The Crown
Crown of thorns
A volte capita di scontrarsi con una scena compatta e fervida e di notare come alcune band riescano a bucare il mercato meglio di altre, nonostante queste altre non abbiano assolutamente nulla di meno delle prime a livello di capacità di scrittura e di confezionamento di bei dischi.
Le motivazioni possono essere le più svariate, ma tante volte in gioco entra la capacità di sapersi vendere (in questo caso il termine ha una connotazione positiva) o meglio la capacità di essere realmente imprenditori e anche una sana dose di fortuna, perché non dimentichiamoci mai che il fattore “C” è fondamentale in certi ambiti.Questo per dire che non sempre band che rimangono in una condizione underground o comunque a galleggiare in un semi anonimato, note solo ai veri appassionati di quella scena, hanno meno valore rispetto alle band più mainstream; è il caso di una band come i The Crown, che tornano agli onori della cronaca dopo tre anni dal precedente, e buonissimo, Royal Destroyer, nel quale i nostri svedesoni avevano mostrato una lieve virata verso sonorità più moderne, decisamente più groove metal, ma sempre cariche di quelle bordate thrash-death che da sempre contraddistinguono il loro biglietto da visita.
Come ho già detto i The Crown non sono mai saliti alla ribalta, nel mondo dorato del mainstream e sinceramente è una cosa che non mi spiego, dato che davvero non hanno nulla da invidiare a formazioni più blasonate, restando lì, in una specie di purgatorio che gli ha sicuramente permesso di continuare a fare musica e farla seguendo solo le proprie inclinazioni, ma non gli ha mai permesso di fare quel salto alla luce del sole tanto da permettergli di campare della propria passione, eppure i Nostri hanno davvero un bel numero di frecce al proprio arco e tra queste la partecipazione del mitico “Tompa”, alias Tomas Lindberg, storico cantante degli At The Gates, ma non è solo questo a renderli degni di nota: le reali competenze sono offerte proprio dalla loro musica, la quale pur collocandosi perfettamente all’interno del filone thrash-death o death-thrash di matrice svedese, riesce in qualche modo ad avere una serie di carte ottime per uscire fuori dagli schemi, andando a pescare ora da certo crust, ora dal groove-metal e ora dall’hardcore più metallizzato, mescolando il tutto con la matrice di riferimento.
Decimo album in studio sotto il nome The Crown: disco che sin dal titolo sembrerebbe essere una vera e propria dichiarazione di intenti, infatti è il nome con cui sono usciti i primi due album della band a capeggiare in copertina: Crown Of Thorns, un po’ come se la band avesse deciso di virare indietro e tornare da dove sono partiti e non si può dire che l’idea non sia stata realizzata.
Crown Of Thorns suona molto old school, compatto e ben amalgamato: è un disco che sembrerebbe avere una produzione completamente analogica, in questo caso il condizionale è d’obbligo perché nell’info sheet in mio possesso non ci sono note in merito al processo di registrazione e produzione del disco, però vi assicuro che il sound risulta avere una fantastica aura vintage, che è in grado di dare ai brani una bellissima compattezza e i suoni hanno uno spessore che oggigiorno è raro da trovare e tutto questo riesce a garantire ai brani la giusta spinta sonora che funge da supporto ad un riffing davvero intrigante.
Il ritorno alle origini, ovviamente, non è totale dato che i The Crown giocano molto bene con quel tocco di modernità che non guasta mai, così da poter lasciar guadagnare ai brani quell’aria di cui hanno bisogno per risultare ancora più potenti e non rari sono gli episodi in cui le chitarre ricorrono ad una tipica espressione moderna degli accordi, andando non solo a doppiare gli accordi sull’ottava più alta ma utilizzando powerchord cui viene aggiunta un’ulteriore ottava mentre tante volte si possono ascoltare interessanti melodie e fraseggi a fare da contraltare alla sequenza di accordi che vanno a comporre l’ossatura del brano. A dimostrazione di tutto questo basterebbe prendere tutta la cinquina iniziale, che tira avanti tutto il disco allo stesso modo di una motrice di un treno merci tira i vagoni carichi.
Il disco scorre che è un vero piacere, alternando momenti più intensi e sostenuti ad altri decisamente più cadenzati, in cui è il groove a farla da padrone, ma anche i momenti più “brutali” in realtà sono sempre esposti su ritmiche che non risultano mai estreme a livello di bpm, mettendo però in piedi una gran bella furbata in grado di fare sembrare il tutto più brutale di ciò che realmente è: il quartetto lascia correre la batteria sui sedicesimi e sui trentaduesimi, così che il tutto non solo risulti più compatto e pompato di quello che in realtà è ma anche con quell’effetto di velocità che in realtà non c’è. Crown Of Thorns è veramente un disco capace di trainarti e non perde mai di mordente, anche in brani meno riusciti riescono a mantenere alta l’attenzione di chi ascolta e l’ottima produzione riesce a mantenere tutto molto coerente.
I The Crown sono sfrontati e diretti, esattamente come lo è la loro musica: groove, melodia, thrash, death e attitudine da vendere ma se cercate ricercatezza, innovazione o guizzi folli, passate oltre: qui non c’è, come è giusto che sia, nulla di tutto questo, ma vi assicuro che il disco vale e se siete alla ricerca di un buon disco di swedish thrash-death, fate vostro questo Crown Of Thorns perché non ve ne pentirete.
Daniele “Darklordfilthy” Valeri