DI’AUL

EvAAvE

A circa un paio d’anni di distanza dal loro ultimo disco Abracamacabra ci troviamo di fronte a Evaave che prosegue nel dare titoli quanto meno strani. La band di MoMo però non delude le aspettative e prosegue il discorso musicale con il loro doom pesante che anche in questo nuovo lavoro mostra una band ben rodata. Il disco si ascolta senza problemi di sorta anche per merito di una produzione che valorizza l’asfitticità delle atmosfere cupe ed oscure che la band riesce a creare. Questo è anche dovuto ad un suono ormai collaudato e la chitarra super distorta di Lele la voce di MoMo senza nulla togliere agli due compagni Rex al basso e Jeremy alla batteria, che sono i principali ideatori dei riff dei DI’Aul ma che senza l’apporto del resto della band non avrebbero ragion d’esistere.Se nel disco precedente il doom dei DI’Aul era più diretto e crudo, qui il suono si fa più stratificato e atmosferico. Le chitarre di Lele mantengono la loro distorsione pesante, ma giocano di più con riverberi delay e Wah-wah, creando paesaggi sonori quasi psichedelici. La sezione ritmica è meno serrata e più dilatata, con un basso che non si limita a seguire la chitarra ma costruisce una profondità ipnotica. Jeremy alla batteria adotta un approccio più dinamico, con cambi di ritmo sottili che mantengono la tensione costante.Questa evoluzione dimostra come la band abbia deciso di spingersi oltre i confini del doom tradizionale, abbracciando sfumature più complesse.

Evaave si dipana in otto canzoni che hanno una durata media di circa sette minuti e mezzo più o meno e nessuna di esse ha dei ritmi serrati che sono piuttosto dilatati ed avvolgenti il minimo comune denominatore che unisce le canzoni del disco sono i Black Sabbath del primo periodo lo dico perché nei meandri della musica dei D’I Aul si evince anche una certa influenza psichedelica propria del doom e del desert rock ecco in questo disco l’aspetto musicale rispetto al primo disco è proprio questa sensazione desertica che esce fuori e che contribuisce parecchio nel creare quest’ atmosfera legata agli anni settanta dove vigeva un forte movimento musical/esoterico.
Tutti i brani sono significativi tra questi però quello che ha colpito la mia attenzione è senza dubbio “Petricore”, una canzone dal significato profondo perché agisce come una sorta di “snodo centrale”. Se le tracce iniziali di Evaave sono più orientate verso il doom puro, Petricore introduce un cambio di atmosfera, aprendo la strada a sonorità più esplorative. Il titolo Petricore richiama quell’odore unico della terra bagnata dopo la pioggia, una sensazione che ha qualcosa di primordiale e ciclico. Questo concetto si riflette nei testi, che sembrano esplorare il tema del rinnovamento attraverso il decadimento. Le parole di MoMo evocano immagini di desolazione e rinascita, come se la pioggia, purificatrice, lavasse via il passato per lasciare spazio a qualcosa di nuovo, anche se oscuro e misterioso.

C’è una forte componente simbolica: la terra bagnata può rappresentare la memoria, i ricordi sepolti che riaffiorano dopo una tempesta emotiva. Il linguaggio poetico e criptico lascia spazio a diverse interpretazioni, ma il filo conduttore è il legame viscerale con la natura e i suoi cicli inarrestabili è un brano che funziona sia come climax emotivo che come ponte tra le diverse sfumature dell’album. La sua posizione strategica nella tracklist aiuta a spezzare la monotonia e offre un momento di riflessione prima di immergersi nuovamente nelle sonorità più cupe e aggressive delle tracce successive.Evaave rappresenta un’evoluzione naturale e consapevole nel percorso dei DI’Aul, un disco che riesce a mantenere salde le radici doom della band, ma che al tempo stesso osa esplorare territori nuovi.

L’atmosfera cupa e opprimente che caratterizzava Abracamacabra è ancora presente, ma qui si arricchisce di sfumature psichedeliche e desert rock, che donano ai brani una profondità e una complessità inedite.Il suono dei DI’Aul si fa più maturo, grazie anche a una produzione che valorizza ogni dettaglio: dalle chitarre distorte e cariche di riverberi di Lele, alla sezione ritmica solida e pulsante di Rex e Jeremy, fino alla voce di MoMo, capace di alternare momenti graffianti a passaggi più evocativi e ipnotici.Le otto tracce di Evaave si sviluppano su tempi dilatati e atmosfere avvolgenti, creando un’esperienza d’ascolto quasi ritualistica. Brani come Petricore dimostrano la capacità della band di fondere la pesantezza del doom con una tensione psichedelica che richiama le sonorità degli anni ’70, senza mai risultare forzata o derivativa.In definitiva, Evaave è un album che non si limita a confermare quanto di buono i DI’Aul avevano già mostrato, ma che segna un passo avanti importante nella loro evoluzione artistica.

Un lavoro che piacerà sia agli amanti del doom più classico sia a chi cerca nella musica pesante un viaggio sonoro fatto di sperimentazione e atmosfere profonde. Un disco da ascoltare tutto d’un fiato, lasciandosi trasportare dalle sue onde sonore cupe e affascinanti.

Stefano Bonelli

Duende
Tar Wings
Mad Dalena
Petricore
Succubi et Incubi
F.O.M.O.
Geosmina
EvAAvE

MoMo –vocals
Lele –guitar
Rex – drums
Jeremy – bass