Claymorean
‘Eternal Curse’
Siamo al sesto full-lenght dal 2003 e la band serba è cresciuta; scrive con cognizione di causa riuscendo nella maggior parte dei pezzi a non essere derivativa. Insomma questi rocker sanno essere ficcanti e quadrati utilizzando uno stilema più che codificato con l’intelligenza di evitare il più possibile citazionismi. Pur essendo un album di soli otto pezzi (in realtà il primo è semplicemente un intro), esso risulta esaustivo ed il livello è alto grazie soprattutto a cinque pezzi, perché invece i due finali invece perdono di personalità e in effetti ricordando troppo certe cose già esistenti. Per esempio nella title-track ‘Eternal Curse’, il ritornello “Eternal Curse gives eternal Life” è la sequenza di note che viene cantata anche in ‘Still lovin’ You’ degli Scorpions; mentre la minisuite ‘Bannockburn’ che dovrebbe chiudere l’opera come grandeur risulta invece un compitino molto scolastico che si alza valorialmente solo con l’esuberante assolo finale.
‘BY THIS SWORD WE RULE’ è un fulgido attacco Power che esalta e colpisce; con un riffing compatto su cui si staglia una voce lacerante che ingaggia battaglia. Il bel ritmo a cavalcata di ‘UNDER THE SIGN OF THE CROSS’ gode anche di una linea melodica altamente piacevole che avvolge l’ascoltatore. Una cavalcata più rilassata suona in ‘BATTLE BORN’ che appare parzialmente introspettiva, sfiorando leggermente l’essenza dei mitici Manowar e con la chitarra solista, soprattutto per la doppia ascia, pure gli Iron Maiden; in questa traccia l’arrangiamento diventa piuttosto raffinato. L’anima rocciosa emerge con ‘300’ che alza la tensione battagliera del gruppo; la tesa e leggermente scura parte strumentale, pre-assolo e assolo, diventano uno dei momenti più belli dell’album. Ancora una bella cavalcata efficace con WIND BEFORE THE STORM’ che a parte il bel songwriting, riesce accattivante per il ritornello aperto e comunicativo perfetto da usare in sessione live: “I am the Flame that burns in the Night; I am the Voice the calls You to Fight”, e ci chiama enfaticamente, in quanto metal kid, a partecipare al fuoco heavy. Cinque episodi molto belli questi, i quali regalano lo spirito fatto superbene del puro heavy.
Nell’insieme la band suona un heavy metal simile a quello degli italici White Skull, sia per l’impostazione scritturale sia per il mood epico che crea lo stesso tipo di atmosfere, e la cosa riesce bene come agli italiani, come se i Claymorean fossero dei loro discepoli in grado di seguirne positivamente la scia. Anche l’ugola graffiante della roca singer femminile diventa un elemento che li fa accostare ancor di più a quelli. Ci sono poi le cavalcate alla Maiden, come però gli inglesi non sanno più fare. La cantante ruvida riesce nei momenti più morbidi a pulirsi, gestendo bene tanto la durezza quanto i brevi istanti di sofficità; ella appare più brava delle due cantanti femminili De Boni e De Palma dei White Skull. Le chitarra solista per quanto scintillante nei passaggi taglienti, è molto spesso foriera di lunghe orecchiabilità che ampliano il quadro espressivo, e la cosa funziona senza cadute di tono. Con un disco così, nonostante le pecche riguardanti i due episodi sopracitati, la band merita il riconoscimento della maturità.
Roberto Sky Latini