Arch Enemy
Deceivers
Ascoltando il disco che sto per recensire, mi vengono in mente le parole di una famosa canzone italiana: nessuno mi può giudicare, perché sinceramente in questo caso, mai parole possono calzare meglio.
Questo discorso, ovviamente, potrebbe valere per tante e tante band, ma se dico Arch Enemy, il senso di ciò che ho appena detto prende tutta un’altra piega, perché diciamocelo chiaramente: Michael Amott ha sempre fatto tutto ciò che gli pareva fregandosene totalmente del giudizio altrui, ma questo non significa che non abbia occhi e orecchie per sentire o intendere e applicare ciò che capta alle sue composizioni. Sicuramente parliamo di una vecchia volpe, uno che sa esattamente come funziona il music business e sa perfettamente dove e come andare a colpire; a testimonianza di questo, infatti, ci sono i successi sempre maggiori che la sua band ottiene in ambito internazionale, oltre a riconoscimenti su riconoscimenti da parte della critica specializzata e non solo.Devo ammettere che ho smesso di seguire gli Arch Enemy da un bel po’ di anni, praticamente da dopo il primo disco con Angela Gossow, disco che risponde al nome di Wages Of Sin e che a mio modesto parere, risponde ancora a certi canoni tipici del melodic death, scena in cui gli Arch Enemy si collocano.
Questo non vuol dire che da Wages Of Sin in poi abbiano fatto dischi brutti, anzi, ad onor del vero devo riconoscere ad Amott e soci, soprattutto a Sharlee D’Angelo, altra mente dietro molte composizioni, una grande vena pop, che in questo caso non è da vedersi come il male, semplicemente a me hanno smesso di interessare, dato che ho cominciato a trovarli estremamente commerciali, con delle concessioni troppo eccessive verso melodie troppo easy listening, melodie che hanno messo in luce, qualora ce ne fosse bisogno, di tutto l’amore di Michael Amott per il class metal e certo hard ‘n’ heavy. Sicuramente in questo non c’è nulla di male se non fosse, sempre a parere di chi scrive, che in molti momenti tali apporti melodici divengono stucchevoli.
Però il mio parere personale conta fino ad un certo punto, pertanto è giusto riconoscere agli Svedesi grandi capacità compositive, grandi capacità di saper scrivere riff capaci di essere particolarmente ficcanti e commerciabili, produzioni sempre all’altezza della musica proposta, capaci di mettere in evidenza la forza delle chitarre così come della sezione ritmica e delle voci che si sono alternate dietro il microfono: soprattutto queste ultime dovrebbero fare capire come il mastermind Amott, sia particolarmente attento ai flussi del mercato discografico, scegliendo di mettere due donne ad occuparsi delle parti vocali. Al contrario di ciò che i miei gusti suggeriscono, quindi, il tempo ha dato ragione a lui e la sua creatura è cresciuta vertiginosamente andando ad occupare sempre più posti di maggior rilievo nei festival, facendo tournée mondiali sempre più lunghe e con produzioni sempre più importanti. La linea melodica ha dato i suoi frutti,a questo lo si sapeva già, visto il salto che è riuscito a far fare ai Carcass con il plurilodato Heartwork.
Sono quasi trenta anni che gli Arch Enemy sono sulle scene e oggi siamo ancora qui a parlare di loro, in particolar modo della loro ultima release in studio, il loro undicesimo studio-album: Deceivers, un disco che mette tutto ciò che Amott ha saputo incamerare nella sua esperienza di musicista, un disco che personalmente ritengo abbastanza mediocre ma che è oggettivamente un disco ben costruito, con un riffing davvero efficace e d’impatto, costruito apposta per non fare prigionieri durante i live e per dare risalto alle capacità vocali di Alissa White-Gluz, davvero sugli scudi in questo album: poche le parti pulite, privilegiando il growling che si associa molto bene al groove e alla potenza dei brani che compongono Deceivers.Il disco è davvero molto tirato e gode di una giusta alternanza di potenza death/thrash con momenti decisamente melodici che prendono a piene mani dal classic metal e dal symphonic metal di gruppi come Nightwish o Epica o addirittura Kamelot; un disco che sicuramente non annoia e riuscendo a garantire continue scosse adrenaliniche sottolineate da questo studiato e perfettamente incastrato saliscendi di potenza, melodia e groove.
Il senso di questo undicesimo disco è quello di dimostrare di non aver più nulla da dimostrare se non a se stessi, al proprio divertimento nel fare ciò che più gli piace e ovviamente al proprio portafogli ma anche per offrire il giusto spazio ad un fuoriclasse come Jeff Loomis, fino ad ora decisamente sprecato dentro questa band, limitato ai compitini da eseguire a memoria, mentre, nonostante continui a non apparire nei credits del disco, si sente che questo disco è stato pensato anche per permettergli ampi spazi in sede live, un disco quasi troppo perfetto per il suo stile e per le sue caratteristiche chitarristiche. Continuo a pensare che vedere Loomis con gli Arch Enemy sia come osservare un leone in gabbia; Loomis è riuscito a creare uno stile straordinario con i Nevermore e anche nei suoi dischi da solista, mentre qui mi fa lo stesso effetto di Kiko Loureiro nei Megadeth, anche se la differenza tra il riffing del rosso Mustaine e il riffing del sempre rosso Amott, è piuttosto abissale: fatto sta che Loomis ha scelto di entrare negli Arch Enemy e se la cosa a lui sta bene, io non sono nessuno per potermi permettere di giudicare.
Come ho detto poco sopra per me Deceivers è un disco, così come molti suoi predecessori, non all’altezza del nome Arch Enemy, tanto che ho smesso di seguire questo lato di Amott, prediligendo quello più stoner/retro-rock degli Spiritual Beggars, altra creatura in cui riesce a mettere in campo riff ed elaborazioni compositive decisamente più interessanti e, nonostante si stia parlando di un genere in cui è stato detto quasi tutto, fresche in cui il riffing risulta ispirato e non solo dettato da “necessità contrattuali”.Il mio giudizio sul disco non cambia, resta però che di per se Deceivers è valido, prodotto alla grande, pieno di grandi hit in sede live, costruito e strutturato alla grande e perfettamente confezionato, certo resta un disco adatto a tutti gli amanti del metal estremamente moderno ed easy listening ma è un disco cui non si può riconoscere l’oggettivo valore per la band stessa, la quale offre una prova di forza spettacolare, sicuramente dettata dal fatto di non dover dimostrare nulla a nessuno.
Un disco apparentemente estremo che nasconde, in realtà, al suo interno un grande moto pop il quale riesce a donare quella nota di spensieratezza al tutto a cui contribuisce anche la produzione, rileccata sì ma non pacchiana.
Daniele “Darklordfilthy” Valeri
Century Media
www.archenemy.net/en
Handshake With Hell
Deceiver, Deceiver
In The Eye Of The Storm
The Watcher
Poisoned Arrow
Sunset Over The Empire
House Of Mirrors
Spreading Black Wings
Mourning Star
One Last Time
Exiled From Earth
Alissa White-Gluz – vocals
Michael Amott – rhythm guitar, lead guitar,
Jeff Loomis – lead guitar
Sharlee D’Angelo – bass guitar
Daniel Erlandsson – drums, keyboards, sound effects, co-production, engineering (guitars, bass)
Additional musician:
Raphael Liebermann – cello (on “Poisoned Arrow”)