Cardiacs
LSD
A volte, i miracoli accadono. LSD, il primo album in studio dei Cardiacs dopo 26 anni, non è solo un disco ma è un evento. Un fantasma sonoro divenuto realtà, un atto d’amore e di fedeltà quasi religiosa all’eredità di un genio scomparso, Tim Smith. La sua pubblicazione, dopo un viaggio travagliato durato quasi vent’anni, segnato dalla tragedia della malattia e della morte del leader è di per sé una vittoria.Il progetto LSD nacque nel 2008, ma un infarto catastrofico interruppe tutto, lasciando Tim Smith con una distonia permanente fino alla sua scomparsa nel 2020. Completare un’opera così frammentaria e personale senza il suo diretto intervento poteva sembrare un’eresia. La sfida era titanica: mancavano le voci, gli arrangiamenti erano abbozzati. Eppure, un team di discepoli devoti – guidato dal fratello e bassista storico Jim Smith, e dal chitarrista Kavus Torabi ha operato un miracolo, con la stessa benedizione di Tim, ottenuta poco prima della sua morte.
Dalla prima esplosione di Men in Bed, ogni dubbio viene spazzato via. Non siamo di fronte a una ricostruzione archeologica, ma a un organismo vivente e pulsante. Il brano d’apertura, con la sua solennità tracotante, riecheggia la maestosità di Home of Fadeless Splendour, gettando immediatamente un ponte tra il passato glorioso e il presente. L’album è un perfetto compendio di tutto ciò che ha reso unici i Cardiacs. The May è un uragano di energia punk-prog, con cambi di tempo fulminei e melodie che si insinuano nel cervello con forza dirompente. È anche uno dei rari, preziosissimi brani in cui possiamo sentire l’ultima voce registrata di Tim Smith, un dono inestimabile che carica il pezzo di un’emozione travolgente.
Il cd procede come un caleidoscopio di genio compositivo. La cifra stilistica di Smith con una capacità di fondere complessità aritmica e cantabilità spiazzante, è più viva che mai. Brani come Gen, Woodeneye e By Numbers sono lezioni di come si possano costruire melodie elegantissime su strutture strumentali arzigogolate e folli. L’euforia che trasuda da questa musica è contagiosa e autentica, una testimonianza della gioia pura che era il motore del suo creatore… poi ci sono i momenti di pura, incontrollata follia, Skating è un monumento al caos controllato che mescola surf-rock, cori alieni e psichedelia beatlesiana in un cubismo sonoro che solo i Cardiacs potevano concepire e in questi frangenti, la chitarra di Kavus Torabi brilla di luce propria, aggiungendo trame caleidoscopiche che espandono l’universo cardiaco senza tradirlo. Gli arrangiamenti di archi e ottoni curati da Craig Fortnam sono la ciliegina sulla torta. In pezzi come Ditzy Scene (già singolo nel 2007, qui arricchita in modo sublime) creano un tessuto cameristico e maestoso che ricorda le atmosfere de A Little Man and a House and the Whole World Window, donando profondità e pathos aggiuntivi.
La scelta di concludere l’album con Pet Fezant è significativa, il testo, scritto dalla compagna di Tim, Emily Jones, è una celebrazione della vita e un’accettazione serena. È un inno alla luce, un invito a guardare in alto senza temere il buio. La lunga, lenta coda strumentale che si dissolve in un fade-out è un commiato perfetto: non un addio straziante, ma un arrivederci pieno di gratitudine, che lascia l’ascoltatore stordito, commosso e, incredibilmente, pieno di gioia.LSD è molto più del disco che Tim Smith non ha potuto finire ma è il suo testamento musicale che, per un gioco del destino, abbiamo la fortuna di ascoltare, un’opera che onora il passato senza imbalsamarlo, dimostrando la potenza eterna di una visione artistica unica.
Massimo Cassibba




