Post Nebbia
Pista Nera
“Pista Nera”, il quarto album dei Post Nebbia, è il suono di una discesa libera senza paracadute, una riflessione lucida e disincantata su un mondo che, malgrado le sue macerie, continua a farsi scivolare addosso il bianco abbagliante della neve artificiale. In uscita il 22 novembre per Dischi Sotterranei, l’album si distacca dalla nebbiosa introspezione dei dischi precedenti e si lancia in un percorso più concreto, ma non per questo meno crudo.Scritto da Carlo Corbellini e arrangiato dai musicisti che compongono i Post Nebbia, “Pista Nera” si fa portatore di un grido rabbioso e disilluso, segnato dalla consapevolezza di un futuro che non c’è più. Attraverso testi ironici, a tratti fantozziani nella loro esagerazione, la band traccia la mappa di un mondo in declino, in cui l’inazione dei potenti e il cinismo della società moderna sembrano essere i principali responsabili di un destino ineluttabile. Non c’è morale in “Pista Nera”, solo un’amara riflessione, un “resoconto” che non ha paura di guardare in faccia la realtà.Musicalmente, l’album segna una chiara evoluzione nel sound della band. Se il precedente “Entropia Padrepio” flirtava con atmosfere più sfumate e introspettive, “Pista Nera” è un lavoro più diretto, intenso, talvolta stridente, in cui le influenze si moltiplicano e si mescolano, creando un panorama sonoro decisamente più arrabbiato. Le chitarre sono più taglienti, i bassi sono ipnotici e le batterie si fanno insistenti, dando vita a un groove che rimbalza tra punk, krautrock, new wave e heavy psych.
Ci sono richiami evidenti ai Talking Heads, ai Gang of Four, ma anche a realtà più recenti come Ty Segall e Thee Oh Sees. La fusione tra elettronica minimalista e riff distorti crea un contrasto potente che diventa la colonna sonora perfetta per il racconto di un mondo che si fa sempre più oscuro. La componente psichedelica, che è sempre stata nel DNA della band, emerge con forza in alcuni passaggi, ma senza mai cadere nell’autocitazione. Anzi, le atmosfere si arricchiscono di sfumature inaspettate, come i rimandi alla musica brasiliana degli anni ’60-’70 che filtrano nel disco, contaminando la musica in modo sottile, ma significativo.Il concetto di “Pista Nera” si sviluppa anche attraverso la sua copertura visiva e le immagini evocative che attraversano l’album. Il tema dello sci, un elemento che potrebbe sembrare innocuo e superficiale, diventa una potente metafora della fine dell’utopia del progresso. Le piste di montagna, ormai private di quella neve artificiale che le copre, diventano il simbolo di una realtà che non può più essere nascosta: un mondo che si è frantumato sotto il peso delle sue promesse non mantenute.
Le canzoni stesse, tra le quali Pastafrolla, Piramide e la title track Pista Nera, esplorano temi di declino e impotenza. L’espediente narrativo di una voce registrata all’altoparlante di un rifugio apre le porte all’album con Leonardo. In Io non lo so, si dipinge un futuro senza risposte, in cui la consapevolezza del crollo diventa una condanna. In Giallo ,Super Sconto e Statonatura si trovano scene apocalittiche, dove la decadenza umana e naturale è palpabile. In Lingotto, l’inquinamento – tanto ambientale quanto spirituale – fa da sfondo a un mondo che sembra incapace di fermarsi prima di arrivare al collasso.In Kent Brockman emerge palese la citazione dei Simpson e la percezione di un mondo dell’informazione sedato e ritoccato.
Segue Municipio ,traccia che ci apre ad un mondo fantascientifico, dove un mostro divora un intero edificio in un secondo, simbolo dell’efficienza e della superiorità umana.
L’album si chiude con Notte Limpida, un desiderio esplicito di vivere in un mondo che smetta di fingere e accetti il proprio destino. Qui, la band sembra chiedere un atto di consapevolezza, quasi un riscatto finale, un rifiuto di nascondersi dietro illusioni che non possono più reggere.“Pista Nera” non è solo un album ben scritto e ben suonato, ma un’opera intellettualmente onesta, un lavoro che non cerca facili consensi o messaggi consolatori. È un disco che, senza alzare il tono della predica, sferza la realtà con la necessaria amarezza di chi ha visto crollare le certezze, ma non ha perso la voglia di suonare e di raccontare. Il risultato è un’opera feroce e lucida, che non solo rappresenta il “dopo”, ma mette in scena una critica devastante e necessaria a un mondo che sembra destinato a perderne la strada.
In uscita il 22 novembre, “Pista Nera” è la fotografia di un mondo che non è mai stato così vicino al precipizio, eppure, sorprendentemente, sembra ancora in grado di suonare. Forse per un ultimo urlo, forse per un ultimo sogno che vale la pena di vedere. Un album che lascia il segno.
Anna Cimenti