Massimo Zamboni
Profezia è Predire il Presente(P.P.P.)
Il nuovo album di Massimo Zamboni, “Profezia è Predire il Presente” (P.P.P.), in uscita il 31 gennaio per Le Vele – Egea Records, si presenta come un omaggio a Pier Paolo Pasolini a cinquant’anni dalla sua tragica morte. Tuttavia, non si tratta solo di un tributo, ma di un’opera che abbraccia il pensiero di uno degli intellettuali più provocatori e scomodi del Novecento italiano, interpretato attraverso il filtro della musica, della poesia e della memoria storica.Zamboni, che da anni esplora il mondo delle colonne sonore e delle collaborazioni artistiche, si immerge in questo progetto con una profondità che va oltre il semplice ricordo. “P.P.P.” è, infatti, un disco multiforme, che riflette la complessità del pensiero pasoliniano, e che si snoda in tredici tracce che spaziano da canti popolari a brani inediti, passando per pezzi tratti dalla lunga carriera musicale di Zamboni. Ogni traccia è una finestra aperta sulla sofferenza, sullo sgomento, e sull’analisi critica di un’Italia che sembra sempre più lontana dalla visione di Pasolini, ma che rimane, paradossalmente, tragicamente attuale.
Il disco si apre con “E jo çanti”, una villotta friulana recitata da Carlotta Del Bianco, che introduce subito il tema della lingua popolare come forma di resistenza culturale. Questo omaggio a Pasolini, con la sua passione per le tradizioni popolari, fa da ponte tra un passato ormai quasi dimenticato e una contemporaneità che sembra aver perso il contatto con le sue radici. La scelta di iniziare con una tradizione che sta per estinguersi è già di per sé una dichiarazione d’intenti: una riflessione sulla perdita delle identità.
Segue “La rabbia e l’hashish”, un pezzo inedito che fonde recitato e melodia, dove Zamboni incarna lo sgomento di Pasolini di fronte a un paese che sta perdendo la sua dignità e la sua coscienza. Il brano si carica di una potenza evocativa che non solo riflette il pensiero di Pasolini, ma si fa anche specchio della nostra società, oggi tanto più disorientata e smarrita, in un continuo processo di disfacimento.
Il passo successivo è “Canto degli sciagurati”, un potente inno all’insurrezione. La musica si fa più tribale e primordiale, cadenzata da un coro che dà voce a una forma di resistenza irrazionale, simile a quella che Pasolini descriveva nei suoi scritti contro il conformismo borghese e l’omologazione culturale. Il brano è un canto di rabbia, una celebrazione di quella “povertà” che Pasolini vedeva come unica forma di autenticità.”Ora ancora “ è la risposta al comizio del 1954,quando Pasolini si interroga se andare o restare in una Roma che non reagisce.
”Grandola vila morena” di Josè Afonso è invece l’inno del 25 aprile portoghese, ossia la rivoluzione dei garofani del 1974, una marcia con chitarra acustica e fisarmonica che venne trasmessa alla mezzanotte del 24 aprile da Radio Renascença di Lisbona come segnale convenuto per l’insurrezione di un esercito per una volta schierato dalla parte del popolo. Quando con la caduta della dittatura di Salazar sembrava che la vecchia Europa dei regimi autoritari stesse definitivamente tramontando.“La rabbia e l’hashish” e “Sorella Sconfitta” sono i brani che meglio rappresentano il cuore pulsante di quest’album: il loro mix di rabbia e riflessione, di dolore e speranza, è il motore che spinge il disco avanti. Un disco che non si limita a fare memoria, ma che agisce come un veicolo per il pensiero critico, per l’analisi della contemporaneità attraverso la lente della storia.“Fermamente collettivamente” racconta la consapevolezza della caduta, dove tutto ciò che era nostro sembra ritrarsi.
In “Cantico cristiano”, un altro inedito, Zamboni attinge direttamente dalla spiritualità di Pasolini, evocando temi tratti dal “Vangelo secondo Matteo” in un’atmosfera di malinconia e meditazione. La chitarra acustica, delicata, accompagna un testo che parla di redenzione e di speranza, ma anche di un fallimento, di una promessa non mantenuta. È un passo ulteriore nella ricerca di un‘umanità che Pasolini aveva visto svanire.Segue la fusione di due grandi canzoni di Giovanna Marini,”Lamento per la morte di Pasolini” e “Beati noi”,tratte dal suo album “I treni per Reggio Calabria”. Un lamento funebre e popolare, un rintoccare di ora in ora sempre più funesto, sempre più gonfio della sua scomparsa.Ci si avvicina alla sua conclusione con “Tu muori”, una ballata funebre che colpisce nel profondo. La freddezza con cui viene trattata la morte di Pasolini, quasi in un distacco clinico, ci ricorda l’indifferenza con cui la sua morte è stata inizialmente accolta, ma anche la solitudine che ha contraddistinto la sua vita. La ripresa di “Lamento per la morte di Pasolini” è un ulteriore momento di riflessione sulla fine di un pensiero, ma anche sull’ineluttabilità della fine di un’epoca.
La conclusione dell’album, con “Persona non grata”, restituisce un senso di vuoto. La frase di Pasolini –Siamo tutti in pericolo- riecheggia come un monito che attraversa il tempo e che, oggi, appare più che mai urgente. La musica diventa irrequieta, come se cercasse di urlare contro la sordità della società di fronte alla profezia di Pasolini. Questo brano conclude un percorso di risveglio e consapevolezza, di avvertimento che, purtroppo, sembra essere stato ignorato. “Profezia è Predire il Presente” non è semplicemente un album musicale, ma una vera e propria riflessione sulla contemporaneità, sulla perdita dell’umanità e sulla solitudine intellettuale di Pasolini. Zamboni riesce a tradurre in musica l’urgenza di un pensiero che non è mai stato veramente ascoltato, ma che oggi appare più vivo che mai. Questo disco è un invito a non dimenticare, a non silenziare la voce di chi, come Pasolini, ha saputo guardare oltre l’orizzonte della sua epoca, percependo le deformazioni di un mondo che oggi, purtroppo, sembra essere sempre più simile a quello che lui aveva previsto.
La sua profezia è ancora attuale, ed è il compito di chi ascolta non lasciare che scompaia nel silenzio.
Anna Cimenti