PATH OF SORROW
Horror Museum
Nove anni tra un debutto e il secondo album non sono pochi e rischiano di far scendere l’attenzione verso una band, ma nel caso dei liguri Path Of Sorrow sono parzialmente giustificati, dato che sappiamo tutti che dal 2020 in poi le cose per il mondo hanno assunto una piega per nulla rassicurante (pandemia da Covid-19), e che quindi probabilmente tutto ciò contribuito nel rallentamento delle attività dei Nostri. In ogni caso un album come questo “Horror Museum” ci rassicura circa lo stato di salute di questa band.
Il melodic death metal dei Nostri questa volta si fa ancora più convincente e maturo rispetto a quello del pur buon “Fearytales” e abbiamo molti elementi davvero interessanti. Le strutture si fanno più complesse e le atmosfere più oscure e gotiche. La band propone quindi un buon mix tra parti furiose e altre dove l’introspezione e la malinconia sembrano alternarsi e completarsi al tempo stesso. In questo senso si prendano i due opposti rappresentati dai brani “Feral Hunt“, molto feroce, e “Elegy of the Fallen”, più ragionata e malinconica.
Si sentono echi anche di death metal alla Behemoth e un’atmosfera tipicamente polacca in alcune parti granitiche e il lavoro di chitarra egregio sia in fase ritmica che solista supporta molto bene queste influenze, che non sono preponderanti, ma comunque particolari in un disco come questo. In ogni caso la band quando picchia duro è maggiormente efficace e convincente (vedi anche “The Butcher“) e sembra che in questi frangenti sia più a proprio agio.
Ad ogni modo la tecnica e l’inventiva della band non conosce molti limiti, e proprio sul finale arriva un altro capolavoro intitolato “Divina Voluntas” che stavolta centra il bersaglio di portare sul piatto qualcosa di più elaborato e dove le influenze gothic con tanto di voce femminile vengono a galla in maniera naturale e fanno vedere possibili spiragli per il sound futuro dei Nostri.Quindi, in definitiva, anche se la band a nostro avviso convince di più quando tira dritto senza troppi fronzoli, sono apprezzabili i vari inserti di voce femminile, a volte di tastiere e un alone decadente che arricchiscono un album molto buono e indirizzato a più ascoltatori della musica estrema (ma non troppo estrema, sia chiaro).
Disco più che raccomandato, molto maturo e variegato.
Drakul 208





