Ophiolatry
Serpent’s Verdict
Dopo 17 anni tornano gli Ophiolatry con un nuovo album intitolato “Serpent’s Verdict”, uscito il 6 giugno per la Worm Hole Death Records. Questo nuovo album rappresenta non solo il trionfale ritorno degli Ophiolatry, ma anche un nuovo step evolutivo nella scena brutal death metal underground. Questo nuovo album si pone come un rituale sonoro completo, partendo dalla brutale e immersiva discesa nei vari cicli di distruzione e vendetta e concludendo con la rinascita.
Essendo un album radicato nei temi di dolore ancestrale, sfida alla guerra e di “resa dei conti” a livello spirituale, in questo nuovo album si fonde un implacabile brutal death metal, con riffs aggressivi e voci gutturali, con l’energia primordiale che attinge alle tradizioni delle tribù indigene della foresta amazzonica, rendendo così omaggio alle antiche culture guerriere presenti in Amazzonia. Il risultato lo si può notare nelle 13 tracce, capaci di formare 13 capitoli diversi, con una narrazione a sé stante, supportando però la narrazione principale più ampia. La band, infatti, commenta: “Questo album spinge oltre i nostri limiti tecnici e di composizione pur mantenendo la velocità e l’aggressività che definisce gli Ophiolatry. I riff sono intricati ma selvaggi, che combinano ritmi incessanti con travolgenti passaggi atmosferici. La batteria è più veloce e precisa che mai, mentre le chitarre sono un mix di precisione e peso schiacciante. Le voci trasmettono pura ferocia, dai grugniti gutturali alle urla viscerali che riecheggiano l’intensità dei testi.
Mentre perseguiamo un nuovo approccio, l’essenza dell’ofiolatria rimane intatta: spietata, oscura e senza rimorsi estrema”. Tra le tracce, tutte con dei riffs molto feroci e taglienti, ne spiccano alcune: “Revenge”, con una batteria molto martellante e precisa; “Serpent’s Spirit”, con un intermezzo di percussioni omaggio alle tribù amazzoniche; “Narcissistic Victim Syndrome” con un ritmo tendente al doom e un basso martellante. In “Serpent’s Verdict” c’è anche spazio per due strumentali, “Atheris”, che è la traccia numero 6 che funge un po’ da elemento calmante e “Ecdysis”, l’ultima traccia che con il suo piano ci trascina nella rinascita sopra citata.
La band descrive il processo di creazione dell’album come “una comunione tra la band e l’artista, una trance condivisa in cui il suono e l’immagine si alimentano a vicenda” il risultato, in conclusione, è un album che onora le radici brutal death metal della band, espandendo la loro sonorità in territori più atmosferici e tematicamente ricchi.
Chiara Coppola