Lady Beast

The Inner Alchemist

Il fascino della N.W.O.B.H.M. più dark rimane intatto nel tempo quando la nuove band ripropongono il genere con una buona dose di personalità. Gli statunitensi Lady Beast percorrono, con una certa sicurezza di sé, la via del senso vintage ottenendo però un bella carica ficcante che può scoprirsi attuale anche ai giorni nostri. L’attitudine doom della voce e di certi passaggi addensanti della dualità chitarra/basso, non fa cambiare il genere suonato che è prettamente Heavy Metal. Cinque full-lenght dal 2012 con questa opera che conferma l’impostazione già collaudata e meritoria di essere seguita.Il riff-rama tipico del Regno Unito primi anni ottanta procede spedito e intesse le trame tradizionali che ancora funzionano convincenti. Tale predisposizione all’effetto diretto è subito evidente con la prima traccia  ‘ORACLE’S OMEN’ che sforna una linea vocale evocativa ed anche un bell’assolo elettrico. Il Power-metal, bello scorrevole, impazza diverse volte con entusiastico feeling e sicura efficacia ponendosi come i momenti meglio riusciti.

Prima tramite ‘THROUGH THE EYES OF WAR’ che colpisce in maniera netta e che nell’assolo si diverte ad imprimere eleganza tramite la doppia chitarra che suona all’unisono come nella più classica emanazione alla Iron Maiden, dove in tal senso anche il basso fa la sua ottima comparsa. Poi con la più scura ‘CRONE’S CROSSROADS’ in cui il riffing è maggiormente serrato e compatto in maniera leggermente moderno, e il ponte rallentato serve solo a preparare l’assolo rendendolo più tagliente per un risultato globale ad alto tasso enfatico. Ancora con ‘FEED YOUR FIRE’ che ritorna nettamente nella scia inglese senza farsi copia dei Maiden a cui senza remore si fa riferimento; si tratta di un episodio che al centro pone una variante ritmica sabbathiana su cui suona una chitarra frizzante. Una certa epicità sorge nella traccia finale ‘OFF WITH THEIR HEADS’ che sterza su energie di stampo americaneggiante. In conclusione i pezzi migliori sono quelli più veloci, senza nulla togliere alla pienezza degli altri; solo la strumentale ‘Witch Life’ può essere considerata un mezzo filler.

La voce della cantante non si pone come espressione virtuosa, manifestandosi in un range confortevole, ma la riuscita è adeguatamente esaustiva perché comunque non si rivela monotona, al contrario essa è in grado di interpretare bene il mood necessario. La chitarra solista spesso si avvicina allo stile dei Maiden, anche in senso cavalcante, ma come doppia a volte, per quanto limitatamente, persino sembra assomigliare a quella dei Thin Lizzy, e anche qui si conferma una derivazione molto britannica. Come il periodo a cui si rifanno, vengono utilizzate strutture che hanno la loro totale valenza sulle trame riffiche, ed infatti la loro principale caratteristica  è quella di basarsi sulla creazione dei riff, e qui entrano in gioco anche riferimenti ai Judas; gioco vecchio ma ancora carico di attrattiva metallica. La sezione ritmica è altrettanto tonica ed è il basso in diverse occasioni a fare capolino affermandosi come elemento non di secondo piano. Il sound non è violentissimo ma l’intonazione della singer spinge sul tasto arcigno. Non ci sono nascondimenti, con esternazione esplicita qui si abbraccia amorevolmente il caro vecchio nucleo originario dell’antico heavy.

Roberto Sky Latini

Oracle’s Omen
Through the Eyes of war
Inner Alchemist
Starborn
Crone’s Crossroads
Feed Your Fire
Witch Light
The wild Hunt
Off  with their Heads

Deborah Levine – vocals
Chris Tritschler – guitar
Andy Ramage – guitar
Amy Bianco – bass
Adam Ramage – drums