Oak

The Third Sleep

Con The Third Sleep, quarto album in studio, gli Oak consolidano la loro identità musicale, unendo progressive rock, atmosfere elettroniche e suggestioni metal in un lavoro ricco di sfumature emotive e complessità compositiva.

La band norvegese, attiva dal 2013, dimostra ancora una volta una maturità artistica sorprendente, capace di fondere melodie ipnotiche, ritmi intricati e testi introspettivi in un’opera coerente e avvincente.  Il titolo dell’opera si riferisce alla fase più profonda del ciclo del sonno, quella in cui il risveglio risulta più difficile. Metaforicamente, l’album esplora temi come l’autocompiacimento sociale, l’isolamento interiore e la lotta per l’emancipazione psicologica. Le liriche, ricche di immagini evocative (ibernazione, sepoltura, annegamento), creano un’atmosfera claustrofobica ma al tempo stesso profondamente poetica. La band dimostra una padronanza stilistica che spazia dal folk acustico al progressive metal, passando per elettronica e sperimentazioni ritmiche.

L’album si apre con No Such Place, brano che ricorda gli Opeth di Blackwater Park per l’uso delle chitarre acustiche sospese in un’atmosfera malinconica. Le armonie vocali e i sax lamentosi aggiungono una dimensione struggente, rivelando fin da subito la cura maniacale per i dettagli. La seconda traccia London introduce invece un’inquietante vena elettronica, con ritmi meccanici e bassi distorti che evocano un’urbana desolazione, il contrasto con la successiva Run into the Sun è marcato: qui il ritmo serrato e le melodie ascendenti creano un momento di apparente speranza, prima di sfociare in un valzer strumentale onirico, degno dei migliori Porcupine Tree.

La bella e coinvolgente Shimmer introduce il quinto brano, Shapeshifter forse il pezzo più dinamico, con cambi di tempo improvvisi e un’esplosiva chitarra solista di Dave Foster. Poi Borders che accelera ulteriormente il ritmo, con un groove incalzante e testi che denunciano l’ipocrisia sociale, mentre Sensory Overload chiude l’album in un caos distopico di suoni dissonanti, lasciando l’ascoltatore in un silenzio carico di interrogativi.  La produzione, curata nei dettagli, permette a ogni strumento di respirare senza mai sovraccaricare l’ascolto. Il pianoforte di Simen Johanssen emerge come elemento chiave, tessendo connessioni tra i brani, mentre le stratificazioni vocali aggiungono profondità emotiva. La batteria di Sigbjørn Reiakvam è precisa ma mai meccanica, e l’uso sapiente di elettronica e sassofoni arricchisce la tavolozza sonora.  The Third Sleep è un album che richiede (e merita) più ascolti per essere pienamente apprezzato. La sua bellezza risiede nei contrasti: tra melodia e dissonanza, tra luce e oscurità, tra immediatezza e complessità.

Gli Oak confermano di essere una delle realtà più interessanti del prog moderno, capaci di emozionare senza rinunciare alla sofisticatezza, un disco che, come un sogno profondo, continua a risuonare nella mente anche dopo l’ultima nota.

Massimo Cassibba

No Such Thing
London
Run Into the Sun
Shimmer
Shapeshifter
Borders
Sensory Overload

Simen Valldal Johannessen – vocals, keyboards
Stephan Hvinden – guitars
Øystein Sootholtet – bass
Sigbjørn Reiakvam – drums