Deteriorot

The rebirth

Una delle frasi più celebri di Forrest Gump è “la vita è come una scatola di cioccolattini,non sai mai quello che ti capita”,ecco, l’underground è perfettamente paragonabile a una enorme scatola con centinaia di incavi in cui sono riposti i cioccolattini,e al di là del colore,della forma,della presenza o meno di una spolverata di zuccherini o delle nocciole macinate,conta sempre e solo il momento in cui ne prendi uno e lo spari in bocca per gustarlo;

i Deteriorot sono praticamente uno di questi cioccolattini riposti in mezzo ai tantissimi altri e tocca a me adesso gustarne il sapore.Fondati nel 1988 da Paul Zavaleta(chitarrista,vocalist e composer della band in questione) ed apparsi nel 1992 con la loro prima demo,in America era il periodo storico in cui dal pieno delle fiamme dell’inferno sorgevano gli astri nascenti del death metal (che ovviamente non sto qui ad elencare perchè ci vorrebbe una intera recensione addizionale solo per crearne un elenco).

Una band che è quasi sempre rimasta nella sua zona di confort,considerate che dopo il primo Ep ufficiale del 1993,il loro primo album risale al 2001(“In ancient beliefs“) e solo 9 anni dopo(2010) pubblicano “The faithless“,arrivando pian piano ,dopo un altro Ep del 2015,ai giorni nostri con questo “The rebirth”,titolo palesemente riferito alla nuova linfa vitale della band.Ancorati ad un tipo di death metal old school riconducibile a band del tipo primi Bolt Thrower,primi Incantation,primi Immolation,i Deteriorot non sono mai stati fortunatissimi,testimoni soprattutto i lunghi periodi di pausa trascorsi tra le poche release venute a galla e della quale non se ne conoscono le motivazioni.

Quest’anno ,gli americani in questione tornano a far parlare di sé con questo disco della durata di circa 30 minuti da cui vengono fuori, dopo un intro doom dal chiaro sapore sabbathiano,8 tracce di death che secondo me negli anni 90 avrebbero avuto la loro buona visibilità;oggi mi tocca ascoltare e descrivervi una release che è palesemente in ritardo coi tempi,prodotta discretamente bene ma che ahimè risente di composizioni noiose e di un cantato abbastanza brutto che si colloca tra l’orcish e un classic death tipo Karl Willetts dei primi tempi senza profondità né fiato.

Basta iniziare ad ascoltare le prime due “Dark embrace” e “Return to rot” per rendersi subito conto che l’ancora gettata anni fa in realtà è rimasta incagliata chissà dove e mai più recuperata,con due/tre riffs si possono fare grandi pezzi ma in questo caso,così come collocati,risulta solo e semplicemente una sequenza anonima e priva di sviluppi, con un filo conduttore unico e monotono che poco esalta l’ascoltatore trasportandolo quasi subito in una condizione di noia che non è per nulla gradevole.

Proseguo scoraggiato con “A nameless grave”,pezzo mid tempo un pò più gradevole in cui i sentori dei primi Immolation si fanno vivi,ma che a causa della scarna composizione e di un cantato che secondo me non sta né in cielo né in terra, rendono il pezzo privo energia e ripetitivo,la presenza di un paio di assoli non cambiano l’essenza dei 3:44 minuti appena ascoltati.Malgrado la quasi totale assenza di un suono di basso,la produzione ed i suoni ricordano molto quello che fu “Mercenary” dei Bolt Thrower,peccato,perchè io una base di partenza ce la sento ma di fronte a pezzi che in realtà non partono mai rimango sempre un pò deluso,ed ascoltando anche la title track rimango inchiodato nel mio status di alessitimia totale;”Reanimate” è un pò piu ascoltabile,le accelerazioni presenti nel pezzo già tendono a dire qualcosa in più.

In “Political evocation” c’è un piccolo cambio di sound delle chitarre e qualche piccolo passaggio un pò più frivolo e qualche tempo un pò più veloce non cambiano la sostanza della natura di questo disco,stesso discorso vale per “Haunting” che ha pure una chiusura anonima e lasciata al caso….Così arrivo a “Unholy rebirth“,ultimo pezzo di questa release,lento e dai sentori doom con una melodia portante che conduce comunque a una certa evoluzione e che rende la composizione un pò più varia e gradevole;in tutti i casi,finisco di ascoltare un lavoro che risente molto di una mancanza di maturità che è stata erosa dal tempo e in cui la qualità delle composizioni incatena la band a uno stato di sufficienza imbarazzante.Peccato.

Giuseppe Musso

 Undead (Intro)
Dark Embrace
Return To Rot
A Nameless Grave
The Rebirth
Reanimate
Political Evocation
Hauntings
Unholy Rebirth

Paul Zavaleta  – vocals, guitars
James Goetz  – drums
Travis Meredith – bass
Jake Atha – guitars (rhythm)