Dario Sansone
Santo Sud
“Santo Sud” è il primo album solista di Dario Sansone. Frontman dei Foja, regista, disegnatore, direttore artistico e autentico cantore del Mediterraneo, Sansone sceglie di mettersi a nudo con un disco che va ben oltre il formato canzone: è un atto di fede artistica, un diario di viaggio interiore, un ponte tra l’umano e il sacro, tra la polvere del Sud e l’oro del cielo. Pubblicato l’11 aprile 2025 per INRI/Metatron e registrato tra Napoli e Parigi sotto la produzione raffinata del francese Seb Martel, “Santo Sud” è un concept album che si presenta come un mosaico emotivo e sonoro, capace di tenere insieme le contraddizioni di un uomo e del territorio da cui proviene. È un disco che parla di radici e di distacco, di identità e trasformazione, di poesia e ribellione.
Il titolo stesso è una dichiarazione poetica e politica. La santità – ciò che è alto, puro, irraggiungibile – si fonde con il Sud, simbolo di ciò che sta in basso, marginale, spesso dimenticato o svilito. Eppure, è proprio in questo Sud che Sansone scorge una luce, una via, una verità: “Il Santo Sud è il punto di incontro tra queste due estremità”, spiega l’autore. Ed è lì che il disco trova la sua anima. Il concetto si sviluppa lungo le dodici tracce del disco, che compongono una narrazione coerente e fluida, dove ogni brano è una tappa di un viaggio iniziatico. Non c’è spazio per la retorica né per le convenzioni: la musica segue il battito del cuore, la voce scava nel dolore e nella meraviglia, e le parole – spesso in napoletano – diventano strumenti di resistenza e di bellezza.Dal punto di vista musicale, “Santo Sud” è una fusione riuscita di linguaggi diversi. La canzone d’autore si apre a contaminazioni che arrivano dalle sponde opposte del Mediterraneo: pizzica, suoni arabi, ritmi africani e sudamericani, ballad folk e tradizione partenopea che si intrecciano.Il disco si apre con “Where Is My Place?”, una domanda esistenziale che risuona in italiano su una base delicata ma carica di tensione emotiva. Lì si pone subito il tema centrale del disco: la ricerca di un luogo, fisico e spirituale, in cui sentirsi interi.
Segue “Mamma”, brano dirompente e rituale, che mescola strumenti della tradizione come accendini e cucchiarelle (grazie all’estro di Ciccio Merolla) a cori potenti e voci femminili (quelle di Irene Scarpato e Simona Boo) in un crescendo che ha il sapore di una preghiera urbana. Qui il Sud non è solo geografico, ma madre, ventre, grido.La title-track “Santo Sud” è una delle vette del disco: una ballata poetica e dolente in cui Sansone mette in scena il proprio pellegrinaggio artistico. Le influenze francesi si fanno sentire nella delicatezza degli arrangiamenti, ma è il testo – in equilibrio tra sacro e profano – a conquistare.“Sole” e “Cu’ Ddoje Parole” sono esempi di raffinata scrittura cantautorale, in cui la melodia incontra testi densi di immagini e significati. In particolare “Cu’ Ddoje Parole” brilla per l’essenzialità: due parole bastano, a volte, per cambiare il corso di una vita.
Poi arriva “‘Na Poesia E ‘Na Jastemma”, un capolavoro di dualismo. È poesia e maledizione, come suggerisce il titolo, con una tensione narrativa che ricorda le migliori pagine della canzone napoletana contemporanea. Una canzone che da sola basterebbe a spiegare il disco.“Namoury”, dal titolo che richiama lontane influenze africane, è un inno alla contaminazione, alla mescolanza. Qui la produzione di Martel e il mix di César Urbina regalano sonorità eteree ma pulsanti, dove la voce di Sansone diventa quasi strumento tra gli strumenti.“L’Ammore Succere” e “La Legge del Potere” rappresentano invece il cuore politico dell’album. Se la prima è un’ode all’amore che accade, che trasforma e sovverte, la seconda è un’aspra riflessione sulle dinamiche del potere contemporaneo. Brani diversi, ma entrambi carichi di significato.“La Nostra Canzone” è una carezza nostalgica, quasi una serenata, mentre “‘A Vita mia”– ancora con Merolla alle percussioni – chiude il cerchio emotivo con una dichiarazione di appartenenza profonda: “è a vita mia, e nun me ne vaco”.
A chiudere il disco è “La Canzone del Sol (Maggiore)”, brano che racchiude l’essenza dell’intero album: un piccolo teatro musicale in cui trova spazio anche il cameo recitato di Gianfranco Gallo, che aggiunge pathos e ironia.Ma “Santo Sud” non è solo un disco. È anche un concerto teatrale e un libro illustrato (“Santo Sud – A Poetry Sketchbook”, ed. Comicon), taccuino di viaggio tra poesie, disegni e testi che accompagna l’ascoltatore/lettore in un percorso immersivo. L’interdisciplinarietà è una cifra distintiva del lavoro di Sansone: un artista poliedrico che ha fatto dell’incontro tra linguaggi la sua cifra stilistica.Lo dimostra anche il suo passato eclettico: regista d’animazione, autore di graphic novel, musicista, sceneggiatore e animatore, Sansone ha attraversato mondi diversi con uno sguardo coerente e sensibile. Il suo lavoro nei film d’animazione (Gatta Cenerentola, L’Arte della felicità, Yaya e Lennie), nelle colonne sonore e nei progetti musicali (Foja, Tarall\&Wine, Capitan Capitone) ne fanno uno degli autori più interessanti della scena artistica italiana contemporanea.“Santo Sud” è un album importante, necessario, che parla al cuore e alla testa. È un’opera di resistenza emotiva in un’epoca in cui tutto è mercificato e accelerato. È un richiamo alle radici, ma senza nostalgia. È un grido di dolore e un inno alla speranza. È un viaggio che non finisce, perché il ritorno è sempre possibile.
Con questo disco, Dario Sansone non solo conferma il suo talento, ma si consacra come voce necessaria del Sud contemporaneo. Un Sud che non chiede elemosine, ma offre arte, bellezza e spiritualità. Un Sud che è, davvero, santo.
Anna Cimenti
Quando si fa parte di una band per tanto tempo ad un certo momento viene foglia di scrivere qualcosa che faccia parte del mondo personale ed è così che nasce il nuovo disco di Dario Sansone già leader dei Foja una band storica napoletana. Santo Sud è il titolo del disco che sancisce a tutti gli effetti l’inizio di una carriera solista che speriamo longeva e ricca di intuizioni come in effetti è questo disco d’esordio. Santo ha subito una gestazione particolare essendo stato lavorato tra Parigi e Napoli. IL disco contiene ben dodici tracce ed è molto vario nella sua esposizione in quanto riflette il modus operandi del nostro, spaziando tra varie contaminazioni che vanno dalle influenze arabe alla pizzica salentina, all’africa e al sud america, con suoni ancestrali e ballad andando ovviamente alla canzone napoletana. Un lavoro che gode di una varietà di suoni che ci permette un ascolto piacevole in tutta la durata del disco.
Di certo la musica folkloristica nostrana è un qualcosa che ti permette nel mood della regione che ti sta trasmettendo emozioni ed ogni regione ha la sua particolarità e Napoli non sugge ha questo concetto che con artisti come Dario Sansone ti da la possibilità di vivere in prima persona quello che stasi vivendo in quel dato momento mentre ascolti la sua musica. Santo Sud è infatti un esperienza non solo musicale ma anche ancestrale per alcune musicalità che si colgono durante l’ascolto.
Canzoni come “Cu’ Ddoje Parole” suggestiva per l’atmosfera che creano non solo le percussioni strumento principale non solo per questa canzone ma un po’ per tutta la durata del disco, ti colpisce per questa intimità che Sansone cerca quasi spasmodicamente per farti entrare nel suo mood. L’Ammore Succere ha questo mood del tutto particolare canzone nata dalla preponderante presenza delle percussioni vero e proprio strumento d’inclusione aspetto a cui il nostro Dario tiene in modo del tutto personale. Le percussioni da sole sono in grado di farti muovere a tempo di musica come nessun altro strumento può.” Na Poesia E ‘Na Jastemma” è un altro momento il cui ritornello della canzone ha un quid medievale momento principale della canzone stessa. In conclusione questo lavoro ci racconta in modo diverso i sentimenti di un artista legato per il grande per la sua città e Santo Sud la racconta in tutto e per tutto .
Stefano Bonelli