Roger Waters
The Dark Side of the Moon ”Redux”
Alla fine è arrivato alla conclusione, finalmente abbiamo per le mani Redux cioè la nuova versione di The dark side of the moon. Sinceramente non so cosa dire ma una domanda mi sorge spontanea diceva qualcuno c’era veramente bisogno di ritoccare un disco iconico come Dark side? Già dal titolo si rimane sconcertati The dark side è il disco dei Pink Floyd e oggi il buon Roger Waters ha pensato bene di appropriarsi del diritto di rifarlo di sana pianta, e da ora in poi non sarà più il disco dei Pink Floyd come lo avevamo sempre amato ora ci sarà la nuova versione ad offuscarne il mito,forse.
Ovvio che un artista può fare delle sue cose quello vuole ma non in questo caso perché se è vero come è vero che consideriamo questo album come patrimonio culturale dell’umanità , dobbiamo a tutti gli effetti essere quanto meno “arrabbiati” e sto usando un eufemismo, per il fatto che pur essendo una cosa già sua ma in conproprietà, ha pensato come detto di rifarlo tracurando completamente gli altri decidendo che il disco fosse una cosa sua e basta. Come se che ne so per dire, un artista come Leonardo se fosse in vita decidesse di rifare la Gioconda , mi domando sarà mai la stessa cosa ? no ovviamente!!! e a approposito guardando la copertina non posso fare altro che inorridire per quanto fatto e per quanto non rappresenti minimamente la grafica originale, se non intravedendola dentro l’iride tanto che penso sia quella di Waters stesso.
Questo è un disco che abbiamo visto ripubblicato in tantissime versioni ed è di recentissima pubblicazione la versione per il 50esimo anniversario un tomo da 350 euro un prezzo che sicuramente svuoterà il portafogli di chi lo vorrà acquistare. E quindi come sarà questa versione riveduta e corretta? Analizziamo con calma questo progetto.
Le rimasterizzazioni di album classici sono comuni, ma nella maggior parte dei casi, a parte il mixaggio, la musica rimane la stessa( the song remains the same potremmo anche dire). Ma “Dark Side of the Moon Redux” di Roger Waters non è questo. Redux” è una reinterpretazione di uno dei più grandi album di tutti i tempi. L’originale è infatti il quarto album più venduto della storia. Ma ci vuole una grande personalità per rifare un album classico, e Roger Waters ne ha da vendere, ma può l’ex membro dei Pink Floyd essere all’altezza di tale fatica? L’album è la prova definitiva che, sebbene Waters possa aver scritto i testi dell’album classico, la composizione musicale manca dell’effetto grandioso che aveva ai tempi dei Pink Floyd. Tuttavia, nonostante le difficoltà a livello sonoro, ci sono ancora abbastanza idee fresche da renderlo degno di nota.
Togliamoci subito un dubbio: Questo è sicuramente un album art rock. Inizia come l’originale, cioè con una grancassa che imita il battito del cuore. E le canzoni confluiscono l’una nell’altra con transizioni fluide. Ma non è qualcosa che si può ascoltare a ritmo di rock. Waters l‘ha affrontato con la maturità del tempo.Ciò significa che l’energia è più contemplativa. I vocalizzi soul originari di “Great Gig in the Sky” che secondo il mio parere è uno dei brani più iconici dell’album e tutti conosciamo la storia intorno a questa canzone. La cantante Clare Torry che all’epoca è stata una turnista degli abbey road studios, David Gilmour la invitò ad cantare la famosa parte che lei registrò in una sola sezione durante la notte , lei alla fine restò alquanto imbarazzata da quanto aveva fatto e si scusò umilmente con la band senza invece rendersi conto che tutti quanti erano rimasti a bocca aperta dalla sua prestazione. Tutto ciò in questa nuova versione non c’è e se ne sente la mancanza e tutti quei vocalizzi hanno lasciato il posto a un basso ronzio a doppia traccia di Waters.
È anche un album che si presta ad un ascolto in cuffia soprattutto perchè la produzione è molto più scarna e atmosferica rispetto all’originale ed in cuffia si potranno apprezzare o storcere il naso a ragion veduta. Ciò è particolarmente evidente in brani come “Time”, la reinterpretazione di Waters di una hit scritta 50 anni fa. Le chitarre acide e fragorose hanno lasciato il posto a semplici organi rock, chitarre acustiche, sezioni d’archi e alla voce roca e invecchiata di Waters. Dove in pratica è stato eliminato del tutto l’assolo di chitarra di Gilmour che indubbiamente era ed è uno dei momenti portanti del brano.L’artista narra la trama dell’album in una sorta di poesia free-verse che si presta bene alla sua voce, come un rauco Ian Dury, ma che si adatta al progetto. È facile avere un timore esistenziale da giovani. Un’altra cosa è affrontare la minaccia della morte a 80 anni. È la stessa canzone, con una nuova visione iniettata attraverso le nuove sonorità.Alcuni elementi dell’album potrebbero essere troppo nuovi ed estranei per far parte della visione originale del disco col triangolo. È un album che fa paura, ma in modo obliquo ed esistenziale. “Brain Damage” faceva paura perché trasmetteva il ritratto di una persona inquietantemente distaccata dalla realtà che speravi non ti somigliasse.
Su Redux, la stessa canzone si presenta come sinistra. Inizia con una risata sconfortante e Waters che proclama: “È impazzito”. All’incirca nel punto in cui la canzone si sarebbe liberata in un coro su larga scala e in una strumentazione sovrapposta, c’è un’esplosione di violino dissonante e destinata a ispirare ansia.Eppure alcuni punti di Redux brillano. “Money“, un tempo un messaggio simile a “il denaro ti corromperà e ti rovinerà la vita”, viene ricontestualizzato come “anche se non puoi portarlo con te, il narratore non riesce a vederlo e gli ha rovinato la vita”. “Quanto ne darai via? Nessuna”, proclama Waters, nel personaggio, alla fine.
“Us and Them” sembra una canzone a sé stante. Rimane abbastanza fedele all’originale, pur compiendo salti avventurosi con il mixaggio e la strumentazione, aggiungendo una sezione d’archi, una chitarra acustica e interessanti suoni invertiti ultraterreni che richiamano le radici mistiche e psichedeliche dell’originale. Quando si arriva al ritornello, il testo e la strumentazione sono sufficienti a far venire i brividi.
Nel complesso, “Dark Side of the Moon Redux” funziona molto bene come curiosità. È un interessante pezzo di accompagnamento all’originale. Non sta in piedi da solo e Roger Waters non crea certo una versione definitiva. Ma è difficile negare che Waters abbia comunque creato qualcosa di interessante – o almeno diverso dall’originale.
Vale la pena di ascoltarlo, ma prima è sufficiente riascoltare Dark Side of the Moon.
Stefano Bonelli