Liv Sin

Kaliyuga

Riemerge alla luce la band svedese Liv Sin dopo quattro anni dal precedente ‘Burning Sermons’, ed essa decide di cambiare tutto. Scompare l’Heavy Metal classico alla Ozzy, e ci si ammoderna con la stilistica di un modern-metal pieno di groove dalla trama grossa.
Per un amante della tradizione sarà una delusione, per chi invece adora ascoltare generi diversi è comunque un prodotto valoriale. Di certo la mutazione è abbastanza netta.L’apripista ‘The Process’ è il pezzo che strizza maggiormente l’occhio al catchy pur nella sua verve tosta ed irriverente, ma il risultato appare troppo ovvio, e ciò rischia di far allontanare i semplicemente curiosi dal proseguire l’ascolto. Ma la cosa non mantiene questa criticità, risalendo immediatamente la china già alla seconda traccia. Infatti i successivi due pezzi appaiono positivamente impattanti; l’ariosa ‘ANTIHERO’ tramite una  ritmica ossessiva e ballabile e ‘KING OF FOOLS’ più rockeggiante nel cavalcare un purosangue selvaggio. Ancora ritmo cadenzato con ‘FORGET MY NAME’ che gioca un po’ alla Manowar dove però le tastiere inducono una leggerissima patina sinfonica.

La song maggiormente rocciosa risulta ‘KARMA’ feroce e poderosa, dove si inserisce comunque una sezione più pacata che parte dall’assolo melodico in puro stile heavy anni ottanta e arriva al cantato sinuoso, è l’unica finestra che si apre nel muro solido. Elegante e contemporaneamente cruda l’essenza di ‘I AM THE STORM’, brano che ha dalla sua una certa ombrosità espressiva. ‘VIRUS’ è un episodio che ribassa le chitarre nel modo di certo prog-thrash tecnico, ma non lo fa solo per tutto lo scorrere della traccia, quanto nel passaggio vocale delle strofe, per poi aprirsi in maniera più canonica nella leggerezza, e lo ripete poi nel ponte centrale scuro; il pezzo ha un carattere forte niente affatto cedevole. A concludere l’avvolgente ‘HORIZON IN BLACK’ che emana una atmosfera prog anche se non è una canzone progressive, e qui la ruvida performance della Jagrel è sentita ed emozionale.

Sembra che siccome, al secondo disco, con l’heavy ormai si era raggiunta la piena maturità, si volesse tentare per il terzo una nuova strada, rischiando però di non riuscire a mantenerne il controllo, visto che finora il combo non vi s’era cimentato. Invece il risultato è altrettanto maturo, come se il gruppo avesse sempre utilizzato questo linguaggio. Le effusioni metalliche sono grintose, dando vita ad un lavoro che riesce a mescolare la durezza sfacciata con le parti morbide in una contrapposizione piena di feeling. Esiste anche una epicità di fondo che rende il tutto serioso. Nonostante la presenza di inserti elettronici, una certa fruibilità melodica e brevi momenti delicati, il songwriting non è diretto e lineare; anzi un ritornello davvero accattivante non c’è, con linee melodiche solo parzialmente orecchiabili e refrain che non arrivano diretti, possedendo invece una certa ricercatezza.
Ciò non implica scrittura difficile o arzigogolata, ma semplicemente il non cedere alla banalità. La bravura di Liv nel cantare è assolutamente impeccabile, abile nel passare dalla sofficità pulita alla violenta ugola raschiosa senza difetti; anche se vince come al solito l’interpretazione irruente ed acida, spinta talvolta verso un accenno di growling gestito con estrema intelligenza. Insomma una delle migliori singer metal contemporanee. Valorosamente perfetta anche la sezione ritmica, che riesce ad addensare la portanza della musica, incisiva e rutilante. Un full-lenght che ha cambiato le carte in tavola, ma compositivamente brillante come il precedente.

Roberto Sky Latini

The Process
Antihero
King of Fools
Forget my Name
Karma
I am Storm
Virus
D.E.R.
The Swarm
Horizon in Black

Liv Jagrell – vocals
Patrick Ankermark – guitar
Jay Matharu – guitar
Daniel Skoglund – bass
Per Bjelovuck – drums