Lynyrd Skynyrd
Pronounced Leh-‘nérd’-‘Skin-‘nerd
Un gruppo dalla storia iconica particolare quella degli statunitensi Lynyrd Skynyrd. Sia per le posizioni che hanno espresso, sia per le disgrazie che hanno funestato chi ne faceva parte. Purtroppo le vicissitudini umane e dei lutti che ne hanno decimato i componenti sono anch’essi storia ma la loro musica è sopravvissuta con ampia visibilità.
Il cantante è morto a 29 anni per incidente aereo; un chitarrista è morto a 38 anni per polmonite; il bassista è morto a 68 anni per cancro; il batterista è morto a 64 anni per incidente automobilistico; il tastierista a 57 anni per infarto. L’unico dei membri fondatori che ha vissuto tutta la carriera della band (14 album) è stato il chitarrista Rossington che è deceduto a 72 anni proprio quest’anno. Ma anche i sostituti si sono scontrati presto con la morte lungo il cammino, in particolare appunto c’è di mezzo l’aereo precipitato nel 1977, di cui accennato prima, sfociato in un silenzio discografico che durò dieci anni. Dal punto di vista culturale invece si è instaurata negli anni una polemica sociale che li descrive come conservatori e nostalgici del passato sudista. In realtà la band originale aveva testi aperti e non razzisti, solo dopo la reunion, la band si è mostrata davvero politicamente attaccata a vecchi modelli, facendo azioni piuttosto dichiarate come usare la bandiera confederata, oltre a suonare talvolta lo stesso inno confederato. Famosa comunque fu la polemica con Neil Young che in una canzone criticò l’anima razzista del sud con la song ‘Southern Man’ del 1972, a cui i Lynyrd risposero con ‘Sweet Home Alabama’ due anni dopo. Ma all’uscita del primo album, questa visione campanilistica non era ancora sfociata in risvolti negativi. L’album che li vede nascere ha un titolo buffo: descrive come si pronuncia il caratteristico moniker della band; ed è sicuramente una trovata originale.
Il lato A si apre con ‘I AIN’T THE ONE’ dalla cadenzata vena hard rock che irretisce col suo incedere grasso. Con questo primo lavoro vengono sfornati dei classici della storia del rock; uno di questi è il magico incanto di ‘SIMPLE MAN’, una ballata piena di feeling, dove le vocali prolungate del ritornello si sposano alla perfezione con gli accordi distorti della sei-corde, e come fanno spesso i chitarristi, la parte solista alza il tono della canzone quasi imbizzarrendosi. C’è poi la lunga ‘FREE BIRD’ (più di 9 minuti) che meriterebbe un capitolo a parte; essa, nonostante una non perfetta esecuzione vocale, è da subito ammaliante e la sua orecchiabilità non evita di esprimere tonicità, soprattutto quando poi si evolve al minuto 4 e 41 verso una ritmicità frizzante che sostiene un assolo iper-elettrico di estrema bellezza che porta verso un apice acido di grande impatto. Si tratta evoluzioni soliste che si avvolgono su se stesse e che si incrociano a volte sovrapponendosi, altre volte separandosi, in una cavalcata melodica che diventa ricchezza estremamente espressiva, scintillante e tirata fino alla fine. ‘Free Bird’ è proprio l’esempio centrale di come una volta essere catchy non volesse dire appiattirsi nella forma e nei virtuosismi. L’hard di POISON WHISKEY è semplice ma tenace e ha dalla sua una elettricità corposa, che tra assolo e rifframa, più l’aggiunta di pianofore saltellante, è perfetta per far sudare gli ascoltatori in sede live.
Anche ‘Tuesday’s gone’ divenne un singolo di successo pur non essendo breve coi suoi 7 minuti, ma ricalca benissimo le arie country sempre di moda in America; un po’ gigionesca, un po’ piaciona, è però pensata bene, e intelligentemente riesce a risultare suadente. La capacità di gestire le proprie composizioni è già ottima pur all’interno di un debutto, e infatti anche i brani minori sanno farsi notare. L’andamento piacevolmente boogie di ‘Gimme Three Steps’, che ricalca un po’ la scia dei B.T.O., esorditi tre mesi prima, usa riff e un cantato happy che ritroviamo in band successive come i Kiss, ma fa parte di modalità che si rifanno alla tradizione rock americana ed è facile trovarla condivisa tra tanti musicisti a stelle e strisce, considerando che siamo all’inizio dei settanta. l’Honky Tonky di ‘Things goin’on’ non sarà un brano eccezionale, però ha il suo appeal, tra il piano che l’accompagna e la chitarra che viene costruita intorno alla ritmica semplice, e una interpretazione vocale che si rifà con stile agli schemi della musica nera. Ma ancora di più l’antico sound viene espresso da ‘Mississipi Kid’ che immette mandolino ed armonica abbandonando escrezioni attuali per affondare nel fango del fiume del profondo sud, e ciò non diventa affatto un momento interlocutorio ma funziona benissimo senza annoiare.
Il possedere un lato piuttosto duro caratterizzerà sempre la band, che accanto a brani più classicamente rock-folk, metterà sempre dei momenti vivaci o induriti, chiaramente influenzati dall’hard Rock ormai dilagante, un hard-rock ormai maturo nell’anno in cui questa realtà sudista esordisce. Per questo nelle classificazioni in cui viene inserita la band, viene citato come loro genere anche il rock duro. Ma nei Lynyrd vige e comanda l’atmosfera tradizionale americana che si tinge spesso di country-rock alla Neil Young, assomigliandosi anche nella pronuncia nasale dell’ugola. Nella creatività ideativa della loro musica tutto funziona, c’è una sensibilità speciale nell’accoppiare umoralità ed eleganza. Il disco uscì il 13 agosto del 1973, e la celebrazione di questo esordio va fatta perché rappresenta la nascita del gruppo che più di tutti ha portato il sound sudista in giro per il mondo. Se si pensa al rock del sud americano si pensa a loro, anche perché loro sono riusciti a svilupparlo nella forma smagliante migliore. In effetti questo primo vagito è un prodotto che si attesta già ad un buon livello, pensando al tradizionalismo rock americano; è un disco ben più equilibrato e qualitativo del primo degli Eagles esordienti l’anno prima.
Un gruppo che merita di essere sempre menzionato nel panorama storico del rock e del metal.
Roberto Sky Latini
MCA Records
www.lynyrdskynyrd.com
Lato A
I Ain’t the One
Tuesday’s Gone
Gimme Three Steps
Simple Man
Lato B
Things Goin’ On
Mississippi Kid
Poison Whiskey
Free Bird
Ronnie Van Zant – vocals
Gary Rossington –guitar
Allen Collins – guitar
Billy Powell – keyboards
Ed King – bass
Bob Burns – drums