Malvada
Malvada
Dopo che le messicane Warning hanno attirato l’attenzione con i loro quattro full-lenght in otto anni, oggi si vuole vedere nelle Malvada una risposta latino-americana da parte del Brasile, ma è un errore, i due gruppi, per quanto derivati dal sound anni novanta, sono piuttosto diversi. Non ha senso confrontarle solo perché appartenenti al sesso femminile. L’accostamento invece può essere fatto per la pochezza valoriale; se infatti le Warning non è che brillino più di tanto, peggio ancora per le Malvada che si attestano ad un livello ancora inferiore toccando semplicemente la sufficienza. Buon groove in generale, ma ciò che manca sono le melodie vincenti, e anche gli assoli lasciano il tempo che trovano risultando spesso così semplicistici e banali da non lasciare il segno. E’ un rock scarico, talvolta tocca il metal ma manca la scintilla. Personalità zero e sono artiste che non osano nulla, neanche dentro il già sentito.
‘YESTERDAY’ è uno dei pezzi meno duri, ma funziona piuttosto bene, scorrendo luminosamente oltre al fatto che ha una ritmica fresca e frizzante. Non male emotivamente la più introspettiva e gotica ‘FEAR’ che sembra cantata alla maniera di Amy Winehouse, magari con un pizzico di sporcizia. La cattiveria rock’n’roll pare emergere in ‘AFTER’ emanando una leggera fiamma calda, anche se non vuole diventare davvero cattiva, e guai a cercare di aumentare la velocità; i fill di batteria tendono a contenere l’energia invece di farla esplodere. Il riffing stoner/grunge di ‘AVERSAO’ tiene bene la tonicità della song, ma purtroppo il buon ritornello sembra un pre-ritornello e quindi poi non arriva la soluzione apicale del cantato; nonostante ciò essa è una canzone soddisfacente, fra le migliori del disco. Queste sono le buone song ma non vanno oltre il 6,5 di voto; le altre vanno dalla sufficienza all’insufficienza, niente che valga il nome tanto sponsorizzato.
Nell’insufficienza va posta la ballata ‘So Sweet’ davvero troppo sdolcinata, filler al 100%; piuttosto meglio ‘I’m sorry’ per una sua piccola densità emozionale, senza però che ciò la elevi più di tanto. Emblema in negativo è la canzone che apre l’album, pur con i suoi ribassati accordi non emerge dall’anonimato per una linea cantata del tutto insignificante. Il combo non sa sfruttare certo bel groove, e lo dimostra anche l’insulsa ‘Bulletproof’ sempre tenuta al guinzaglio. E che dire della finale ‘Dead like you’? Sembra finalmente volersi scatenare partendo in quarta ma subito passa a smorzare gli entusiasmi con rallentamenti noiosi, e il pur rockeggiante ritornello appare così sciocco che nemmeno i Ramones l’avrebbero accettato. Né si salvano granchè le tracce in portoghese che non c’è nulla di valoriale né di affascinante in una lingua madre usata per episodi di basso significato musicale; accettabile ‘Veneno’ ma ‘Come se fosse hoje’ è rachitica e pallosa.
La dinamicità del drumming è un elemento positivo, ma talvolta una certa linearità da 4/4 veloce non sarebbe stata male. Sembra sempre che si voglia evitare la potenza, nonostante alcuni riff corposi e pesanti. È strano come una vocalità interessante quale è quella di questa singer possa risultare incapace di farsi valere per il fatto di perdersi in linee vocali non semplicistiche eppure inefficaci. Le melodie non sono vincenti, ci si sforza di non sparare un ritornello diretto come se l’esserlo fosse un crimine, e tale voglia di dimostrare un certo spessore diviene invece la fossa dove si seppellisce la vitalità. Considerando il livello generale dell’album, un ep avrebbe fatto più bella figura. La musica proposta è rock annacquato, in taluni caso accostabile ad una verve pop dal punto di vista di attitudine, per cui si costruiscono canzoni semplici che però abbandonano lo spirito rock di altre band al femminile, delle pur altrettanto semplici ‘Thundermother’, per esempio, che invece sono immerse del tutto nel rock’n’roll e in quell’ambito funzionano a dovere. Le Malvada funzionano poco sia nel commerciale che nel rock; fanno le americane targate USA, ma rendono le cose meno valide di quel panorama. In linea di massima questo lavoro non viene voglia di riascoltarlo. La sensazione non è quella di musiciste con potenziale, ma di compositrici già svuotate.
Roberto Sky Latini