Frozen Crown
War Hearts
Questa band italiana è perseverante e mai lascia troppo spazio temporale fra un disco e l’altro, pur passando in cambiamenti di formazione che però non sembrano abbatterla. E così riecco la loro elettrica effervescenza all’assalto con il quinto capitolo in appena sette anni, stavolta con tre chitarristi, essendosi aggiunta Alessia Lanzone. Dopo l’ottimo lavoro concepito al quarto album l’anno scorso, la band oggi si butta su un più spedito passo power. ‘Call of the North’ è stato il primo lavoro a riuscire a farsi interamente apprezzare in un salto di qualità inaspettato nonostante alcune cose buone precedenti, purtroppo questo invece è di un livello più basso, mantenendo però una bontà che non li riporta troppo indietro qualitativamente. Si è puntato molto di più sulla frenesia e sulle accelerazioni, ma il songwriting c’è e si pone in una venatura creativa sempre efficace sia nelle linee melodiche, sia negli assoli. Il tipo di musica suonato è ancora un netto power-metal alla scandinavo-tedesca, che poco ha in comune con la via italiana al genere rappresentata da Vision Divine e Secret Sphere, che si lega più al prog; i Frozen puntano maggiormente ad una certa epicità cavalcante e veloce.
I migliori pezzi dell’album sono diventati altrettanto video, a partire dalla vorticosa ‘WAR HEARTS’ che penetra come lama affilata nell’ascoltatore, per un riffing serrato e per niente innocuo, e proseguendo con la corale ‘STEEL ANG GOLD’ il cui ritornello avvincente suona molto infervorato e squillante. Gli accordi iniziali di BLOODLINES’ non sono originali, però la song nel suo insieme ha tiro e luce, per una linea vocale sentita ed un arrangiamento coinvolgente. L’unico episodio non ipersonico (escludendo lo strumentale ‘King of the Sky’) che utilizza il medio tempo, è ‘I AM THE WIND’ che procede con il tipico ritmo a cavalcata; cantato a voce sia maschile che femminile esso risulta comunque uno dei pezzi migliori del full-lenght ed anche uno dei più lunghi (4’31”). l folk-sound emerge quasi solo nell’ultima traccia, la mini-suite ‘ICE DRAGON’ dove tale lato è centrale ma ben metallizzato, così da valorizzare la comunque bella tesa voce sull’enfatica melodia ben congegnata; e ci fa notare come una scrittura più elaborata sia una loro adeguata dimensione, sebbene in questo album sia poco sfruttata.
Brani fulminei e brevi che impazzano elettrici senza soluzione di continuità, con cori, melodie chitarristiche e drumming spesso ad elicottero. Si denota una intelligenza di base che non cerca di strafare. Per esempio gli assoli fanno uso di shredding scattante ma in effetti mai esagerando, per trame in cui rimane valido il senso compositivo funzionalmente costruttivo. Non sempre ci si butta nella mischia in senso neoclassico, nonostante ciò gli stessi neoclassicismi chitarristici ci sono, ma come quelli in ‘Night of the Wolf’, non appaiono fini a se stessi. Un certa dinamicità permette di non appiattirsi anche quando il pezzo è meno di valore, e l’attenzione compositiva riesce ad ottenere in modo continuativo canzoni con diversi elementi atti a diversificare le tracce. Tradizionalisti, i Frozen Crown hanno progettato l’opera in modo da conservare tutta l’adrenalina classica di questo sound; nessuna innovazione ma solo begli episodi da affrontare a viso aperto.
Per quanto un buon album, la scelta di farsi più diretti e immediati ha reso il tutto meno elegante e suggestivo di quello che s’era sentito sull’album precedente. Eppure la voglia di ripetere l’ascolto arriva perché la banalità, possibile in questo tipo di musica, è stata il più delle volte evitata. Del resto nella classifica dei cinque album, questo può starsene tranquillo al secondo posto dato che la potenza, la luminosità, la freschezza, ci sono, e la velocità non è l’unica essenza positiva di quest’opera. E’ chiaro che si voleva scientemente volare in picchiata sull’ascoltatore e solo il finale composto di tre tracce ha voluto farsi meno irruento e più avvolgente.
Se pensiamo a quello che combinano oggi Hammerfall, Freedom Call e persino Stratovarius, in Italia i Frozen tengono alta la dignità del Power-metal facendo, come hanno fatto in questo 2024, molto meglio dei loro colleghi storici. Ah, e lo ridico dopo un anno dai vecchi video: la cantante, pur mantenendo una luminosità sua propria come immagine, come al solito si sbraccia troppo.
Roberto Sky Latini