Infection Code
Culto
Cammino lungo e devoto alla musica meno mainstream, quello degli Infection Code, in giro dalla fine degli anni Novanta e alfieri di un industrial metal impenetrabile, cupo e severo. Dagli esordi ad oggi non è cambiata molto l’attitudine della band, che poggia sempre sull’asse originario formato da Gabriele Oltracqua (voce) e Riky Porzio (batteria), presenti dal lontano 1999. Nel frattempo ci sono stati dei cambi di line-up, e l’ultimo vede proprio l’allontanarsi del chitarrista Chris Perosino, che in verità in questo album ha fornito una prestazione eccellente, quindi un po’ spiace.
Proprio partendo dal guitar work, questo disco fa male, perchè gli elementi thrash e melodic death metal sono andati a crescere, aggiungendosi alla base industrial-post core dei Nostri. Quindi questo lavoro ha un impatto deflagrante, molto diretto, sebbene rimanga un po’ compassato in termini di velocità, che forse per scelta non è mai troppo elevata e che quindi mantiene salde le radici nell’industrial metal che la band da sempre propone, e quindi spesso si preferisce rallentare e offrire tempi e atmosfere opprimenti.
In ogni caso questo “Culto” è probabilmente il disco più brutale della band alessandrina. A partire da “Nail In The Wall“, messa in apertura come monito di cinismo e violenza, fino ad altri episodi piuttosto diretti come Faceless God“, “Worship Remains Underground” e “Inner Infernus“, la band digrigna i denti e lo fa soprattutto il cantante Oltracqua, quasi bestiale nel suo growl tipicamente death metal.La band in generale cerca di incorporare tanti stili, sempre mescolati all’industrial, ma è indubbio che questo album abbia un impatto maggiore e più tipicamente e classicamente “metal” rispetto alle prime produzioni della band, che erano un po’ più visionarie e sperimentali.
Questa volta gli Infection Code hanno realizzato qualcosa di davvero buono, che ci auguriamo sia replicato, se non ancora migliorato, nel prossimo full-length. Bravissimi.
Drakul 218