Retrospettiva Metallica in studio

servizio a cura di Sky Roberto Latini

METALLICA (retrospettiva) –
I fondatori del Thrash

Nel 1981 si formano i Metallica per volontà del batterista Ulrich e del chitarrista/cantante Hetfield (è Ulrich che ne conia il moniker). Nell’83 pubblicano il loro primo album ‘Kill’em all’. Sappiamo tutti quanto sia stato complice di questa nascita il mitico guitarist Dave Mustaine, poi fondatore dei Megadeth. Quando si parla dei Metallica come degli inventori del Thrash Metal, fra tali inventori va considerato per forza anche lui. Quindi sono cinque i geni dietro questa novità che crea un genere. Poi egli fu cacciato per problemi comportamentali prima di registrare l’album e subentrò Hammett proveniente dagli Exodus. Il fatto che quest’utlimo partecipasse alle registrazioni pur intervenendo su alcuni pezzi già concepiti, lo annovera egli stesso tra gli inventori. Quando una band genera un nuovo tipo di sound, e non semplicemente apportando uno stile, ma proprio imponendosi con un nuovo genere, allora si parla di ispirazione artistica massimale, e chi crea per primo è sempre superiore a chi viene dopo. Chi segue può anche fare dischi altrettanto belli, ma non ha avuto la scintilla, e quindi non può essere considerato più grande perché è più facile seguire la scia che inventarla.

I Metallica hanno fatto questo:

Hanno fatto progredire il metal in maniera fondamentale; sono stati dei fondatori, i fondatori del Thrash. ‘Kill’em all’ è pura novità, è la pietra angolare da cui parte il genere. Chi ascoltò quell’album appena uscito, si rese conto immediatamente di trovarsi di fronte a qualcosa che non era mai esistito, non sapeva come chiamarlo ma aveva capito chiaramente che era nato un nuovo modo di pensare il metal, evolvendo dall’Heavy a qualcos’altro. Era un nuovo modo di suonare la ritmica della chitarra elettrica con il caratteristico “downpicking” di Hetfield, del tutto diverso dalle ritmiche Heavy e Speed appena antecedenti ed anche dello stesso periodo. Ma il susseguirsi dei riff all’interno di schemi è un modo fresco e frizzante di pensare la struttura del rifframa. I metallari del tempo continuavano a chiamarlo Heavy Metal, ma rispetto ai gruppi heavy come Judas o Accept, e ai gruppi Speed precedenti come Motorhead (1977) ed Anvil (1981), ma anche di quelli speed dello stesso periodo come gli Exciter, il thrash andava oltre, cambiando proprio la tecnica e di conseguenza anche lo spirito. Aumentata la violenza e la durezza, ma non solo, cambiato anche l’approccio alla composizione. Si notava un dipanarsi serrato che emergeva anche in ritmi middle-time e non solo nelle velocità. Il thrash dei Metallica produceva rasoiate chitarristiche di un riffing che caratterizzerà molti gruppi thrash a venire, anzi ne segnò la maggioranza di essi. Dopo l’intervento degli Slayer con il secondo album ‘Hell awaits’ del 1985, ben tredici mesi dopo l’esordio dei Metallica (il primo degli Slayer ‘Show no Mercy’ era ancora formalmente speed/ heavy e dove c’era il thrash non andava oltre il già detto dei Metallica), il Thrash prenderà due strade diverse; si formeranno due correnti di cui una dettata dai Metallica, più aperta ed elettrica, ed una dettata dagli Slayer, più claustrofobica e oscura: il suono appare nettamente diverso. La sonorità tecnica dei Metallica vede gruppi come gli stessi Megadeth (ma del resto Mustaine è un ex-Metallica), poi Anthrax; Overkill; Death Angel, Overkill; Testament, utilizzarla.

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James Hetfield – vocals, guitar
Kirk Hammett – guitar
Robert Trujillo – bass
Lars Ulrich – drums

Members of the past:
Cliff Burton – bass (1962-1986)
Jason Newsted – bass

Il Primo periodo

Se ‘Kill’em all’ è da dieci, e il suo spirito è un thrash prettamente rock, lo stesso voto si può dare al secondo ‘Ride the Lightning’; ma pur rimanendo thrash qui subentra una vena epica che amplia le atmosfere. Si migliora la produzione tecnica ma non è da pensare come ad un passo migliorativo, semplicemente è diverso, in quanto la bellezza del suono rozzo di ‘Kill’em all’ possiede un fascino che non ha nessun altro disco al mondo, rimanendo un unicum compositivo e sonoro assoluto, di originalissima qualità, un po’ come fu ‘In Rock’ dei Deep Purple. ‘Ride…’ è un lavoro stupendo che fa capire quanta classe abbia la band pur essendo così giovane. La canzone ‘Fight fire with Fire’ è l’elemento arrembante dalla potenza tritasassi, ma i pezzi raffinati come ‘From whom the Bell tolls’ e ‘The Call of Ktulu’ delineano, insieme alla durezza, anche una capacità evocativa elegante. La bravura dei Metallica fino al capolavoro d’apice rappresentato da ‘Master of Puppets’ non è una ascesa perché entrambi i primi tre dischi sono vere e proprie opere d’arte, ma al terzo ‘Master…’ va aggiunta una lode perché è davvero la perfezione fatta vinile. I due pezzi più violenti, cioè le dinamiche ‘Battery’ e ‘Damage Inc.’ appaiono più scintillanti di ‘Fight Fire…’. Inoltre brani come la title track ‘Master of Puppets’; ‘Welcome Home (Sanitarium)’ e ‘Disposable Heroes’ sono pezzi da novanta che schiacciano qualsiasi concorrenza compositiva e come in ‘Ride…’ hanno vitalità evocativa, quasi potendo sentirvi un afflato progressive. Il ‘Thrash espresso rimane energetico e ficcante. Le idee sono sempre interessanti e sanno anche inserire omaggi senza sembrare ridicoli, come il giro riffico di David Bowie dentro ‘Master of Puppets’, un colpo di genio, riuscendo a farlo proprio dandogli autenticità brillante all’interno del songwriting.

Poi il bassista “illuminato” Burton muore nell’incidente occorso a tutta la band, e la crisi umana del gruppo arriva. Col lutto al cuore, due anni dopo si giunge al quarto disco. Qui i fan iniziano a dividersi; in molti vedono ‘…and Justice for all’ come una flessione valoriale, e ne danno colpa all’assenza del vecchio bassista come fosse stato egli solo il genio artistico della band. Ma in realtà questo è un superbo album niente affatto debole o difettoso, e testimonia che anche gli altri membri avevano, e hanno, dignità artistica indiscutibile. Cambia la produzione e si critica anche il basso messo in secondo piano, a volte quasi assente. Ma le canzoni sono ottime e anche la produzione tecnica, pensata in tale modo, acquista un fascino particolare. E’ thrash puro, non commerciale che funziona impeccabilmente. Il brano ‘Blackened’, poi la title-track ‘…and Justice for All’ e l’epica ‘Harvester of Sorrow’ mantengono un livello molto alto facendo godere con maestria.

Clifford Lee Burton (Castro Valley, 10 febbraio 1962 – Ljungby, 27 settembre 1986)

Il Grunge ed il mainstream

Nel 1991 c’è ormai in giro il Grunge e sotto tale influsso il mondo metal parzialmente cambia e cambiano in parte anche i gusti del pubblico. Con questo trend del panorama duro mondiale, mutano pure i Metallica, ma non diventano altro, semplicemente passano ad una attitudine meno pesante, le basi però restano lì; la band è riconoscibile, porta nel periodo Grunge la propria essenza speciale. Viene espresso non il miglior album del gruppo, ma comunque un disco parecchio personale, rimanendo prettamente metal e con la maggior parte dei pezzi ancora Thrash. E’ ‘Metallica’, o il ‘Black Album’ come viene chiamato dai più; opera della discordia, stavolta il gioco fra i fan si fa duro e nascono vere e proprie fazioni. Si tratta di gusti, ma obbiettivamente l’album è ottimo, una perla del panorama metallico che non ha nulla di veramente commerciale anche se diverrà mainstream come i Guns And Roses, gli Ac/Dc e i Van Halen, rimanendo questo quinto capitolo fortunatamente lontano da qualsiasi cosa suoni pop: la rockitudine metallara è preservata. Brani come ‘Enter Sadman’; ‘Sad but true’ e ‘Of Wolf and Man’ hanno la loro cadenza thrash e sono vere perle.

Biennio 1996-97, rispettivamente ‘Load’ e Reload’; album validi? Sembra più una divagazione divertente che una volontà di farne album principali. L’operazione funziona perché è musica realizzata bene, ma non sono i Metallica della genialità, non rispettando la propria essenza identitaria. Sono comunque lavori che risultano migliori di quelli che certi “famosi rocker” sono capaci di fare. Non hanno niente a che fare col thrash, ma sono rock, heavy o hard, e posseggono il giusto tocco creativo. Su ‘Load’ “Ain’t my Bitch’ è ganzissima. ‘Reloud’ è meno interessante di ‘Loud’ ma ‘la song ‘Better than You’ pesta duro senza nessuna velleità pop.

Passata la parentesi funny, l’espressività comunque non torna alla normalità, e nel 2003 ciò fa venire al mondo ‘St.Anger’. Qui siamo di fronte a una vera e propria enfasi sperimentale, con un disco che è coraggioso per quanto anti-commerciale. Si tratta di un full-lenght che si trova perfettamente dentro la corrente musicale del Noise-rock/punk nata negli anni ottanta, in questo caso Noise–metal, e per quanto disco di medio valore, presenta però una metà di pezzi piuttosto efficaci. La schizzata title-track ‘St.Anger’ e la tosta ‘Frantic’, anche con i loro afflati metà Grunge e metà punk, sono pezzi davvero validi. Se questo disco fa storcere ancora il naso a molti ormai ex-fan del gruppo, rende chiaro che il Metallica sanno sempre rinnovarsi senza mai vere cadute di tono, permanendo una pregnanza ancora una volta significativa. Il suono ‘strano’ non è una pecca ma un valore aggiunto; quindi se l’album non raggiunge il valore degli altri non è per il suono prodotto, ma solo perché una metà dei pezzi non raggiunge il songwriting che hanno l’altra metà.

Fin qui i Metallica che hanno innovato e che hanno sempre voluto provare diversi modi di esprimersi, quasi ogni volta riuscendo a farsi ottimi interpreti. Poi questa loro diversificazione, che non è da ritenere progressione ma semplicemente arricchimento, cessa e dal 2008 fino ai  giorni nostri i Metallica non fanno che autocelebrarsi con tre lavori successivi. Ma questa loro ultima fase da grandi star non ha prodotto “dischetti”, la loro verve compositiva rimane di livello e centrata negli obbiettivi. Intanto il primo dei tre ‘Death magnetic’ è davvero intrigante, è un ritorno al passato con canzoni però che non sono copie, avendo la loro dignità d’eccellenza, e dei tre è il migliore. Esso si pone quasi al livello della carriera iniziale, siamo cioè quasi lì, per un quasi capolavoro insomma. Brani forse meno impattanti rispetto a quelli d’inizio carriera, ma certamente maturi nella loro bellezza. La traccia ‘That was just your Life’ potrebbe aver avuto un posto d’onore in ‘Kill’em all’, ma la magnifica ‘The End of the Line’ non avrebbe sfigurato in ‘Master…’. E un episodio come ‘The Judas Kiss’ colpisce ed affonda. Il disco insomma non è una crescita ma la conferma della presenza di una ispirazione “magneticamente” potente nella mente dei nostri. Anche l’ultimo ‘72 Seasons’ (2023) non manca di grandi momenti, basato molto sul rifframa che sappiamo essere sempre stato un pregio dei Metallica: in esso i pezzi ‘72 Seasons’; ‘Screaming Suicide’ e ‘Chasing Light’ sono momenti compatti e superfunzionanti, anche talvolta legando il thrash alla vecchia NWOBHM; ed è interessante notare che uno dei pezzi migliori sia ‘Inamorata’ che invece si lega al doom, facendo tornare l’idea, da sempre nelle loro vene, di come i Metallica non siano mai rimasti chiusi culturalmente. Qui il minore dei tre album è ‘Hardwired…to self-destruct’ (2016), forse il meno thrash, legato più al tipico heavy, ma se questo è il peggio che la band sa fare, capiamo perchè si parli di mostri sacri.

Un enorme passo falso in realtà nella loro carriera c’è stato, ed è quella collaborazione con Lou Reed del 2011 (‘Lulu’) che non può essere considerato facente parte della loro discografia in quanto concepito come qualcosa di esterno e particolare. Un disco inutile e inconsistente, riuscito malissimo e non possibile da pensare nemmeno come sperimentazione, visto che è stato vissuto in un modo già sorpassato anche nel panorama avanguardistico. Davvero una cosa alquanto schifosa e senza senso, ma possiamo tranquillamente fingere che non esista.

Un enorme passo falso 

In realtà nella loro carriera c’è stato, ed è quella collaborazione con Lou Reed del 2011 (‘Lulu’) che non può essere considerato facente parte della loro discografia in quanto concepito come qualcosa di esterno e particolare. Un disco inutile e inconsistente, riuscito malissimo e non possibile da pensare nemmeno come sperimentazione, visto che è stato vissuto in un modo già sorpassato anche nel panorama avanguardistico. Davvero una cosa alquanto schifosa e senza senso, ma possiamo tranquillamente fingere che non esista.

I Singoli del Black Album e altro 

Non possiamo concludere questa trattazione senza fare il punto sulla manciata di canzoni soft che la band ha esplicitato.  Croce e delizia è diventata la traccia estratta dal ‘Black Album’, ‘Nothing Else Matters’, la ballata che sbancò le classifiche anche tra i non metallari. Fermo restando che si tratta di una vero colpo di genio scritturale, la critica secondo cui sia un brano pop è segno del pregiudizio che nulla a che fare con l’oggettivazione stilistica del pezzo. ‘Nothing Else Matters’ è la perfetta ballata metal, proprio la tipicizzazione della natura metallica da portare ad esempio. Che sia diventata mainstream è solo merito della qualità eccezionale dell’episodio, e anche del periodo storico che l’ha favorito. E’ quella tipologia di sound che è presente in tante realtà del metal, dai Judas (‘Before the Dawn’) agli Iron Maiden (‘Strange World’, e soprattutto in questo caso ai Savatage, naturalmente con la personalità dei Metallica e non dei gruppi citati. E le famose situazioni morbide dei Metallica ricalcano tutte questa caratteristica di stampo prettamente metal, a partire dall’atmosfera della loro prima ballata ‘Fade to Black’ (da ‘Ride…’), passando per ‘Welcome Home’ (da ‘Master…’), o la bellissima ‘One’ (da ‘Justice…’). Tutti pezzi dove entrano in gioco anche momenti riffici tonici, per esempio in ‘One’ il finale è velocizzato. Con ‘Nothing…’ e dopo ‘Nothing…’ furono pubblicate  tre versioni di ‘The Unforgiven’, entrambe accostabili a ‘Nothing…’ stessa, ma ogni volta chiaramente sempre all’interno di una concezione metallica di intendere la ballata. E’ un modo che evoca una certa oscurità malinconica, che non è riscontrabile fuori dal sound metal

I Metallica hanno cambiato la storia del rock e del metal, hanno immesso nuova linfa che poi si è sviluppata oltre loro stessi. Nacquero come fan dell’Heavy Metal nel periodo in cui la NWOBHM imperversava (1979-1983) e proprio a quella corrente culturale si ispirarono, in particolare ai Diamond Head di cui spesso sentiamo riverberi nelle loro canzoni. Ma essi furono in grado, senza forse accorgersene, di mutarne la pelle, interpretando la velocità e la durezza con un approccio formalmente differente. La loro anima da appassionati metallari diede loro la spinta di emulare gli idoli che seguivano, e non si limitarono al guitaring sotto il palco degli altri, ma ci misero anima e corpo per vivere appieno quella passione sopra il palco. Noi ascoltatori siamo grati alla loro forza d’animo, ma neanche loro sapevano quanto grande sarebbe stata la loro vena artistica interiore. E’ logico e meritato che i Metallica siano tra i Big Four del Thrash, del resto il genere l’hanno inventato loro, e da soli. Siamo oggi al quarantennale del thrash e al quarantennale discografico dei Metallica, gloria e onore al vero metal!