Giant
Stand and Deliver
Ascoltare l’AOR fa sempre lo strano effetto di essere perfettamente fermi in un contenitore fuori dal tempo, più di ogni genere di rock duro, esso appare come immobile, senza alcuna possibilità di ricevere impulsi diversificanti.usare il termine “stantìo” è esagerato, ma è quello che può succedere di sentire troppe volte in questo ambito. L’AOR suona ogni volta uguale a se stesso così come fa il blues, ma senza la stessa atmosfera che lo faccia sembrare virtuoso. Si possono inserire vitamine che lo rendano più potente nell’arrangiamento, ma è come se non ci fossero possibilità di mescolanze vere e proprie. Si può mettere dell’AOR in altri ambiti rock, ma non il contrario. Il progressive o l’hard-rock possono ricevere uno spirito AOR e rimanere prog o hard, ma se immetti l’ard o il prog nell’AoR, quest’ultimo diventa automaticamente Prog o Hard, perdendo la propria categorizzazione di genere. Ed è quello che succede in questo sesto disco AoR degli americani Giant, i pezzi dove si usa la grinta hard non sono più AOR ma si trasformano direttamente in Hard-rock.
‘IT’S RIGHT’ è un classico brano AOR che usa grande tonicità, e che brilla nella sua lucente espressività. Tutte piene di ottimo feeling gli episodi più compatti e duri, dove si testimonia ancora con maggior testardaggine l’abilità dei Giant di scatenare una lucida verve rock. Divertente infatti il boogie veloce di ‘BEGGAR’S CAN’T BE CHOOSERS’ che fa muovere piede e testa. E poi ci pensa ‘HOLDIN’ON FOR DEAR LIFE’ a virare completamente nell’hard-rock, qui di stampo tutto Whitesnake, cantata nello stile di David Coverdale, ed appunto l’ AOR è scomparso per divenire tutto hard. Quando l’hard sfiora l’ AOR, tra le trasformazioni possibili sta anche quella del class-metal da arena e lo testimonia la cadenzata ‘PLEASURE DOME’ a cui perdoniamo al minuto 1’51” il plagio fatto con la chitarra della canzone ‘Modern Day Delilah’ dei Kiss del 2009, che pure appare solo una volta, e che per il resto è un brano potente e suggestivo, basato su riff distorti di bella prestanza. Quando hanno La capacità di far brillare la musica suonata è mestiere ben strutturato in questi musicisti che rendono attraente anche le canzoni più scontate; l’esempio chiaro di questa attitudine di uno spinto deja-vù che però viene realizzato con densità espressiva è la canzone ‘I will believe’ dove ci sollazziamo perché percepiamo la perfetta sintesi storica di ciò che è stato l’AOR. Sarebbe stato il caso di evitare ballate; quando in questo lavoro si inizia con le strofe soffici, di solito è solo per realizzare degli intro che poi cambiano verso inspessimenti più dinamici. Purtroppo la ballata c’è ed è un male dato che in questo genere musicale spesso le soft-song rischiano la banalità fine a se stessa perdendo qualsiasi senso di seduzione. La canzone calma è ‘Paradise found’ ed il rischio diventa concretezza, non restando altro da fare all’ascoltatore che storcere il naso per la semplicistica puzza di sdolcinatura che essa emana.
Tuttavia l’album è piacevole da ascoltare, la strumentazione non cede mai all’eccessiva semplicità di modo che gli arrangiamenti possano ogni volta mantenere un accentazione energica, e che quindi i tanti passaggi canonici non si trasformino in momenti noiosi, anche se scontati. La stessa voce è in grado di contribuire alla forza espressiva dei singoli brani. In realtà alcune fine-frase sfumano in un modo che sembra quasi arrivare a stonare, ma è un piccolo particolare che sfuggirà ai più sebbene per esempio in ‘Hold the Night’ sia un difetto non troppo nascosto. In fondo il timbro del cantante è bello e abbastanza ricco da rendere dinamico l’insieme. Piuttosto vivace e tagliente la chitarra solista che si impone con grande ariosità e virtuoso tecnicismo, e anche un po’ di shredding, non sempre con originalità però positivamente senza lesinare la sua presenza. La musica è pompata, potenziata da suoni gonfi ed enfatici, a volte levigata ma con riprese corpose che ne equilibrano la fruizione, e fortunatamente anche le frasi più morbide sono tonicamente sostenute senza afflosciarsi. Sicuramente raffinatezza ed eleganza sono elementi portanti di questa scrittura. E altrettanto sicuramente è un modo eccellente di ricordare il passato, appunto perché nulla di questo sound può essere considerato moderno, anche se appare non proprio vintage grazie alla produzione. Un disco dalla presenza matura che soddisfa il tempo dell’ascolto anche senza offrire personalità. E’ quello che fanno spesso anche tanti altri nuovi dischi di AOR AOR; per trovare AOR di vera qualità bisogna entrare in dischi che di base non sono AOR come per esempio ‘Invincible’ dei Demon dl 2024. Persino i Toto nell’ultimo album ‘Old is New’ del 2019, hanno cercato di non suonare AOR. Che volete, è una musica che nacque per un pubblico adulto, e si sa… gli adulti non crescono più, AOR (Adult Oriented Rock) è stato un rock nato già adulto e quindi senza evoluzione, un essere sonoro dalla crescita bloccata. Godiamoci tale genere senza grandi aspettative e troveremo questo disco “delizioso”, trovandoci anche stimolati a rimetterlo su e dire “niente male”.
Roberto Sky Latini