Eldritch
Innervoid
Gli italici sfornano un ennesimo suggestivo prodotto prog-metal, il tredicesimo dal 1995, ormai quindi una certezza, e non da oggi. Non si può dire che il nuovo cantante sia migliore del ritirato Terence Holler, però la scelta è stata azzeccatissima dato che offre comunque qualità ed anche una ficcante propensione metal, sebbene con un timbro più comune. Di certo la tecnica non gli manca e non è solo questione di virtuosismo ma anche di cuore.
Va ricordato però che la timbrica di Holler è unica, subitissimamente riconoscibile, e dava un certo tipo di carattere al sound; con la sua uscita si perde qualcosa di veramente peculiare.Il capolavoro è il brano ‘BORN OF COLD ASH’ che appare maestoso e pieno di pathos in una sequenza di ritmiche davvero dinamiche, un cantato epico ed una sezione solista esuberante. La qualità spinta rimane ascoltando una sentita ‘ELEGY OF LUST’ che vive di riverberi sinfonici ma con una carica emotiva dal forte tratto rock e con una orecchiabilità che si sposa ad ariosità tonica. ‘From the Scars’ è il brano che più si fa particolare con la sua linea melodica accattivante ed un ritmo più ballabile, ma in grado di far emergere una musicalità globale piacevolmente elegante. Il disco termina con due song le quali sono i momenti più scuri dell’intera opera.
Densa ed emozionale ‘BLACK BEDLAM’, che riesce ad avere le stesse pulsioni eleganti e malinconiche dei migliori Kamelot, con anche appunto una punta di oscurità gotica che permea efficacemente l’atmosfera globale dell’episodio; e in questa traccia la voce regala una delle sue performance migliori. Potente il dark-power-metal di ‘FORGOTTEN DISCIPLES’, un pezzo da novanta che funziona come finale infiammato in grado di afferrare l’ascoltatore per la collottola; è così entusiasmante che sembra concludersi troppo presto. Filler non ce ne sono e tutto è gestito con la massima cura senza perdersi in rivoli inutili, anzi valorizzando in maniera indispensabile i vari passaggi. La stilistica del gruppo tocca il power, inserti thrasheggianti ed una enfasi quasi sinfonica pur tenendosi lontano dal Symphonic-Metal vero e proprio.
Molti assoli in effetti sono classicheggianti ma inseriti in un contesto che rimane nettamente elettrico, così come spesso hanno fatto nella storia i Symphony X. In ogni caso l’italianità melodica è preservata diventando punto di forza e i vari pezzi esprimono compositivamente una onesta purezza artistica. Inoltre si fanno sentire anche inflessioni gotiche per quanto limitate quantitativamente. L’arrivo nuovamente nel 2021 in ‘Eos’ del tastierista Smirnoff si era sentito eccome, e qui ancora si impegna col suo modo deciso e potente, sempre ben integrato nel tessuto sonoro ma anche emergendo con colpi di testa solisti. Per la vocalità si è trovato un cantante incisivo che sa donare ampiezza esecutiva e colore emotivo, nel brano meno irruento ‘Wings of Emptiness’ addirittura c’è una sfumatura calda alla Jorn Lande. La sei corde non deborda mai troppo ma impatta o blandisce sempre con assoluta padronanza della situazione. Ascoltare gli Eldritch significa ascoltare la storia ma anche l’attualità perché il loro sound è stato sempre moderno come altre band tipo DGM, mai proponendo musica nostalgica pur confermando se stessi. Probabilmente non il loro miglior full-lenght, ma per qualcuno potrebbe essere solo una questione di gusti visto che anche qui respiriamo bellezza, qualità e preziosità ideativa.
Roberto Sky Latini