Desert Twelve

The last dark Wood

Il panorama italico ben si confà alle venature hard ammalianti tra pacatezza e distorsione, che in qualche modo sono più italiane di certo heavy irruento. La natura, monti e terre rocciose, di cui siamo pieni nella nostra penisola, posseggono magia e trascendenza

tale che la musica espressa qui vi è in qualche modo collegata. Inoltre questi musicisti sanno leggere bene la materia e la plasmano con curata avvedutezza. Un secondo lavoro che possiede malìa per farsi piacere, la qualità ne è essenza piena e vi si respira una certa raffinatezza pur se alcuni passaggi non sono messi a fuoco del tutto. In realtà questa opera appare come un disco d’anima e non una parata di tecnica; le capacità strumentali sono di ottima fattura, ma i nostri non se la tirano, e infatti tutto scorre per alimentare le sensazioni e non soffermarsi sui tecnicismi che pure ci sono.

‘TO BE THE KING’ nasce attraverso la rarefazione di un tessuto sonoro placido, e inserisce evanescenze che attraverso cambiamenti processuali aumenta di tono fino alla distorsione calda che fa terminare l’evanescenza per divenire concretezza dentro una parte solista lunga e bella; un brano di sei minuti che da solo appare come un viaggio completo. ‘THE DRAGON’ impianta una trama elettrica su cui la voce declama un pathos suadente, il pezzo è un bell’hard & heavy che ben si sarebbe inserito nel contesto NWOBHM degli anni ottanta. Si trova una certa leggerezza in ‘ELEVEN MAGIC KISSES’, che però non evita una calorosa verve solista e strumentale più rockeggiante. ‘THE MOON’ incalza col suo ritmo dall’anima blues-rock, e diventa uno dei momenti più ipnotici senza però utilizzare troppa psichedelìa o giri circolari fini a se stessi, dove la chitarra solista prova ad emettere qualche suono riverberato ma solo accennandovi; la cadenza ritmica ne fa un ottimo pezzo da concerto. L’insieme di canzoni è in grado di suscitare emozioni, anche se in alcune situazioni non viene espresso il massimo del potenziale ivi contenuto, come per esempio in ‘Echidna’ dove il ripetitivo andamento è lasciato troppo solo a se stesso e dove la bella ripresa soft della voce si ferma purtroppo subito, non elaborando ciò che sembrava promettere per entrare in modo troppo immediato, nella coda finale; ma è soprattutto ‘Bikini Since 1946’ a perdere un po’ il filo non trovando una evoluzione arricchente ed esaustiva indebolendo una traccia che comunque era un’ottima idea.

L’ugola femminile determina un fascino ben amalgamato con la verve strumentale, e nonostante essa non sia cattiva, in alcuni casi riesce a fornire un tono ben accentato, sebbene di solito scelga di essere meno scattante e più sinuosa, cosa questa che le viene assai bene. Il ritmo è dinamico, mai eclettico, eppure solitamente abile a giocare sulla variabilità delle varie sezioni strutturali. La chitarra sforna riff densi, non sempre strettamente Stoner, sebbene tale genere affiori varie volte. Parlare totalmente di Stoner è un po’ improprio visto che l’heavy tradizionale impone la sua presenza in diversi momenti, ma di certo la polvere desertica vi trova le sue vivide parti come avviene in ‘The first underworld Dawn’ dal rotondo doom. Non è un disco difficile da seguire; è evidente l’orecchiabilità ideata, e i giri riffici di chitarra sono scorrevoli, ma tale fruibilità non li cataloga tra i gruppi leggeri, che anzi si respira una bella pregnanza sonora. Gli anni settanta si mescolano a feeling ottantiani come avveniva saporitamente a cavallo dei due decenni, eppure non appare un’opera vintage, evitando con sapienza trappole che avrebbero potuto renderli scontati, e lasciando così emergere un certa interessante personalità.

Roberto Sky Latini

To Be The King
The Dragon
Bikini Since 1946
Eleven Magic Kisses
The Moon
Echidna
The First Underworld Dawn
The Last Dark Wood

Vittoria Ipri – vocals
Gabriele Finotti – guitar
Alex Viti – guitar
Davide Radicelli – bass
Luca Dabergami – drums