Copia Risorse Umane
Triplice Duplice
Nel nostro mondo confuso e alienante del terzo millennio, tra notifiche che ci piovono addosso e una solitudine sempre più resa come normalità, il gruppo Risorse Umane torna con un lavoro che sa di strano accostamento emozionale: “Triplice Duplice Copia”, un EP che riesce ad accendere una scintilla di spiritualità tra le macerie dell’esistenza urbana. Questo secondo capitolo del loro nuovo percorso artistico si compone di quattro brani – “Io, te e gli oggetti del Profondo Cielo”, “Per chi lo fai”, “Anfield” e “Dovresti ascoltare i Diaframma” – e si pone come una vera e propria esplorazione nelle parti dell’anima contemporanea.Il titolo stesso, “Triplice Duplice Copia”, sembra quasi una presa in giro del linguaggio che usiamo nel nostro quotidiano. C’è ironia, ma anche un’intenzione profonda: quella di trovare, in un universo disumanizzato, un residuo autentico di umanità. Le Risorse Umane si pongono come mediatori tra il mondo freddo della produttività e quello fragile delle emozioni, tra l’asfalto e l’invisibile.
Il brano d’apertura, “Io, te e gli oggetti del Profondo Cielo”, è un manifesto sonoro. Ipnotico, avvolgente, con sintetizzatori che oscillano tra sogno e inquietudine, ci accompagna in un viaggio interiore dove la tecnologia diventa telescopio sull’inconscio. Il testo è un mosaico di immagini rarefatte: oggetti del cielo profondo, come se anche le relazioni affettive potessero essere catalogate come galassie lontane e misteriose. È un brano che non urla, ma sussurra nelle frequenze basse, costruendo un’atmosfera densa e contemplativa. È l’inizio perfetto per un percorso che guarda all’introspezione con lucidità quasi clinica, ma mai fredda.
Segue “Per chi lo fai”, probabilmente il brano più diretto e rabbioso dell’EP. Qui la band punta tutto su una tensione crescente, quasi esplosiva. La voce si fa più tagliente, le chitarre si sporcano, la batteria batte un tempo che sa di marcia interiore. È un brano che interroga e si interroga, scavando nell’ossessione moderna della performance: “Per chi lo fai?” non è solo una domanda retorica, ma un pugno nello stomaco rivolto a chi si perde nel bisogno di approvazione, nella continua rincorsa al risultato. C’è disillusione, ma anche un’accusa implicita al sistema che ha trasformato ogni gesto in una merce da validare. Musicalmente, il pezzo alterna momenti di urgenza quasi punk a pause sospese, come se anche il ritmo stesso fosse vittima di un attacco d’ansia.
Il terzo brano, “Anfield”, rappresenta un momento di grande delicatezza emotiva. Il titolo, che richiama lo stadio del Liverpool, potrebbe far pensare a qualcosa di epico, ma la band lo trasforma in un luogo della memoria intima, un campo da gioco interiore dove si consumano piccole vittorie e grandi sconfitte personali. La melodia è dolce, malinconica, quasi fragile. Gli arpeggi di chitarra si intrecciano con una voce che sembra venire da un’altra stanza, lontana ma familiare. È una canzone che parla di attesa e speranza, del bisogno umano di credere in qualcosa – fosse anche solo una squadra di calcio o un amore che non si arrende. “Anfield” è la prova che la band sa lavorare anche lasciando spazio al silenzio e al non detto, in un equilibrio sempre instabile ma potente.
Chiude l’EP “Dovresti ascoltare i Diaframma”, brano che unisce ironia e nostalgia con una grazia disarmante. Il titolo, apparentemente casuale, è in realtà un richiamo alla scena new wave italiana degli anni Ottanta, ma anche un consiglio non richiesto, tipico di certi rapporti umani fatti di affetto e invadenza. Il testo si muove tra ricordi vaghi, piccole scene quotidiane e riferimenti musicali, costruendo un ritratto della giovinezza e dei suoi fantasmi. Musicalmente, il pezzo è costruito su un ritmo rilassato ma incalzante, con synth vintage e chitarre riverberate che evocano atmosfere sognanti, quasi cinematografiche. È una chiusura perfetta per un EP che ha saputo attraversare emozioni diverse con coerenza e originalità.
Nel complesso, “Triplice Duplice Copia” è un lavoro compatto e ambizioso, che conferma la maturità artistica delle Risorse Umane. Pur muovendosi in un contesto sonoro che mescola elettronica, post-rock e canzone d’autore, il gruppo riesce a mantenere una voce riconoscibile e sincera, senza cedere alle mode né rifugiarsi nel manierismo. Il concept dell’EP – la ricerca di senso nella banalità del quotidiano, la tensione verso una forma di mistica contemporanea – è portato avanti con intelligenza e sensibilità, senza mai risultare pretenzioso.
Con “Triplice Duplice Copia”, le Risorse Umane ci invitano a guardare sotto la superficie, a trovare poesia nei luoghi più insospettabili: tra le righe di una mail, nei rumori di un ufficio, nei gesti ripetuti di una vita apparentemente insignificante. È un invito ad ascoltare – davvero – non solo le loro canzoni, ma anche il mondo che ci circonda, con orecchie nuove e cuore aperto. Un piccolo grande disco, che lascia il segno.
Anna Cimenti