Mantar

Pain is forever and this is the End

Acidissimo metal teutonico dall’attitudine nera. Siamo al quinto album, e ancora si fanno delle modifiche all’esporsi sonoro che cerca un’altra strada rispetto al passato. Si tratta chiaramente ormai di un gruppo alternativo che non ammette staticità di sorta, provando a bruciare ogni forma di rock. Non c’è troppa elucubrazione mentale, ma neanche casualità formale. Cinque full-lenght in dieci anni, dovrebbe essere una band ben conosciuta, e invece è ancora underground, ma è decisamente in gamba.La linearità senza fronzoli, senza architetture particolari, è l’immagine del primo brano ‘EGOISTO’, diretta e decisa. Sembrano normali i fili riffici heavy metal di ‘GREAM REAPER’, con voce di stampo new wave, compattata dal basso, ma sono sempre trattati con una colorazione asfissiante anche se il “ritornello” fa finta di essere orecchiabile. La ritmicità cadenzata di ‘NEW AGE PAGAN’ diminuisce il tasso estremo per una più orecchiabile estroversione; certo che definire i pezzi dei Mantar ‘orecchiabili’ è un eufemismo. La molecola oppressiva dell’album è l’ultima traccia ‘Odysseus’ che fonde bene la vena grunge con l’incandescente lentezza doom.

Forte è lo spirito gotico che imbeve questo disco estroverso e formalmente intollerante. Un caratteriale fanatismo espressivo che vuole imporsi sull’ascoltatore. E ci riesce. Sonorità sporche, aggressività ruvida, eppure meno violenti ed estremi di prima. Questa crudezza attuale è però impossibile da considerare addomesticata, essendo sulfurea e sgarbata. Giri di riff distorti ossessivi e ripetuti, mezzi sludge, mezzi doom, accerchiati da una voce roca e grumosa, ribadiscono che non si è alla ricerca di ruffianerie, ma anzi di essere apprezzati solo da chi ha voglia di braci rossastre che bruciano lentamente. Il groove non è quello dei gruppi metalcore, e si percepisce un rock’n’roll nascosto quasi punk che è l’unica parte moderata se vogliamo, ma non in grado di alleggerire il carico emotivo pressante, perché è letto come uno stimolo altrettanto agitante. L’ugola raspa come fosse un Lemmy dedito ad un metal più moderno e avanguardistico.

Strumentalmente non si vuole assolutamente ammorbidire il cantato poco melodico con inserti che controbilancino il greve tono della linea vocale; anzi tutto gioca a direzionare la musica verso un disagevole approccio percettivo. Eppure le composizioni sono lineari e facili da seguire, per niente intricate. E’ invece l’essenza umorale a permanere ostica, non apprezzabile da chi necessita di essere rassicurato; del resto neanche i testi pessimisti possono dare rassicurazioni, è musica in perfetta assonanza coi temi trattati. La corposità ammette solo piccole aperture rarefatte, per il resto è un impasto duro e rugoso. La band sembra figlia sia degli anni ottanta che dei novanta, prendendo non solo dal metal, e masticando una vibrazione tutta contemporanea che ne fa una realtà proiettata verso il futuro. Non tutto suona di altissimo livello, però non ci sono cadute di valore, anzi l’immersione è ipnoticamente affascinante.

Roberto Sky Latini

Metal Blade Records
www.mantarband.com

Egoisto
Hang ‘Em Low (So the Rats Can Get ‘Em)
Grim Reaping
Orbital Pus
Piss Ritual
Of Frost and Decay
Walking Corpse
New Age Pagan
Horder
Odysseus

Hanno Klanhardt – vocals / guitar
Erinc Sakarya  – vocals / drums