Baschira
Zdasdat
Il disco di debutto di Baschira non racconta la vita del noto brigante un contadino, vissuto nel cantone di Budrio, agli inizi dell’800. Le sue vicende, raccontate dai cantastorie, sono diventate con il tempo la leggenda del brigante che si rivolta contro ingiustizia e oppressione.
Le canzoni sono ispirate alla vita quotidiana fatta purtroppo di proteste e soprusi “Zdasdat” che in bolognese significa “Svegliati” è appunto un invito a svegliarsi finalmente le proprie coscienze e non lasciarsi bruciare dalle proprie sofferenze e dai torti subiti dobbiamo alzare tutti la testa. Musicalmente “Zdasdat” è un viaggio che attraversa diversi generi tra i quali si annoverano il folk, gypsy jazz e cantautorato. Il disco si fa ascoltare piacevolmente essendo vario e originale nella sua proposta musicale, il tutto in un’atmosfera intima ed è questa la principale peculiarità del disco che anche dal vivo si presta ad una scenografia teatrale.Pur non essendo particolarmente veemente nella scrittura dei pezzi (soprattutto per chi come me è abituato a ben maggiori esperienze fatte di heavy metal ed affini), la particolare intimità con la quale è stato scritto il disco riesce a farsi o catturare ed apprezzare. Bashira fa parte di quella scena cantautorale,di cui la maggior parte dei suoi colleghi non ritiene importante avere una tecnica impressionante nel canto soprattutto c’è un urgenza di raccontare a mò di cantastorie le proprie canzoni ed anche tutto la concettualità che gira attorno ad esse. Infatti più di una volta ascoltando mi è venuta in mente quest’immagine che trovo suggestiva ed immaginifica. Tra i brani quelli che mi hanno colpito più di tutti sono “Brucia” correlato di un altrettanto suggestivo video tutto da vedere, e “Ci vediamo la” per la sua atmosfera gipsy di cui è circondato.Non solo Bashira ma anche artisti internazionali si no cimentati con successo nel gipsy folk , infatti David Gilmour nei suoi dischi solisti lo ha sperimentato diverse volte anche se sempre marginalmente , infatti in alcune sue canzoni come “Smile” ritroviamo queste influenze diciamo cosi. In chiusura del disco il cantautore bolognese ha voluto regalarci una canzone in dialetto bolognese intitolata “Liberi” ed è fuor di dubbio che il dialetto da qualsiasi regione provenga da alle canzoni una lettura diversa e se vogliamo particolare e suggestiva. Poi nel finale di Liberi è stato realizzato un arrangiamento elettronico che fa di questo brano uno dei momenti migliori del disco,anche se ovviamente tutte e otto le canzoni si attestano su di un livello qualitativo notevole. Merito anche di una produzione mirata a dare il giusto taglio moderno per realizzare un suono avvolgente senza snaturalizzare troppo le canzoni.
Un buon disco di debutto che ci mostra un cantautore diverso dal solito e di cui sentiremo parlare negli anni a venire.
Stefano Bonelli
Radici Records
www.baschira.com
A Capo
Il Biondo
I limiti
Ci vediamo là
Solinsieme
Brucia
Ruotaordinario
Liberi.
Davide Cristiani – vocals
Mauro Rolfini – clarinet, Bass Clarinet , alto saxophone
Anton Jakimenko – clarinet
Tilo Baumheier – flute
Francesco Salmaso – tenor saxophone
Gerryt – euphonium
Giusy Tricoli – additional vocals
Matteo Battaglia – el. guitar
Carlo d’Alessandro – el. guitar
Reda Gherici – el. bass
Henrik Holm – bass
Bartho Staalman – drums
Floris Van Elderen – drums
Riccardo Migliorini – synthesizers