Helstar
The Devil’s Masquerade
Band a dir poco storica del panorama metal americano, quello più puro ed incontaminato. Tagliano il traguardo notevole dell’undicesimo album in carriera, sempre capitanati dal frontman James Rivera. Il nuovo album in questione si pone come un ipotetico connubio tra la loro prima parte di carriera più prettamente heavy metal e l’ultima parte, caratterizzata da dischi che spesso hanno flirtato con generi quali lo speed e il thrash metal. Il precedente “Vampiro” per certi versi cercava di recuperare le sonorità del loro album forse più acclamato, ovvero il complesso “Nosferatu” del 1989, e mostrava infatti molte canzoni dai toni quasi progressive e tempi che solitamente non si impennavano mai troppo.Qui, a partire dalla title track, posta fra le prime tracce del disco e scelta anche come singolo, per andare poi ad altre canzoni come “The Staff Of Truth“, “I Am The Way” o “Seek Out Your Sins“, la band ritrova quella veemenza tipica di album come “The Wicked Nest” e “Glory Of Chaos“.
In tutto questo però la formazione cerca di non spingere troppo, come aveva fatto nei due album appena citati, ma cerca attraverso le melodie vocali cupe di Rivera, e attraverso un riffing di chitarra piuttosto elaborato, di recuperare la matrice più prettamente US Metal che li ha caratterizzati nei primi album.Ciò che ci viene dato in pasto è quindi un album che sa far male, ma che è anche piuttosto cervellotico in alcuni frangenti. Ovviamente non parliamo di un album prettamente progressive, ma se lo contestualizziamo nel macro genere heavy metal, allora ci accorgiamo che occorrono diversi ascolti per assimilarlo per bene. Per farla breve, gli Helstar escono dallo stesso universo dei Vicious Rumors, ma sono decisamente più oscuri e intricati.
“The Devil’s Masquerade rimane comunque un buon album, ma la sensazione è quella che album come “Nosferatu“, o il più recente “Glory Of Chaos“, difficilmente potranno essere replicati, anche se ripeto, anche questo ultimo loro album è sopra la media ed è molto buono. Per i metallari vecchio stile e che apprezzano anche svisate più pesanti e complesse, questo disco potrebbe rivelarsi davvero un buon ascolto. Per chi cerca novità e sperimentazioni, si rivolga altrove.
Drakul 218