Bloodywood + Halestorm Live @ Alcatraz
Alcatraz in delirio tra l’India agli USA e Milano, 11/11/2025
Articolo a cura di ALessandro Secco
BLOODYWOOD
I Bloodywood hanno aperto la serata con la forza di un uragano. Il loro metal contaminato di ritmi tribali e sonorità tradizionali ha acceso immediatamente il pubblico. “Gaddaar” è stata una dichiarazione di guerra sonora, con il dhol che rimbombava come un cuore pulsante dentro l’Alcatraz.
Il duo Jayant–Raoul ha alternato growl e rap in un flusso perfetto, accompagnato dai riff di Karan Katiyar, taglienti e melodici al tempo stesso.Durante “Aaj” e “Dana Dan” la folla si è trasformata in un mare in movimento: cori, pogo, salti e braccia alzate.La parte finale è stata una celebrazione collettiva. “Nu Delhi” e “Halla Bol” hanno unito ritmo e orgoglio culturale, mentre “Machi Bhasad” ha chiuso il set come un’esplosione catartica, con il pubblico in delirio e la band visibilmente commossa. Molti spettatori erano venuti appositamente per loro, e si è sentito: cori dedicati, magliette della band indossate con orgoglio, un calore che ha reso evidente quanto il gruppo sia ormai un fenomeno internazionale, non più una semplice curiosità virale.
SETLIST:
Gaddaar
Aaj
Dana Dan
Bekhauf
Nu Delhi
Halla BolMac
hi Bhasad
Jayant Bhadula – vocals/growl
Raoul Kerr – vocals/rap
Karan Katiyar – guitar/flute
Roshan Roy – bass Vishesh
Singh – drums
Sarthak Pahwa – percussions/dhol
HALESTORM
Il cambio palco è stato rapido ma denso di tensione. L’intero Alcatraz era immerso nel buio, un enorme telo bianco copriva la scena. Quando le prime note di “Fallen Star” hanno risuonato, sullo schermo si sono stagliate le ombre delle sagome della band, in controluce, tra luci e fumo.
Un’introduzione spettacolare, degna di una band che conosce perfettamente l’arte della teatralità. Quando il telo è caduto e gli Halestorm sono esplosi sul palco, la sala è impazzita.È difficile descrivere l’impatto di Lzzy Hale senza scadere nell’iperbole. La sua voce è un fenomeno naturale, un turbine di potenza, precisione e sensibilità che riesce a passare dall’urlo più feroce a un sussurro carico d’anima nel giro di un respiro. In ogni brano, Lzzy ha mostrato un controllo tecnico assoluto: estensione immensa, vibrato, armonici nitidi e voce graffiante. Ma la cosa più incredibile è stata l’intensità. Ogni parola sembrava vissuta, ogni verso aveva un peso emotivo reale.
Durante “Mz. Hyde” e “I Get Off”, il pubblico si è lasciato travolgere dal suo carisma magnetico. L’inizio di questi pezzi è stato un po’ agitato in quanto un gruppo di spettatori nelle prime file ha generato momenti di subbuglio, con spinte e piccoli tafferugli. La band, accorgendosene, ha interrotto per qualche istante l’esecuzione, e Lzzy, con la calma e l’autorità di una veterana, ha chiesto se fosse tutto ok per godersi lo show. Applausi unanimi, rispetto immediato, e da lì in poi — solo pura energia.
E che energia.
Lzzy non interpreta: domina la scena, si muove con la sicurezza di chi conosce il palco come un’estensione del proprio corpo. E tra una canzone e l’altra, cambia chitarra con una naturalezza che sfiora la ritualità — una diversa per quasi ogni canzone, ognuna scelta per restituire il tono perfetto.Il lavoro tecnico della band è stato altrettanto impeccabile. Arejay Hale, il fratello minore, ha incendiato la batteria con un assolo poderoso e teatrale, mentre Joe Hottinger e Josh Smith hanno dato solidità e coerenza a un suono che, all’Alcatraz, è risultato stupefacente: potente ma nitido, con ogni strumento perfettamente bilanciato.
Il concerto è proseguito come una progressione emotiva: “Everest”, “I Gave You Everything” e “Shiver” hanno alternato forza e malinconia, seguite da una “Darkness Always Wins” che ha letteralmente ipnotizzato il pubblico. Poi la voce di Lzzy si è fatta confessionale in “Familiar Taste of Poison”, mentre con “I Am the Fire” e “Love Bites (So Do I)” ha liberato tutta la potenza del rock più puro.Il finale è stato un trionfo: “Watch Out!”, “Freak Like Me”, “I Miss the Misery”, e poi un encore da brividi, chiuso da una commovente “Here’s To Us” cantata in coro dall’intero Alcatraz. In quel momento, non c’era più barriera tra palco e pubblico: solo un unico flusso di emozione.
L’Alcatraz ha accolto due mondi e ne è uscito travolto. I Bloodywood hanno conquistato con spontaneità, ritmo e identità; gli Halestorm hanno scolpito una lezione di classe e potenza. Ma sopra tutto, Lzzy Hale si è confermata per ciò che è: un mostro sacro del rock moderno, una delle più grandi frontwoman del nostro tempo. Voce titanica, tecnica cristallina, intensità autentica: Lzzy non è semplicemente una cantante, è la personificazione del rock — pura energia, puro cuore. Quando ha salutato il pubblico, con un sorriso e le mani al cielo, l’Alcatraz non voleva lasciarla andare. E forse, quella voce incredibile, nessuno se la lascerà dimenticare tanto presto.
Si ringrazia MC2 Live per aver organizzato questa indimenticabile serata!
SETLIST:
Fallen Star
Mz. Hyde
I Get Off
Everest
I Gave You Everything
Shiver
Darkness Always Wins
How You Will Remember Me?
I Am the Fire
Familiar Taste of Poison
Rain Your Blood on Me
Drum Solo
Love Bites (So Do I)
Watch Out!
Freak Like Me
I Miss the Misery
Encore:
Break In
Like a Woman CanI Li
ke It Heavy
Here’s To Us
HALESTORM – Lzzy Hale, la voce che domina tutto
LINEUP:
Lzzy Hale – vocals/guitar
Arejay Hale – drums Joe Ho
ttinger – guitar
Josh Smith – bass







