Crobot

Feel this

Suoni caldi, vigorosi, grassi per un Hard Rock potente che però sostiene vivamente anche bordate più metalliche. Siamo al quarto full-lenght dal 2014 per questi ispirati americani, e non si intravedono cali di tensione rispetto al passato, per una musica dinamica e tutta energia.

L’impeto della prima traccia ‘ELECTRIFIED’, scatena subito le fibre muscolari in una vibrazione sostenuta nei ritmi e nella riffica. Maggior groove nella suadente e densa ‘DIZZY’ che ricorda la vocalità e lo stile dei Diamond Head più pesanti, con la sua cadenza middle-time, per un brano più introspettivo degli altri, ma non meno duro. Il rockeggiare settantiano di ‘BETTER TIMES’ ricorda sia l’americanismo dei Grand Funk che l’anglofonia dei Deep Purple, dove si aggiungono armonica e cori a salare una già gustosa portata. ‘Golden’ potrebbero averla scritta sia i Red Hot Chilly Peppers che i Foo Fighters, a colorare in maniera ibrida una verve che questa band dipinge sempre in chiave Hard Rock, ma lasciando trapelare anche ascolti più moderni. ‘WITHOUT WINGS’ è ciò che di più simile ad una ballata in questo disco il gruppo sia riuscito a fare, in realtà è solo una sofficità iniziale perchè poi ci pensa il successivo avanzare tosto di una ritmica incombente, anche se non originalissima, a cambiare le carte in tavola; qui chitarra e voce si fanno epiche, e il finale pseudo-psich rallenta pachidermicamente dando un tono più seriroso. Invece con ‘LIVIN’ ON THE STREETS’ si vira verso il divertimento rock’n’rolling e si sforna un classicismo di antica memoria, pieno di sudore e fumo.

E il divertimento usa anche lo stile glam/street  quando arriva ‘Dance with the Dead’, dove però non si cede alla banalità e ci si può muovere al ritmo della batteria a pugni alzati, perfettamente calandosi in una dimensione live. Se la penuria di assoli ci ha fatto soffrire, ecco ‘STARING STRAIGHT INTO THE SUN’ che prova a farsi perdonare, ma non abbastanza che ci sarebbe voluto un solismo ben più lungo; un po’ lo stile ci fa venire in mente i Black label Society, ma il gioco tra morbido e tonico che esplicita, dà forma ad un piacere suggestivo. Con ‘Holy Ghost’ si tocca il tasto Nirvana ma con un ritornello che esce però da quella stilistica, ancora una volta facendo notare che la band non è monolitica in alcun senso. L’incedere iniziale di ‘Never break Me’ non è da scambiare con qualcosa dei Knack, ciò che avviene dopo infatti non ha nulla a che farci; è la traccia meno orecchiabile del lotto, in quanto cerca e trova una dimensione poco commerciale che fa bene all’ascolto.

Le linee melodiche sono orecchiabili ma mai pop, mantenendo un tasso heavy-rock molto alto. Le sinergie strumentali passano dal greve sformato Stoner a più classici riff hard, non mancano passaggi interessanti che legano le parti, ma mancano gli assoli, che se in alcuni brani non si fanno desiderare, essendo perfetta la song, in altre latinano lasciando una aspettativa insoddisfatta. Gli assoli sono sangue arterioso per questo tipo di sound, e quindi più volte non farli è una pecca, però alla fine la maggior parte delle composizioni sono esaustive e quindi l’album funziona senza troppo danno. Ci pensa infatti la ritmica chitarristica a caricare caratterialmente come si deve una scrittura piena di umori mordaci. L’ugola è in grado di rendere guizzante e tesa ogni interpretazione dentro canzoni scritte con maturo convincimento.  E’ un disco per chi comprende la natura verace del rock di cui il metallo è composto, quindi un lavoro che conduce alle radici essenziali di quella che è una musica molto istintiva.

Roberto Sky Latini

 

Electrified
Dizzy
Set You Free
Better Times
Golden
Without Wings
Livin’ on the Streets
Into the Fire
Dance with the Dead
Holy Ghost
Never break Me
Staring straight into the Sun

Brandon Yeagley – vocals / harmonica
Chris Bishop – guitars, backing vocals
Tim Peugh – bass
Dan Ryan – drums