Naurora

Dopo le escursioni nell’hard rock e nella musica classica, ‘Naurora’ vede Dewa Budjana tornare a ciò che sa fare meglio, eseguendo jazz fusion condito con i suoni dell’Asia meridionale e orientale, rock progressivo e grandi arrangiamenti cinematografici.

Molti ospiti famosi si uniscono a Dewa in questo, tra cui Joey Alexander, Gary Husband, Dave Weckl, Paul McCandless e molti altri. “Naurora” continua una tendenza che abbiamo visto di più negli ultimi tempi, e cioè un CD la cui lunghezza è uguale alla lunghezza di un LP in vinile. Ottanta minuti di musica possono essere faticosi, mentre circa quaranta minuti sembrano essere giusti.

Le migliori tracce di ‘Naurora’ arrivano presto con le prime tre in testa. L’apertura dell’album e la title track, ‘Naurora’, mostrano ciò in cui Budjana è il migliore. Qui abbiamo quella grande produzione in stile colonna sonora all’interno di un arrangiamento multi-sezione che spesso utilizza figure di tipo gamelon indonesiano. All’interno di questo arrangiamento ci vengono dati lunghi assoli di Dewa, così come Joey Alexander al piano. La canzone successiva, ‘Swarna Jingga’, continua con gli arrangiamenti sontuosi e introduce Mateus Asato alla chitarra. Per quanto Budjana sia bravo, è quasi escluso da Mateus, che esegue un ottimo scambio con Dewa. Forse il miglior numero dell’album è la ballata, Kmalasana”. Questa è una bellissima melodia suonata su una chitarra che è in grado di piegare le note in stile sud asiatico. Man mano che la canzone cresce, le linee di chitarra ripetute suonano come una grande opera dei Genesis della metà degli anni ’70, mi aspettavo quasi che la voce di Phil Collins arrivasse alle stelle per l’ultimo ritornello.

Il resto dell’album è buono, ma sono quei primi tre che brillano davvero. Dewa merita davvero di essere meglio conosciuto tra coloro che apprezzano i virtuosismi della chitarra fusion. Se ti piacciono artisti come John McLaughlin e Alan Holdsworth, allora ci sono buone probabilità che questo album, così come molti altri suoi, ti piaccia parecchio.

Stefano Bonelli