Aurora
What happened to the Heart
La norvegese Aurora fa parte di quelle cantanti dalla voce soffice ed eterea che hanno customizzato un genere a se stante pur con variabili pop; rock; celtiche; country; folk e tribali che ne caratterizzano diversamente l’espressività a seconda di chi lo propone. In questo tipo di panorama si parte dalla più commerciale Dido a cantanti più introspettive come la statunitense Tori Amos, la svedese Adna e la danese Agnes Obel. Ma a differenza loro Aurora si pone più a lato, un po’ fuori dalle righe, facendo l’eclettica e fornendo spunti eccentrici, e anche la sua capacità tecnica appare tra le migliori in questo campo. Giunta al quinto album, questi possiamo definirlo generalmente Art-Pop, un sound pseudo-avanguardistico alla Bjork che ormai sperimentale non lo è più, anche se apparentemente lo sembra; le partiture sono quelle ormai utilizzate da decenni, ma ancora vivono di vita propria, manifestandosi come fuori dagli schemi, in realtà non apportando più nulla a ciò che si è generato tempo fa, pur tuttavia è sicuramente una musicalità di alto profilo, molto personale, con una sua certa specificità che la massa segue relativamente. Uno dei punti tematici dei testi riguarda l’essere empatico ed esso si pone la domanda su cosa si abbia perso nel mondo in tal senso; una introspezione che la musica sa emanare adeguatamente.
‘ECHO OF MY SHADOW’ è un’aria tipica del genere di cui parliamo, basata più sulla voce che sugli strumenti, con grande atmosfera algida e soffusa, che calma l’animo e diventa soave. Goticità figlie di Kate Bush mischiate ad anfratti pop si trovano più volte come nella dinamica ‘TO BE ALRIGHT’, è figlia di Kate Bush anche ‘WHEN THE DARK DRESSES LIGHTSLY’ che si alza nell’urlo liberatorio del finale, poi miss Bush la ritroviamo nel ritmo morbido ed evanescente di ‘EARTLY DELIGHTS’, ma qui non nella densità canora che è una cantilena ipnotica avvolgente e cullante di altro tipo, con una bellezza femminea che l’ugola evoca in senso magico e rituale. Queste vicinanze a Bush non sono mai un ricalcarla, quanto ispirazioni ben definite nell’alveo interiore di Aurora che le ha elaborate modificandone il gene. Quasi infantile l’enfatica ‘YOUR BLOOD’ che nella sua finta spensieratezza ballabile si adorna di ficcante narrazione, tra pause e riprese fatte di accentazioni intransigenti, tra cui un passaggio che consiste di un drumming insistente e nervoso poco rassicurante. Più ballabile ancora è ‘SOME TYPE OF SKIN’ che un po’ sembra provenire dalle Tatu russe, rendendosi brano giovanile ma arguto, urlando la propria urgenza umorale.
‘THE BLADE’ sterza verso un afflato rockeggiante e si accosta ad un sentimento meno aulico, più simile alle insofferenze electro-punk. Bellissimo l’angelico melodioso respiro di ‘DREAMS’, interpretato con abile soffio vocale. Troviamo anche accenti alla Cranberries dentro ‘Starvation’, insieme ad una modernità quasi hip-hop e techno, senza che si perda alcun senso straniante di cui Aurora è maestra. Pezzi più esuberatamente pop-disco sono ‘Do You fell?’ e ‘My Body is not mine’, quest’ultima poco originale nella linea melodica stile Madonna, sebbene trattata al suo solito modo rarefatto.Tappeti di sinth o chitarre acustiche veleggiano verso lidi di ondosità tenere e carezzevoli, mai usati banalmente. Linee melodiche e inserti vocali sempre chiari nella loro forma canzone, accattivanti eppure sommamente valoriali. La musica, quando è meno calma, inserisce invece arrangiamenti particolarmente interessanti, che non cercano virtuosismo ma gamme di suoni e ritmiche ossessive. La sua voce sottile e sussurrata si fa piena e tonica quando alza il tono del cantato, e appare potente in tutta la sua ampiezza. Certamente il sinth è qui uno strumento molto usato, ma non sta sempre da solo.
In questo lavoro, come nei precedenti, si utilizza una contrapposizione dolce-forte che passa dall’onirico al corporeo in una continuità del tutto logica. Full-lenght lungo ma non dispersivo, con momenti del tutto autonomi e ben riconoscibili. C’è inoltre un senso progressive con sensazioni che si allacciano alla natura e all’attitudine tribale che in qualche modo ricordano anche, forzando l’accostamento, l’ispirazione concettuale di un gruppo come gli Yes. Per quanto non prettamente mainstream, siamo davanti ad una essenza pop elaborata in modo tale da uscire dallo schema che tale genere incarna per assimilare di tutto, e in una visione solo parzialmete cantautorale viene prodotta una freschezza multi sfaccettata che però è riconoscibile come stile di Aurora.
La falsa timidezza di questa artista si rivela al contrario una forte tempra, decisa a non nascondere le proprie velleità caratteriali, sia musicalmente che nella ricerca di un senso letterario. Aurora non è solo una musicista, ma un personaggio vero e proprio, attrattivo nella sua unicità, se non del tutto musicale, almeno personalistica; in grado di sottolineare le emozioni e rinverdire una musica che non ha mai perso fascino.
Roberto Sky Latini