Anvil

Forged in Fire

Gli Anvil sono stati abbastanza sottovalutati nella considerazione del popolo metallico, sia da parte del pubblico che da parte della critica, anche se viene loro riconosciuto un apporto importante nella storia del rock duro. Ciò è dovuto probabilmente al fatto che dopo il 1983 il livello artistico non è più cresciuto, oscillando tra dischi buoni e mediocri ma non più attestandosi nel podio dell’eccellenza.

Ma l’eccellenza l’hanno concepita proprio nell’83, con l’album ‘Forged in Fire’, una bomba potente che è l’apice di un certo modo di fare Speed. Esso è il miglior disco del genere Speed insieme ad ‘Ace of spades’ dei Motorhead e ai primi due album dei Raven, ma è anche uno dei più importanti album del metal in assoluto. La forza impressa è un roboante e pesante maglio d’acciaio che batte sull’incudine esprimendo una atmosferica epicità. I due primi lavori, datati rispettivamente 1981 e 1982, il primo più hard, il secondo già moderno, sono pieni di energia e hanno una fortissima personalità stilistica; quando viene pubblicato questo terzo siamo alla data del 13 aprile e non sono ancora usciti né l’album dei Metallica, né quello degli Slayer, e il fuoco di fila che viene sparato è uno dei rigurgiti più duri e violenti del metal internazionale fino a quel momento. Né Saxon,Judas Priest , si erano spinti fino a tanto. Solo i Venom e i Motorhead avevano tentato la stessa violenza, ma in modo più semplicistico. Il disco degli Anvil si presenta di estrema durezza , ma con una furia elaborata.I pezzi dal carattere furente od oppressivo sono sei e sono tutti magnifici, davvero perle della musica metal. Si inizia con ‘FORGED IN FIRE’, aspra nel cantato, che utilizza una cadenza doom e una oscurità sulfurea, con una atmosfera evocativa pesante, in grado di esprimersi senza compromessi che possano risultare rassicuranti. ‘SHADOW ZONE’ è uno speed insolente, tirato e teatrale, con una chitarra americana solista alla Ted Nugent  suonata in modo molto elettrico. Altro bel masso è individuabile in ‘FUTURE WARS’ che possiede sì una struttura Maideniana, ma elevandone il tasso di gravosità nell’arrangiamento; è una song incalzante, semplice ma funzionalmente oppressiva. La sfuriata scatenata e più dark si ha con la fibrillante doppia cassa di ‘MOTORMOUNT’, uno dei pezzi più virulenti del metal pre-thrash e il più feroce in questo disco; esso è uno speed intransigente, infuocato e ribelle, una creatura di quasi quattro minuti pensata come macchina da guerra.

L’epica ‘FREE AS THE WIND’ è il capolavoro; è un altro speed, un pezzo che in qualche modo sembra poter essere una influenza per Metallica, e avere punti in comune coi Mercyful Fate già esorditi l’anno prima. L’assolo è suggestivo così come il ritornello, e tutti  i passaggi vivono con fluidità e sicurezza. L’altro enorme capolavoro è ‘WINGED ASSASSINS’ che ricorda i prossimi Metal Church, brano perfetto per essere trasformato nell’imminente Thrash; atmosfera dark e cavalcata robusta con una smania epica che non manca di drammaticità.  I brani minori sono collegabili con lo spirito meno schiacciasassi del combo, potendo metterli in relazione con il metallo a cavallo delle due decadi; si tratta del metal come veniva inteso a continuazione della modalità di fine anni settanta, in una mentalità orecchiabile e meno compressa. ‘Never deceive Me’ è un buon brano ma non si pone nella stessa scia estetica e formale dell’album, facendosi rockeggiante alla maniera tipica degli USA. Del tutto metal ‘Butter-Bust Jerky’ che sembra far riferimento ai Motorhead, ai Judas e agli iron Maiden contemporaneamente, rimanendo attaccata ad una forma già superata anche se cerca, con una certa sensibilità, di mantenere un’aria che non sia nostalgica. Ancora metal con ‘Hard Times-Fast Ladies’, ma stavolta alla Saxon per riff, e con una linea melodica però molto anviliana, ed episodio azzeccato, ottimo e  lontano dall’essere filler. ‘Make it up to You’ è davvero americaneggiante, una specie di avvicinamento alla leggerezza dei Riot, l’unica traccia esplicitamente aperta alla luce. Brani di alto livello artistico e dannatamente originali, accanto quindi a quattro canzoni sempre buone, ma meno qualitative, eppure reggendo in originalità, perché gli Anvil hanno una loro specifica essenza, molto spinta, che pur facendo trapelare le loro influenze, sanno essere innovative per carattere ed ideazione, facendosi specificatamente se stessi.

I suoni riffici sono puro metallo, interpretano al meglio le verve heavy del tempo, mostrandosi in un arrangiamento attualissimo per quel periodo,  e futurista. La sezione ritmica è spettacolare, piena, efficace al 100% e virtuosa. Il rifframa è ricco, strutturalmente ineccepibile. La sei-corde solista si presenta sempre con la capacità di far godere, anche nei pezzi minori è valoriale. La vocalità non assomiglia a nessun altro nel mondo del metal, ma anche le canzoni sono di stampo totalmente “Anvil”. Si tratta di un album maturo, ma che scorre con freschezza. Il Thrash lo farà sentire sorpassato, ma è un disco che porta direttamente al Thrash, anche se la band aveva già iniziato a traghettare l’heavy verso il nuovo lido con il disco precedente grazie ad alcuni brani di ‘Metal on Metal’ (soprattutto ‘Mothra’ e ‘666’). La band non riuscirà più a toccare questo apice, ma la carriera durerà a lungo con stretta fedeltà all’essenza metallica. Questo è un full-lenght da porre  nella propria discografia da metallaro, un tassello necessario alla storia della nostra musica che ne racconta con qualità l’evoluzione. Non è un album minore, né un album di seconda fascia. E’ essenziale come mattone stilistico, ma anche come bellezza artistica. Sono passati quarant’anni e val bene celebrarli con passione riascoltando queste dieci song come si deve.

Roberto Sky Latini

Side A
Forged in Fire
Shadow Zone
Free as the Wind
Never Deceive Me
Butter-Bust Jerky

Side B
Future Wars
Hard Times – Fast Ladies
Make It Up to You
Motormount
Winged Assassins

Steve “Lips” Kudlow – vocals / guitar
Dave Allison – guitar / vocals in track 4
Ian Dickson – bass
Robb Reiner – drums