Bipolar Architect

Metaphysicize

Il mondo del metal, nella totalità delle sue espressioni, viaggia su territori che spesso vanno ad incrociare e fondersi con altri lidi;

d’altronde la musica più dura del mondo è sempre stata un po’ bastarda, dato che nasce proprio da una ibridazione di più generi fusi e compattati per dare vita a qualcosa di nuovo.Oggi questo concetto pare aver raggiunto delle vette “estetiche” piuttosto estreme tanto che molte band lavorano solo ed esclusivamente in interpolazione tra connessione di generi e questo non sarebbe assolutamente un male se il tutto non venisse sempre portato all’estremo, andando a snaturare completamente il senso di un genere: va bene che si possa ricorrere ad altro per cercare di avere qualcosa da dire ed esprimerlo al meglio, però a volte davvero si esagera, raggiungendo il risultato opposto.I Bipolar Architect si muovono nel mare magnum della contaminazione e la loro nuova fatica discografica, la prima di questo 2024 per Pelagic Records, ne è un ottimo esempio: Metaphysicize gioca la propria partita su svariati terreni, muovendosi agevolmente dal post-metal al black-gaze: in mezzo a tutto questo marasma musicale si insinuano stralci di djent e math-core, in grado di conferire alle composizioni ulteriore propulsione dinamica e, nel caso, anche la giusta staticità, elemento essenziale nei momenti più riflessivi e ipnotici.

Alcuni potrebbero scandalizzarsi nel sentir parlare di staticità, quando in realtà a conferire groove, dinamiche e ritmica alle composizioni, sono proprio le pause: quei momenti di silenzio che permettono poi a ciò che viene prima e dopo di poter spiccare, quei momenti di silenzio che permettono passaggi fluidi tra un riff ed un altro e da un’atmosfera all’altra e, perdonatemi, ma in questo i Bipolar Architect sanno davvero il fatto loro.Seconda release per questa band di origini turche ma di stanziamento in Germania, un gruppo composto da musicisti solidi e capaci di esprimere esattamente ciò che hanno nelle loro menti, dando vita a composizioni sempre molto fluide, capaci di trasmigrare tra i generi a loro più congeniali senza mai dare l’impressione di qualcosa di appiccicato a forza; certo ci sono delle piccole ingenuità, ma credo siano più dovute ad una sorta di voler lasciare ai brani una sorta di respiro, invece di un volersi incaponire nel cercare passaggi inutilmente cervellotici.

In Metaphysicize, infatti, troverete ritmiche complesse, riffing contorti e dinamiche altalenanti perfettamente in grado di confluire le une nelle altre, creando un amalgama interessante, dove sicuramente a prevalere è la porzione creata dal binomio post-metal/post-rock che molto deve ai God Is An Astronaut e ai Mono e alla parte black-gaze che fa eco a certe partiture care ai Deafheaven. Su queste partiture, accompagnate da un gusto melodico importante, si staglia una voce in screaming, cui si alternano dei momenti puliti, in grado di conferire al tutto una passionale nota dark e capace di commutatore il mood dei brani: le atmosfere non sono mai lugubri, intendiamoci, ma hanno quella nota introspettiva in grado di catturare molto bene il lato oscuro dell’uomo.

Il disco sembrerebbe vivere di svariate anime, sfaccettato esattamente come l’animo umano, in cui liquidi arpeggi carichi di riverberi e delay si tuffano in riff più robusti di chiara matrice post, i quali a loro volta vengono storti e smembrati dalle ritmiche tipiche delle composizioni djent e math-core, caricate poi in crescendo in grado di sfociare in territori più estremi, che vanno a lambire l’ambiente più propriamente black metal ma sempre imbastardito da una certa volatilità del riffing, il quale non sembra mai affondare propriamente nella feralità del black metal senso stretto, ma tenendosi in una sospensione atmosferica che riesce, paradossalmente, a donare ancora più tensione e malessere alle composizioni.Il lavoro delle chitarre, così come della sezione ritmica è davvero enorme e non vacilla mai, nemmeno nei momenti più compatti, dove si rischia di scadente nella banalità o di rifugiarsi in una specie di confort zone, sicuramente di effetto ma anche dalla capacità di scivolare via senza lasciare traccia, invece no, Metaphysicize è un album solido sotto tutti i punti di vista, questa volta anche dal punto di vista vocale: questo album, infatti, al contrario del primo, le voci sono molto più amalgamate nel sound globale della band, anzi in alcuni momenti, soprattutto quelli puliti, penso che la voce sia anche troppo amalgamata nel sound non riuscendo a dare la giusta enfasi a questo cambio di registro che si sarebbe apprezzato ancora di più con una leggera messa in evidenza delle suddette parti.

Sinceramente spero che il disco venga apprezzato perché ne vale davvero la pena, perché la qualità delle composizioni è veramente elevata e soprattutto il tutto è molto ben proposto, con brani non solo composti e strutturati in maniera ottima, ma sorretti da una produzione in grado di mettere ben in evidenza tutte le peculiarità che si possono ascoltare nella musica dei Bipolar Architect.

Daniele “Darklordfilthy” Valeri 

 

Metaphysicize
Disillusioned
Death of The Architect
Kaygı
Alienated
Immor(t)al
Dysphoria

Enes Akovali –bass
Burak Altıparmak – guitar
Sarp Keski – guitar and vocals
Ata Çetin – drums