Gazebo Penguins

Temporale

Quando si parla di musica che si interroga sul cervello umano, sulle sue potenzialità e contraddizioni, il rischio è quello di finire per produrre qualcosa di intellettualmente complicato da comprendere o, peggio ancora, sterile. Ma i Gazebo Penguins, con “Temporale”, il loro sesto album, non si accontentano di sfiorare questi temi: li inglobano nel loro suono viscerale, arrabbiato, ma al contempo profondamente riflessivo. Il risultato è un lavoro che è tanto un viaggio filosofico e neuroscientifico quanto un’esplosione emotiva in musica.La band, ormai una colonna portante della scena indie italiana, ha sempre avuto la capacità di mescolare energia grezza e profondità intellettuale, ma con “Temporale” questo incontro sembra finalmente trovare la sua forma più compiuta. Il titolo stesso dell’album richiama il lobo temporale del cervello umano, una zona centrale per la percezione del linguaggio, della memoria e delle emozioni. Una scelta che non è solo un colpo d’occhio intellettuale, ma che permea ogni traccia, ogni riflessione musicale.

L’album si apre con “Gestalt”, un brano che affonda le radici nella psicologia della percezione, teorizzata dalla scuola di pensiero omonima. La musica, proprio come la percezione descritta dalla Gestalt, non è mai neutra: è intrisa di emozioni e preconcetti, come una distorsione della realtà. I Gazebo Penguins costruiscono un crescendo che spiazza e destabilizza, un’introduzione all’intero disco che non si fa problemi ad andare contro la simmetria. La ricerca del disordine sonoro, però, non è mai fine a sé stessa, ma serve a riflettere su quanto la nostra percezione della realtà sia mediata dal nostro cervello, che filtra e organizza ciò che vediamo e viviamo.
“Intanto” prosegue sulla scia dell’esplorazione del confine tra sogno e realtà, tema caro alla filosofia da Schopenhauer a Putnam, passando per il mito del genio maligno cartesiano. La ripetizione del ritornello, il ritorno continuo alla stessa sensazione di “essere in un sogno”, accentua quel senso di smarrimento e di esistenza fluida che permea il pezzo. La scelta di inserire per la prima volta dei veri e propri ritornelli nelle canzoni dei Gazebo Penguins non sembra casuale, ma un ulteriore strumento per esprimere quel ritorno continuo dei pensieri, come segnali che si intrecciano nel nostro cervello.

“Mnemosyne”, invece, affronta la questione della memoria e dell’identità, interrogandosi su cosa succederebbe se perdessimo tutti i ricordi che ci definiscono. La canzone, strutturata in tre atti, è un viaggio musicale che cerca di esprimere quella frattura che potrebbe segnare la perdita della propria identità. La memoria, quella stessa che ci lega al nostro passato, è trattata come una mappa neuronale che ci permette di essere chi siamo, ma che potrebbe essere spezzata da un accidente, lasciandoci senza radici.“Tutto a posto” apre alla riflessione sul comportamento del nostro cervello che reagisce in maniera diversa rispetto a quello che ci aspettiamo.E’ un brano che presenta un unico giro di chitarra dall’inizio alla fine.Al centro si espone un certo disordine che poi rientra.“Inospitale” torna sul tema del brano precedente, il caos che si genera contro la nostra volontà.La percezione di non essere a posto con se stessi e che non ci permette di farci sentire a casa nel nostro stesso corpo.

“Delle Mie Brame” tocca un altro tema centrale nell’album: le personalità doppie o multiple. Un tema che si collega in modo quasi naturale alla riflessione sulla percezione e sull’identità. La band gioca sull’immagine dello specchio, che non è solo il luogo dove vediamo la nostra apparenza, ma anche dove ci incontriamo, dove ci confrontiamo con la nostra alterità, con la nostra essenza più profonda. La musica inizia a rivelarsi come un viaggio fisico e mentale in questo specchio, dove l’incontro con l’alterità diventa anche una riflessione filosofica sulla doppiezza della personalità.“Quasi” è il brano che ritorna sul concetto di percezione e realtà, trattando con lucidità quella zona grigia che esiste tra il “quasi” e il “veramente”. I Gazebo Penguins sembrano volerci dire che il nostro modo di interpretare il mondo crea una differenza rispetto alla sua realtà effettiva, in un gioco di approssimazioni che ci permettono di vivere con un margine di speranza, ma anche di rassegnazione. La canzone scuote e stimola l’ascoltatore a guardare oltre le illusioni che ci costruiamo, interrogandoci su cosa significa veramente riuscire, vincere, o essere vivi.

Arriviamo poi a “Finisce Male”, che unisce l’esplorazione dell’eterno ritorno nietzschiano con il nostro legame con la memoria. L’idea di un ciclo che si ripete, ma che non è mai identico, risuona nel pezzo come un monito: la vita non è mai la stessa, eppure sembra ripetersi in un modo inquietante. Il finale del brano, con l’introduzione strumentale lunga e la dinamica che cresce man mano, è una riflessione sul fatto che, nonostante la ripetizione, ogni ciclo è anche una differenza, e che ciò che sembra uguale è sempre in realtà cambiato. Chiude l’album “Strani Animali”, un brano che cita Oliver Sacks e che, con la sua introspezione, tocca le corde più delicate della mente umana. Le allucinazioni, i ricordi perduti e il sentimento di perdita sono temi universali, ma la band li esplora in modo profondo e personale. La scelta di fare a meno della batteria e di costruire un’atmosfera più lenta e riflessiva segna una netta separazione dal resto dell’album, come se i Gazebo Penguins volessero lasciarci con il pensiero, senza la solita esplosione di suoni.In definitiva, “Temporale” è un lavoro che non teme di spingersi dove pochi artisti si sono mai avventurati, combinando filosofia, neuroscienza e suoni viscerali con una disarmante sincerità. I Gazebo Penguins non hanno paura di sfidare le convenzioni del loro stesso genere, di abbattere le barriere tra la musica e il pensiero. E, come suggerisce il titolo, con quest’album sembrano voler scatenare un temporale, un’esplosione di emozioni e riflessioni che non si placano facilmente.

Chiunque si approcci a “Temporale” dovrà essere pronto a lasciarsi travolgere da questa inusuale fusione di suoni e pensieri, ma sarà un’esperienza che vale sicuramente la pena di vivere.

Anna Cimenti

Gestalt
Intanto
Mnemosyne
Tutto a posto
Inospitale
Delle mie brame
Quasi
Finisce male
Strani animali

Gabriele Malavasi – voce, chitarre, tastierine
Andrea Sologni – voce, basso, synth
Pietro Cottafavi – batteria
Riccardo Rossi – chitarre
Con la partecipazione di:
Manuel “Mallo” Caliumi – sassofono
Enrico “Paso” Pasini – tromba