Gatekeeper

From Western Shores

L’espressività magniloquente di certo heavy metal evocativo trova in questo gruppo canadese un’ottima pagina musicale. Ep, live,split, singoli e demo avevano confuso per cinque anni le loro pubblicazioni, ma finalmente nel  2018 approdarono alla produzione del bel full-lenght ‘East of Sun’ e solo dopo altri cinque anni si riesce ad ottenere il secondo album.

Si tratta di un buonissimo lavoro, pieno di feeling e di raffinata espressività con cantante cambiato, e il sostituto dell’ex Jean-Pierre Abbou è altrettanto qualitativo. La progressione d’ascolto non va verso l’impatto ma verso una narrazione sonora a cui ci si può lasciare andare. Non è mai una cascata di note istintive, fondandosi meglio su una visione pensata che determina scenari differenti.Urletti alla Savatage di ‘Sirens’ (1983) aprono la title-track ‘FROM WESTERN SHORES’, ed in fondo questo brano deve la propria caratterizzazione a quel gruppo, si tratta di un pezzo epico di estrema bellezza Heavy. Anche ‘DEATH ON BLACK WINGS’ riesce a regalare una bella atmosfera, stavolta da fine anni ottanta, quando ancora l’Heavy Metal non era stato sostituito parzialmente dal Grunge. Più introspettiva, ma anche più epica, ‘SHADOW AND STONE’ che cavalca con robustezza un ritmo variegato e corposo.

Un brano minore, per l’album ma non certo scarso, come ‘Twisted Towers’, testimonia come la band saprebbe anche essere frizzante e sbarazzina, pur con un certo controllo, ma lo fa solo con un episodio preferendo nel resto dell’album rimanere serioso.  Ogni pezzo ha il suo appeal all’interno dell’opera, scegliere il migliore è forse solo questione di gusti, ma sappiate che non ci sono filler e potete godervi un bell’ascolto.La musica è dentro una stilistica decodificata da tempo, ma la band riesce a leggerla con funzionalissima caparbietà, ben ispirata scritturalmente. Non è un metallo rozzo, contiene quell’afflato progressive che appunto i Savatage possedevano, e in fondo anche una similare poetica. Ma le derivazioni provengono anche da Iced Earth più una certa NWOBHM e suggerimenti folk.

Si vive però una modalità globalmente americaneggiante nel respiro di questo combo. La voce non particolarmente peculiare, è un tono morbido che però è in grado di colorare efficacemente le canzoni, e poi ci si mettono appunto gli acuti alla Jon Oliva a rendere enfatico l’approccio canoro. Nelle chitarre c’è la classicità tradizionale che non cerca mai di uscire dall’ambito “normale” ma che avanza verso una strutturazione melodica dal pathos emozionale, facendo emergere sensazioni emotive più che cercare passaggi di virtuosismo ipertecnico. E’ la capacità di creare bellezza pur senza alcun tipo di innovazione, che è uno dei due modi di fare arte musicale, valido quando i musicisti sanno gestire ogni loro momento compositivo. Sì, tutto è canonico ma non banale o scontato, semplicemente si rispetta una musica che ha già fatto la storia e che permane quale potenziale espressivo ricco e sfaccettato. Non è uno stile diretto, però non è nemmeno cerebrale;  servono più ascolti perché è musica per chi cerca quel qualcosa in più.

Roberto Sky Latini

From Western Shores
Death on Black Wings
Shadow and Stone
Exiled King
Nomads
Twisted Towers
Desert Winds
Keepers of the Gate

Tyler “Tex” Anderson – vocals
Jeff Black – guitar
Adam Bergen – guitar
David Messier – bass
Tommy Tro – drums