Thundermother
Dirty & Divine
In questo disco svedese tutto suona tradizionalista e tipico del rock’n’roll che diverte nella semplicità e nella linearità; ma il modo veemente ed energico mette in luce una interpretazione attualizzante. Il gruppo produce uno dei suoi migliori full-lenght, pestando ed aumentando il tasso elettrico già presente nella loro verve passata, che non era così buono come invece troviamo nella nuova uscita.
Questo è il tipo di hard & heavy che hanno sdoganato le Girlschool, e molti gruppi al femminile continuano a seguire questa scia, ma è anche il tipo di metal che rimane più vicino al blues, quello che pur non essendo più blues non se ne allontana troppo.Con ‘SO CLOSE’ si gioca su un middle-time da rock-blues elettrico che inizia le danze di questo album, e in fondo, come abbiamo già detto, è la base di questo tipo di hard-rock. Le dinamiche ‘SPEAKING OF THE DEVIL’ e ‘I LEFT MY LICENSE IN THE FUTURE’, con lo stesso tipo di ritmo cadenzato, scorrono con malìa accattivante mantenendo però un tono rockettaro di base, muovendosi in una atmosfera tanto felice quanto ariosa; fanno ballare ma senza perdere un grammo di elettricità metal. Esse sono l’esempio più chiaro di come ritornelli aperti e orecchiabili possono riuscire a farsi rock verace se ben incastonati nell’insieme.
L’elemento duro ed irruente si scatena con la veloce ‘TAKE THE POWER’ che non ha pietà dell’ascoltatore presentando una scheggia corposa ed intransigente; la linea vocale è quella che meno si modula, mantenendo una certa monolicità, ma lo fa bene perché cerca invece di aumentare il tasso di cattiveria con una vocalità acida e tirata alla Motorhead. ‘CAN YOU FEEL IT’ è un enfatico inno al rockn’roll che si imprime nelle membra dell’ascoltatore con il ritmo dannatamente blues alla Ac/Dc che qui viene onorato con l’anima del rocker più classico, e con una voce dal carattere fermo e deciso. Dentro il disco ci sono tante cose, come ad esempio la chitarra melliflua di stampo USA dei danesi D.A.D. all’inizio della rotonda ‘DEAD OR ALIVE’, che riesce a farsi sinuosa anche tenendo stretta l’anima rock.
E poi ecco i Kiss nei riff, che ricordano gli anni settanta dei due ‘Alive’, e nel cantato, che ricorda la loro fase anni ottanta, nella canzone di ‘Can’t put Out the Fire’, o i gustosi cenni alla Darkness all’interno di ‘Feeling Alright’, dove gli accordi invece si rifanno ai Thin Lizzy, così come anche in tal senso, sfacciatamente, si adoperano a fare le due chitarre insieme nell’assolo; è un pezzo commerciale ma senza alcuna caduta di tono. Il canto di questo lavoro è generalmente aggressivo ma anche felicemente orecchiabile, come in ‘Bright Eyes’ che viene cantata frizzantemente come la canterebbe virtuosamente la pop-star americana Anastacia, ma naturalmente mantenendo il senso rockettaro che le Thunder incarnano bene, del resto anche alcune canzoni di Anastacia potrebbero diventare pezzi rock’n’roll.
La cosa che emerge forte da questo ascolto è l’assoluta capacità di costruire ritornelli ficcanti, straordinariamente adatti tutti ad essere l’elemento potenziale di singolo, e soprattutto enfatizzati con maestria dalle ripetizioni mai uguali della voce che ne diversifica l’andamento, facendoli risaltare aumentando acuti, inserendo cori, controcanti in tonalità differenti, accompagnando quindi questi ritornelli con vocalità superbamente centrate in grado di accentare e potenziare ogni singolo refrain; non in modo plasticoso alla Def Leppard, ma con uno spirito blues-rock notevole. Una pecca rimane l’assenza di assoli che abbiano maggiore pregnanza, essi sono di solito quasi solo dei brevi cenni, e se ne sente infatti la mancanza, anche se stavolta i brani sono così ben puntualizzati da far sentire meno che in passato, questo deficit. Il concetto di non lasciare un arrangiamento basico, ma di arricchirlo con inserti pungenti, è lo schema vincente di questo disco, sopra un songwriting funzionalissimo. Dagli At The Movies è arrivata la nuova cantante che colpisce con stilettate ugolari a rendere muscolare la parte vocale.
E’ davvero una voce molto potente e virtuosa, capace di raggiungere modulazioni tecniche di spessore, con pulizia esecutiva, ma anche con un certo modo roco ai suoi confini, che rende tenacemente combattivo il suo fluire. La gara con le Gems non c’è, perché ognuna delle due band copre in modo diverso il panorama metal, con due anime entrambe azzeccate ma sostanzialmente non del tutto sovrapponibili; forse più ampie le visioni delle Gems, ma in questo disco le Thundermother hanno dimostrato di sapere ottimizzare la propria comfort-zone. Se le tre Gems sono uscite dalle Thundermother per essere se stesse, hanno trovato positivamente la loro personalità, ma la leader Nassil delle Thunder ha ricostruito la formazione con abile intelligenza, e ciò che ne è scaturito è un prodotto migliore del precedente. E’ l’ascolto giusto per chi vuole vivere il sano antico respiro metal del rock’n’roll non intellettualizzato, per divertirsi e far muovere il piede!
Roberto Sky Latini