Lucie Sue

Battlestation

La musicista francese è al secondo full-lenght dal 2022. Adocchiata, dopo l’esordio, da Richard Gamba che era stato manager dei Gojira, con questo album l’artista esprime una forte carica emotiva ed estetica. Ciò che prende vita si trova in lidi già codificati dalla storia del rock, ma tali aspetti appaiono ancora oggi alternativi, sebbene escano ormai fuori da canoni underground (vedi per esempio gli In This Moment). In realtà l’anima fluttua tra sonorità post-metal e giochi pop-rock, non sempre innovativi, eppure ciò avviene senza mai perdere feeling o ispirazione. Di fondo si percepisce una psicologia esuberante e si usano i clichè evitando di svuotarsi si personalità. Ciò che viene fuori è proprio un decisionismo compositivo che non sbaglia nemmeno una virgola e non inserisce filler nella track-list.

La title-track ‘BATTLESTATION’ vive di stranianti ombreggiature acide, di quell’hard-rock piuttosto teatrale che s’immerge in onde gotiche per poi infrangersi sull’ascoltatore in modo arcigno; vi è dentro un calore perturbante moderno e dinamico. Anche l’elettrica ‘HUSH’ si immerge nella stessa dimensione eclettica insieme ad input newwave-punk limando però l’oscurità che così risulta minore. I riverberi rock’n’roll appaiono in maniera più tradizionale in brani che però sanno andare al punto emanando una carica vibrante ben accesa. E’ il caso della cavalcata spinta di ‘RIDE THE WIREDWILD TIGER’, un po’ Street Metal e piuttosto ariosa a differenza del resto del disco. Lo stesso vale per ‘RECKLESS’, ma stavolta con uno spirito più commerciale e meno aggressivo, comunque bellamente dinamico ed energico. Come esempi classici di punk-rock ‘BACHAT BOULOU’ e ‘THE FAMOUS LAST WORDS’ sono perfetti; la loro semplicità sono colpi ad effetto che si basano su di una riffica linearissima e una esternazione vocale altrettanto semplice però piena di  insolente eloquenza positivamente vivacissima. Tutte le song sono pregnanti, ma tra gli episodi calmi forse la più densa è ‘COUNTER CLOCKWISE’ che con la sua ledzeppeliniana acusticità folk riempie lo spazio di pathos legandosi ad una voce magica.

L’opera contiene una forte caratterialità e marca bene il territorio con decisione sia che si usino toni forti, sia che ci si ammorbidisca in atmosfere più suadenti ed avvolgenti. Quello che piace è il fatto che permanga una punta di irriverenza anche nei momenti meno eccentrici. La singer ha classe e lo si denota nel suo interpretare svariate sfumature espressive, e pure nella versione soffice la sua connotazione è valoriale. La grinta non manca, e insieme troviamo una certa eleganza, e va sottolineato che un simile atteggiamento stilistico è vincente sì, per la ottima riuscita del songwriting, ma anche  per gli arrangiamenti tecnicamente ineccepibili che sostengono bene la vocalità. La peculiarità di queste corde vocali è la fermezza con cui esse vengono gestite. Lucie Sue sa imporsi, non è una fra le tante. Un album per vecchi e nuovi rockettari, non vintage, non sperimentale, ma di un colorito fraseggio rock in grado di accontentare tutti coloro che non vogliono essere cullati ma stimolati all’intensità.

Roberto Sky Latini

Battlestation
Hush
Ride The Wired Wild Tiger
Bela
Bachat Boulou
Burn Your Candles
The Famous Last Words
I Will Shit Where You Sleep
Boring
Knud
Reckless
10 Minutes
Counter Clockwise

Lucie Sue – vocals / guitars
Enzo – guitars
Laura – bass
Mitch – drums