Philia
Guglielmo Santimone e Davide Cantarella
Quando la musica diventa amicizia, ascolto e visione condivisa. Questo è quello che è accaduto nell’incontro di due musicisti straordinari – ciascuno con una propria identità artistica fortemente definita – e che hanno deciso di dare voce a una visione comune, senza parole, ma solo attraverso il linguaggio universale dei suoni. La risposta è stata “Philia”, l’album nato dalla collaborazione tra Guglielmo Santimone e Davide Cantarella: nove tracce strumentali registrate in presa diretta che vanno ben oltre una semplice operazione discografica. “Philia” è un viaggio sonoro profondo, autentico e coinvolgente, che tocca le corde più intime dell’ascoltatore.
Registrato al Recoa Studio di Pasquale Faggiano, il disco cattura l’essenza più pura di un incontro musicale basato su ascolto reciproco, spontaneità e, soprattutto, amicizia. Il titolo stesso è una dichiarazione d’intenti: “philia”, termine greco che indica una forma nobile e virtuosa di amore fraterno, quella che Aristotele considerava indispensabile per una vita piena e significativa. E così, Santimone e Cantarella ci offrono la loro “philia” in musica: una relazione artistica che si fa racconto emotivo, dialogo sonoro, esperienza sensoriale.
La scelta di una formazione minimale – pianoforte e percussioni – è una delle chiavi di lettura più potenti del progetto. In “Philia” non c’è sovrastruttura, non c’è artificio. L’essenzialità degli strumenti non è un limite, ma un’opportunità di verità: ogni suono, ogni respiro, ogni pausa è parte integrante della narrazione. Il pianismo lirico, espressivo e tecnicamente raffinato di Santimone si intreccia con il vasto universo ritmico di Cantarella, che impiega percussioni provenienti da differenti tradizioni etniche con un approccio sempre misurato, intelligente e rispettoso dello spazio condiviso, dando vita a vera poesia.
Il risultato è una musica che non ha bisogno di parole per parlare: i due strumenti si cercano, si ascoltano, si rincorrono e si accompagnano, come due amici che si conoscono profondamente. L’elemento improvvisativo è presente, ma mai fine a se stesso: è sempre funzionale all’equilibrio del discorso musicale.Uno degli aspetti più affascinanti di “Philia” è la sua capacità di fondere stili, linguaggi e culture senza mai cadere nella confusione.
Il disco si muove con naturalezza tra jazz contemporaneo, world music, suggestioni afro-latine, elementi del minimalismo europeo e frammenti di improvvisazione libera. È come se i due artisti si ponessero al crocevia di mille influenze per poi scegliere, di volta in volta, la via più sincera e istintiva.
Brani come “Luiza”, che apre l’album, o “Chorinho pe ‘tte”, richiamano con grazia la tradizione brasiliana, con echi che rimandano a Jobim e alla bossa nova, ma rielaborati con uno sguardo personale. In “Saravà” e “Metamorfosi”, invece, emerge la matrice afro-latina di Cantarella, ma sempre al servizio di un’idea di ensemble, mai di semplice virtuosismo. Il cuore pulsante dell’album è forse “Philia”, il brano omonimo, in cui il pianoforte si muove tra accordi sospesi e melodie spezzate, mentre le percussioni costruiscono un tappeto sonoro che sembra respirare con l’ascoltatore.
Ogni traccia è un piccolo mondo, un paesaggio emotivo che si rivela a poco a poco. “Bye Bye Big Dad” è un omaggio affettuoso e commosso, in cui il pianoforte racconta senza retorica, lasciando spazio a un dolore composto e profondo. “Loneliness” è invece una riflessione intima sulla solitudine, che non viene mai rappresentata come condizione cupa, ma come spazio necessario per il pensiero e per il silenzio. “Lunatica” gioca con i cambi di umore e di ritmo, mentre “Riverberi” chiude il disco con un senso di apertura e di speranza, lasciando l’ascoltatore sospeso tra ciò che è stato e ciò che potrebbe ancora venire.
Il grande merito del lavoro sta proprio nella loro capacità di evocare immagini e sensazioni senza mai essere scontati. Ogni ascolto apre nuove prospettive, svela nuovi dettagli, come una conversazione che cambia a seconda dello stato d’animo di chi ascolta. Non c’è un messaggio unico e definito, ma una moltitudine di letture possibili.Un caldo accompagnamento che ti conduce nei vari contesti con eleganza e profondità.
Guglielmo Santimone è da anni uno dei nomi più interessanti del jazz italiano contemporaneo. La sua formazione accademica e il suo percorso internazionale si fondono in uno stile pianistico che unisce rigore compositivo, sensibilità armonica e un tocco personale riconoscibile. In “Philia”, la sua scrittura si fa delicata ma mai fragile, poetica ma sempre solida.
Davide Cantarella, dal canto suo, porta in dote un bagaglio percussivo ricchissimo, frutto di anni di studio e di esperienze in ambiti musicali molto diversi tra loro. La sua capacità di dialogare con il pianoforte in modo mai invadente, sempre creativo, è una delle forze trainanti dell’album. Le sue mani sembrano parlare: non picchiano, non eseguono, ma raccontano.
“Philia” è un album che non si limita a essere ascoltato: va vissuto e immaginato. È una colonna sonora perfetta per chi cerca nella musica un rifugio, una forma di meditazione attiva, uno spazio di bellezza e verità. È un disco che non ha tempo né etichette, perché parla direttamente al cuore e all’anima, con autenticità e profondità.
In un panorama musicale spesso dominato dalla velocità e dalla competizione, “Philia” è un gesto controcorrente. Un invito ad ascoltare con calma, a lasciarsi coinvolgere, a condividere. Perché, in fondo, come insegnavano i greci, la “philia” è ciò che ci rende veramente umani. Un album che non stanca ,ma incuriosisce dall’inizio alla fine, traccia dopo traccia , diventando nutrimento per chi ha già iniziato un percorso interiore di consapevolezza.Da non perdere.
Anna Cimenti