stesse, e poi ci si mette la scintillante chitarra solista ad intensificare il brio e l’esuberanza, invadendo freneticamente tutti gli spazi lasciati apposta per la sei-corde. La cantante possiede una voce densa, dalla giusta caratteristica d’integrazione verso il mood delle canzoni, eppure qualche lieve imperfezione tecnica lo presenta, essa viene coperta nei suoi piccoli difetti col trucco dell’effetto leggermente riverberato, ma non disturba mai nella sua esecuzione. Tale ugola è anche capace di acuti taglienti che vengono immessi dove davvero servono. Va sottolineata la poderosità e il forte carattere dei fill elaborati dal drumming, il batterista non sembra uno che voglia accontentarsi della propria performance. Ogni strumento realizza il proprio “io” dentro una sinfonia d’insieme, ma oltre alla capacità scritturale, viene fuori l’estetica del “bello”, e non è poco.
Il disco è prodotto bene ed ogni suono emerge con vigore; davvero un lavoro dalla piena qualità, atto a soddisfare sia giovani leve che vecchi metal kid già pregni d’ascolti; non è musica solo per nostalgici.
Roberto Sky Latini