Delain

Dark Waters

Nel 2020 uscì sul mercato  l’ultimo disco con la presenza della cantante Charlotte Wessels, il sesto della band olandese con lei, un ‘Apocalypse & Chill’ che fu bella pubblicazione, non banale, tra i migliori della loro discografia.

Purtroppo questo attuale è invece una delusione, e per quanto la nuova singer sia simile per tipologia, si sente che non ha la stessa caratura. MA la colpa non è la sua, sono le composizioni a risultare troppo canoniche, mancando del guizzo giusto. Non un lavoro semplicemente sufficiente, però non certo qualcosa che lasci una traccia importante; si tratta di un settimo full-lenght  che toglie la credibilità fin qui conquistata con gli ultimi tre lavori dal 2014. Mentre i conterranei Within Temptation scendevano di qualità (e parecchio), i Delain salivano e dicevano a tutti come è che si costruisce musica commerciale valida, e valida anche artisticamente. Non è perciò il senso commerciale in se stesso a rovinare la festa. E quindi? Già dal la prima traccia ‘Hideway Paradise’ si percepisce la semplice volontà di fare qualcosa di catchy, accontentandosi di trovare una melodia accattivante ma limando qualsiasi accentazione o punta ficcante. E la cosa si ripropone alla stessa debole maniera in quasi tutte le song presenti. In particolare colpisce come tutte inizino con accordi o partiture iperscontate, magari migliorando con la linea melodica o con alcune riffiche successive, ma alla partenza di ogni brano sembra che non ci sia nulla di particolare. Per ciò che concerne il valore generale, forse solo due composizioni raggiungono il livello dell’album precedente. La prima delle due è ‘THE QUEST AND THE CURSE’ che essendo al secondo posto nell’ascolto fa credere di poter ben sperare con il prosieguo della fruizione.

E’ un pezzo epico che vince per la melodia non lineare, pervenendo ad una certa eleganza e con un tocco di ricercatezza nell’arrangiamento; ed è anche una delle migliori interpretazioni della frontwoman. L’altra bella traccia è ‘MIRROR OF NIGHT’ che inizia anch’essa banalmente ma riesce a risalire la china con una verve ritmica tonica cadenzata e ballabile su cui la vocalità rarefatta fa un bell’effetto scenico per il senso melodico scritto con avvolgente orecchiabilità. Da segnalare, per la difficoltà a lasciarsi andare, ‘MOTH TO A FLAME’ che è divisa in due parti, una quasi pop stile Abba, l’altra invece sferzante con un bel rifframa densamente metallico, e con strofe dure che sono meglio riuscite rispetto al ritornello, lo stesso refrain che apre il pezzo. Quest’ultimo episodio appunto è l’evidenza di come il gruppo abbia paura di uscire dai binari in cui si è immesso, per voler a tutti i costi farsi ruffiano ed accattivante in senso eccessivamente commerciale, ma sarebbe anche il segno di come i Delain avrebbero delle carte da giocare. Tra i brani minori la compatta ‘Underland’ è forse quella maggiormente interessante per una certa evocatività, ma paragonata alle cose medie del sinfonismo decennale del metal, appare una mera ombra.

E’ da considerare negativo l’approccio compositivo che non prevede assoli di alcun genere, né tastieristico, nè chitarristico, per immettervi passaggi sonori di solito un po’ troppo deboli, seguendo clichè ipersfruttati che evitano qualsiasi spessore. Se un solo c’è, come quello presente in ‘Beneath’, è inutile per la sua banalità. Il problema non sono solo quindi le linee melodiche, ma proprio l’assenza di ispirazione; e sembra che ogni interesse si riduca a quello di usare il mestiere per entrare in un mercato superficiale, ma anche in tal senso l’obbiettivo fallisce. Né goticismo sinfonico serioso, né leggerezza funzionante, e l’elettronica non dona nulla alle tracce, ma anche l’enfasi utilizzata in alcuni momenti non possiede colore né arguzia. Alla fine la voce non è male, e sicuramente ha delle potenzialità, anche le forme usate sono ineccepibili esecutivamente, ma rimangono un mero esercizio di stile. In realtà all’ascoltatore che si approccia  per la prima volta ad un ascolto di genere gotico-sinfonico, ‘Dark Waters’ potrebbe sembrare un prodotto senza difetti, formalmente precisino, ma per chi è un ascoltatore d’esperienza è chiaro tutto il senso derivativo di un album come questo. Canzoni certamente piacevoli, ma eccetto le tre nominate in senso positivo, tutte dimenticabili. Se quest’anno si vuole avere musica gotico-sinfonica diretta e commerciale in senso ottimo, bisogna ascoltare il quinto album dei tedeschi Beyond The Black che battono di gran lunga i Delain di oggi.

Roberto Sky Latini

Napalm Records
www.delain.nl

Hideaway Paradise
The Quest and the Curse
Beneath (feat. Paolo Ribaldini)
Mirror of Night
Tainted Hearts
The Cold
Moth to a Flame
Queen of Shadow (feat. Paolo Ribaldini)
Invictus (feat. Marko Hietala & Paolo Ribaldini)
Underland

Diana Leah – vocals
Ronald Landa – guitar
Ludovico Cioffi – bass
Sander Zoer – drums
Martijn Westerholt – keyboards